“To diggers a thousand years from now, the works of John D. MacDonald would be a treasure on the order of the tomb of Tutankhamen.”
Kurt Vonnegut
“È una vita noiosa qui, Jerry. E diventa sempre più noiosa invece che migliorare.”
Quando qualcuno progetta un piano per derubare di una parte consistente del suo denaro uno squalo senza scrupoli che pensa di eliminare una tigre ancora più grande, che governa un paese in modo autoritario e termina la conversazione guardandoti negli occhi dicendo : “Ci dividiamo il bottino ed ognuno se ne va per la propria strada. Nessuno si fa male”, allora sai che è il momento in cui dovresti toglierti di torno e scappare il più lontano possibile da casa tua, dove il tuo amico ti sta guardando negli occhi e attorno al tavolo da colazione della tua cucina ti ha fatto questa assurda proposta sorseggiando un drink ed ammiccando alla tua donna.
Ma tutto questo non è avvenuto e Jerry Jamison, il protagonista del romanzo “Facile Preda” (Soft Touch in originale), scritto da John D. MacDonald (edito da Mattioli 1885 con la traduzione di Nicola Manuppelli), ha fatto quello che doveva fare, ha accettato la proposta del suo vecchio compagno dell’esercito Vince ed ha deciso di cadere.
Il romanzo è narrato in prima persona e la voce corre rapida e tagliente.
Quando ti fermi un attimo e prendi una pausa dalla lettura, vedi l’uomo, quello vero, quello che ti abita di fronte casa, quello che ti ha sfiorato il braccio sul marciapiede, quello anonimo che era con te in banca, quello allo specchio che potresti essere anche tu, che potrebbe stare sull’orlo del baratro o che potrebbe decidere di spingertici dentro.
“Facile preda” è un romanzo sulla vita di alcuni perdenti alienati, insoddisfatti in una periferia apparentemente luminosa e pulita, professionisti attratti dal denaro, dal peccato e dall’alcool. Una vita di persone così moralmente traballanti, così vicine alla propria rovina, così inevitabilmente infelici.
“Prima di scardinare le serrature ero un certo tipo di uomo. Dopo aver guardato quei soldi, ero diventato qualcun altro. E sapevo in qualche modo folle che non sarei mai potuto tornare a essere la stessa persona che aveva fatto leva con il cric sulle serrature, per quanto avessi potuto sforzarmi”.
“Facile Preda” è una corsa brutale con un finale che Jim Thompson avrebbe invidiato.
Pur nella velocità della narrazione, John D. Macdonald apre con maestria degli squarci nel nostro intimo, e lo fa descrivendo alcuni momenti che si sono fissati nella mente del protagonista, alcuni attimi colti nella loro perfezione e drammaticità.
Come un giorno trovai scritto, appena volteremo l’ultima pagina, saremo felici della solitudine attorno a noi, felici di non vedere il viso degli uomini, felici di non udire le loro parole. Aver letto fino in fondo, nell’abisso e nella polvere. Questo avrà dato un senso, questo è un libro che porterò con me, “per oltrepassare la soglia e rimanere là. Per sempre“*.
Edoardo M. Rizzoli
*Stephen King, Danse macabre
John D. MacDonald
Facile Preda
Mattioli 1885
Trad. Nicola Manuppelli