Kashimada Maki, nota scrittrice giapponese (nel 2007 premio Noma con Picardia Terza e nel 2012 premio Akutagawa con Viaggio nella terra dei morti, Edizioni E/O) è di nuovo in libreria dal 6 settembre, col romanzo Amore a seimila gradi (Edizioni E/O, pp. 144, € 15,50, traduzione dal giapponese di Anna Specchio), con il quale ha vinto il premio Mishima nel 2005.
La scelta del titolo richiama la temperatura di oltre seimila gradi Celsius raggiunta sul suolo in meno di un secondo dall’esplosione della bomba su Hiroshima dove pare siano morte sul colpo da 80.000 a 140.000 persone (a Nagasaki furono circa 74.000).
Una casalinga sorveglia una pentola in ebollizione quando, improvvisamente, scatta un’allarme di evacuazione. Sconvolta dalle visioni di “una nuvola a forma di fungo”, abbandona il marito e il figlio e fugge a Nagasaki, in un albergo dove inizia una relazione con un uomo più giovane.
Ispirata alla sceneggiatura di Hiroshima Mon Amour di Marguerite Duras, la trama di Kashimada immagina le conseguenze dell’esplosione nucleare nella prospettiva di una storia d’amore.
L’evento diventa un’ossessione in cui si intrecciano gli aspetti nazionali e personali, esprimendo la difficoltà di elaborare il trauma storico che invade l’intimità delle relazioni: “Il suo sguardo rivela che sta per morire di piacere e al contempo di dolore. La donna vede Nagasaki nel suo corpo. Profondo caos e disordine. Hai capito bene, mentre lo facevamo pensavo a questo posto”.
La donna esplora il senso della rovina: “In quelle distese distrutte dal calore le persone avevano tutte lo stesso volto. O, per meglio dire, non avevano un volto. L’avevano perso per il dolore”.
Nemmeno il pianto ha una funzione catartica rispetto alla sofferenza dell’olocausto nucleare: “Le lacrime sono un insulto. Non si può esprimere una tragedia di seimila gradi con le lacrime. Ma la donna piange”.
Alla narrazione intima in prima persona segue quella in terza persona quando la protagonista si relaziona con altri. Allora la descrizione si fonde col dialogo: “Lei lo costringe a parlare di lui. Quanti anni hai? Dove vivi? Come ti chiami? Ha capito che il giovane fatica ad aprirsi e prova un certo godimento nel vedere la sua immotivata sofferenza. Voglio sapere tutto il possibile di te.”
La casalinga trova la forza di aprirsi all’amante raccontando la sua famiglia e i difficili rapporti con la madre e il fratello scomparso. Una famiglia fino allora “impossibile da descrivere” è finalmente raccontata anche se in modo goffo e infedele: “La slealtà alla fedeltà è una prova di sanità mentale”.
A Nagasaki, il lettore segue la protagonista nel viaggio dalla contemplazione della Morte alla riscoperta della Vita, con l’aiuto dell’amore.
Questo libro imperdibile ci guida attraverso la storia d’amore, aiutandoci a riconoscere e superare il Male terribile, mai troppo condannato, di quando la Cultura conobbe il peccato.
Carlo Tortarolo
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Da piccola sognavo di diventare una scrittrice. Ora è diverso. Sono una casalinga. Adesso so rendermi conto di quello per cui non sono portata. Ho la certezza che esaurirei tutte le idee col primo lavoro. Metterei nero su bianco la storia di una donna con un passato e un presente identici ai miei.
Diventerebbe un romanzo-confessione? L’etichetta non ha importanza. Nelle librerie venderebbero un romanzo con protagonista una donna che mi somiglia molto. Qualcuno lo comprerebbe. E se quel qualcuno dovesse additarmi e dire: «Guardate, quella donna ha scritto un romanzo su di sé!», io non potrei far altro che restare in silenzio. Senza confermare né smentire le sue parole.
La donna che mi somiglia molto, che potrei essere io stessa, abita in un caseggiato popolare di periferia. In un piccolo appartamento che divide col marito, un uomo onesto e in salute, e col figlio, un bambino a cui il futuro non ha ancora promesso nulla ma che potrà rivelarsi un grande talento. Il marito dirige una legatoria. Una volta al mese vanno tutti e tre a mangiare al ristorante, è un appuntamento fisso. Una volta all’anno si concedono un viaggio all’estero. È pur vero che al lusso non c’è limite, ma la donna conduce una vita senza ristrettezze. Le garze con cui si fasciano le ferite hanno sempre una macchia di sangue. Anche il corpo della donna è bendato e chiazzato di rosso. Non è niente di speciale. Non c’è nulla di clamoroso nella mia macchia di sangue, nella mia solitudine, nella mia famiglia e nei tanti danni che mi hanno provocato gli uomini con cui sono stata. Ecco perché la protagonista del mio romanzo avrebbe i miei stessi dolori.
Giunge il momento in cui la donna entra in azione: è l’attimo in cui ha inizio il racconto. È un giorno come un altro.
Perché proprio quel giorno? Non c’è una vera ragione. Neanche chi tenta il suicidio ha sempre una valida motivazione per prediligere una certa data. Per puro caso, un giorno accade un piccolo evento che fa scattare qualcosa. Tutto qui. Una donna sta preparando la cena col figlio. Non hanno pretese per il menu, l’importante è che sia un pasto frugale. Nel tardo pomeriggio, il caseggiato popolare è pervaso da suoni che si sovrappongono. Le voci di casalinghe che chiacchierano. La tromba di un carretto di tofu. Il timer della cucina. Le melodie del programma per bambini in onda a quell’ora. Rumori che coprono la ferita della donna come se non ci fosse mai stata.
Poi di colpo rimbomba un frastuono che incolla la donna al pavimento. Un allarme, o una sirena. Chiunque, nell’udirlo, intuirebbe di dover fare subito qualcosa. Tempo di rifletterci un paio di secondi e capirebbe di dover fuggire, spegnere il fuoco o mettersi al riparo nel caso in cui fosse un terremoto.
Ma la donna no. Sa di dover fare una mossa ma non sa quale. Nella sua testa c’è un’immagine ben precisa che svanisce quando il figlio le parla.
In pochi minuti si comprende l’origine del suono acuto che l’ha paralizzata. Nel caseggiato torna la quiete. Ma nella testa della donna continua a riecheggiare un allarme. Che la esorta ad agire alla svelta. Ed ecco che la donna rivede l’immagine dileguatasi poco prima. Lascia il figlio e prepara di corsa i bagagli. Deve partire. Davanti ai suoi occhi ha un’enorme nuvola a forma di fungo che trema e si espande.