Col romanzo Respira (edito da La nave di Teseo) Joyce Carol Oates ci conduce nell’elaborazione del lutto, quello improvviso del marito (un’intellettuale di successo), ci trascina dentro questa mancanza che è al contempo puro orrore e martirio in cui la superstite non riesce a riconoscerne alcun aggancio reale, episodio dopo episodio, Michaela non può davvero convincersi che il marito sia morto per cancro in stato avanzato e per il quale si era sottoposta inutilmente ad un trapianto di midollo spinale per tentare di salvarlo, non ce la fa, quella dipartita inaspettata ed improvvisa ha originato in lei una doppia personalità per cui se da un lato è distrutta dal l’evento morte dall’altro rivede il marito per strada, su un campanile, su un percorso trekking nel New Messico sulle tracce delle civiltà indiane autoctone, non solo ma dialoga con lui, lo sente respirare nella notte, lo segue lungo i sentieri tra i canyon, lo riconosce nei sogni e da sveglia dove elabora dialoghi mai intercorsi, eventi mai accaduti. Navighiamo in piena distonia, ad un certo punto non si distingue cosa sia reale, cosa immaginario, cosa sognato, cosa presente e cosa futuribile, esplorando quasi il genere Horror se messo in relazione alle statuette indiane che si ritrova inspiegabilmente ad intralcio o fuori posto tra il mobilio della casa in affitto. Michaela proprio non ce la fa a convincersi che Gerald sia davvero morto, anche se detiene in casa le sue ceneri, il certificato di morte, lo sente che aleggia attorno a lei, che segue ogni sua mossa, che la giudica, che la vorrebbe con sé dove dimora. Michaela crede a questa verità come fosse una fede inossidabile e severa che solo lei intravvede: Gerald non è morto, Gerald è qui, respira accanto a lei.
Dolorosa commovente narrazione che affronta la più cupa esperienza emotiva, quella della perdita di un caro, la Oates ne eviscera il senso profondo col quale il superstite rielabora un mondo parallelo tanto quella morte si incunea come mormorazione del defunto, come una rescissione senza requie e totale che percorre le nervature del superstite, il suo corpo, la sua mente, come quella menomazione abbia strappato dentro lo stesso anelito di vivere, di sentirsi viva. Di fatto una discesa dentro l’inferno irredimibile..
Bellissimo, stupefacente, con una perizia narrativa essenziale e sempre centrata, vibrante di suspance, concitato, tremendo, tra analessi, anacoluti, antonomasie, metonimie, iperboli, stream of consciusness, una narrazione che si snoda senza fiato. La Oates veramente rappresenta una delle vette più alte della letteratura americana contemporanea, un vero talento che in questo libro giunge al l’apice.
“i suoi occhi sono aperti, e si muovono – cauti. C’è in essi uno scintillio di perspicacia. C’è il vecchio scintillio del l’ironia, dell’autocoscienza. No. È lo scintillio di paura, terrore. Lui non ha idea dove si trovi, cosa stia vedendo.”