Con un linguaggio incantato Jocelyne Saucier abbandona i propri lettori nelle foreste dell’Ontario, regione del Canada che a inizio del ‘900 venne massacrata dalla potenza delle fiamme dei Grandi Incendi. Piovevano uccelli è un romanzo scritto con l’inchiostro del silenzio, della calma serafica del bosco, della nostalgia che scivola fino a diventare malinconia di esistere; questo racconto è la storia di un gruppo di anziani che decidono di attendere la fine a modo loro, in quei boschi atavici e infiniti.
Una fotografa è a caccia di superstiti di quelle apocalissi di fuoco, spinta da una passione autentica e viscerale e per l’amore del passato, per le cose dimenticate. Conosciamo così Charlie, in fuga dalle prigioni ospedaliere, Tom reduce di una vita dissoluta fatta di alcool e scelleratezza e il tenebroso Boychuck. Piovevano Uccelli ha una struttura raffinata, lo storytelling di Saucier è l’insieme di numerosi fotogrammi di un film ormai scomparso dalla memoria dell’uomo; è un romanzo fatto di ritratti che riempiono e creano altri vuoti, la delicatezza dell’autrice si inserisce negli interstizi di questa storia, nel vuoto nascono nuovi amori.
Jocelyne Saucier confeziona una storia di magica polifonia dove le voci, i ricordi, i sentimenti e i drammi delle persone prendono vita in un panorama selvaggio, eremitico e sperduto. Nella solitudine dei boschi si percepisce il canto di una nuova libertà, riecheggia tra le foglie, si spande in ogni direzione come la sinfonia delle radici che scavano la terra o i cori degli uccelli in cielo. Noi possiamo ascoltare, e decidere che cosa fare dei nostri giorni.
Cristiano Saccoccia
#
Parleremo di grandi scomparsi, di un patto di morte che dà sapore alla vita, del potente richiamo della foresta e dell’amore, capace a sua volta di dare valore alla vita. La storia è poco verosimile, ma dal momento che ci sono stati dei testimoni non possiamo rifiutare di crederci. Ci priveremmo di quegli altrove improbabili che danno asilo a degli esseri unici. La storia è quella di tre vecchi che hanno scelto di scomparire nella foresta. Tre esseri innamorati della libertà. «La libertà è scegliere la propria vita.» «E la propria morte.» Questo è ciò che Tom e Charlie diranno alla visitatrice. Loro due messi insieme fanno quasi due secoli. Ottantasei anni Tom, tre di più Charlie, e pensano di potercela fare ancora per diversi anni. Il terzo ha smesso di parlare. È morto da poco. Morto e sepolto, dirà Charlie alla visitatrice, che si rifiuterà di credergli, troppo lungo era stato il percorso per arrivare a quel Boychuck, Ted o Ed o Edward. Le varianti del nome di quell’uomo e la stranezza del suo destino pervaderanno tutto il racconto. La visitatrice è una fotografa, e ancora non ha un nome. E l’amore? Be’, per l’amore bisognerà aspettare.