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Katia Tenti. E ti chiameranno strega

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Nelle valli dell’Alto Adige, a Fiè allo Sciliar, tra il 1506 e il 1510 si sono tenuti due importanti processi che hanno portato alla morte di molte donne con l’accusa di essere streghe. Probabilmente furono più di trenta e per nove di loro furono rinvenuti gli atti e le testimonianze. Castel Presule era la struttura dove vennero rinchiuse e incarcerate e dove si sono svolti tutti i processi. Sempre lì, senza possibilità di scampo alcuna, vennero poi tutte giustiziate sul rogo.

È questo il luogo che fa da scenario all’ultimo romanzo di Katia Tenti, E ti chiameranno strega per Neri Pozza, dove, in un susseguirsi e rincorrersi di due piani temporali – quello attuale in cui l’antropologa Arianna Miele, vincitrice di un concorso come curatrice di una mostra sulle streghe dello Sciliar, agisce nel mondo contemporaneo, e quello di oltre cinquecento anni prima, con le vicende dal sapore antico e magico di Barbara Vellerin, levatrice e persona dalle grandi conoscenze erboristiche.

Alternando i capitoli, l’autrice fa raccontare in prima persona alle sue due protagoniste, Arianna e Barbara, quali sentimenti e riflessioni nascono e si sviluppano nel loro animo in un continuo parallelismo tra due epoche che sa divenire intreccio tra storia e modernità, narrazione e immaginazione, dove le esistenze delle due donne arrivano a incontrarsi, a sfiorarsi e a permearsi l’un l’altra in un destino che accomuna i loro intenti e le loro aspirazioni. In entrambe, infatti, si manifestano peculiarità caratteriali e istintuali di indipendenza tali che faticano ad appiattirsi e ad adeguarsi al volere comune che la società circostante esige, sia quella clericale che laica che possiedono, come denominatore comune, evidenti connotazioni patriarcali. Si fa spazio quindi sia il tema della diversità e dell’accettazione di ciò che non si conosce che spaventa la comunità sia il desiderio di autonomia personale a cui ambedue anelano, con la conseguenza che, ciascuna a modo proprio, manifesta una lotta per l’uguaglianza e la conferma dei propri diritti. Come detto, stiamo parlando di epoche e di situazioni completamente diverse e di difficile comparazione, ma questo filo conduttore si intreccia tra le due donne ed è nettamente visibile.

Così, Arianna nel proprio ruolo di studiosa sente crescere in lei fortemente il senso di giustizia e di etica morale di colei che vorrebbe consegnare ai suoi contemporanei l’analisi di un personaggio come quello di Barbara con l’appropriato e documentato valore storico che merita, mentre il direttore della mostra per la quale è stata ingaggiata, Magnus Moser, suo titolare e diretto discendente del capitano del Tirolo Franziskus von Stauber, protagonista all’epoca dei fatti raccontati, sta cercando impunemente di insabbiare e mistificare. Dovrà fortemente perseverare su ciò che reputa giusto per raggiungere il suo obiettivo con onestà intellettuale e per riscoprirsi finalmente artefice del proprio destino, per la prima volta nella sua vita.

Come da lei stessa affermato, Katia Tenti ha preso spunto e utilizzato nel romanzo fatti storici reali, prova ne è che molte sono le figure femminili di cui si citano i nomi veri, fatto salvo proprio per quello della protagonista Barbara Vallerin che per scelta stilistica è stato modificato. Vere sono anche tutte le testimonianze acquisite e veri i capi di accusa con cui queste donne sono state giudicate e torturate.

Le parole che l’autrice esprime per voce di Barbara sono intime, fanno risuonare in noi echi ancestrali di tempi in cui la vita dell’uomo era in perfetta armonia con la natura che riconosceva come Madre, secoli nei quali curare un male fisico significava saper osservare il corpo umano, annusarlo per riconoscerne gli umori e riuscire attraverso le erbe a trovare il giusto rimedio, la giusta cura. Persino Franziskus von Stauber, molto malato, si rivolgerà a lei per una cura che i medici e cerusici di corte non hanno saputo trovargli. E lei infatti lo curerà.

Sono erbaria e levatrice – non striga (..) La mia è magia solo per coloro che non conoscono il potere della terra e delle piante e dei funghi, che mia madre mi ha insegnato. E i corpi: io ascolto, annuso, osservo i corpi. Conosco il loro linguaggio. So far nascere o non nascere, a seconda del bisogno.”

I pensieri che sgorgano dal suo cuore sono intensi e profondi, resi manifesti con il pudore e la delicatezza di colei che sente nel proprio animo verità universali che ogni lettore potrebbe riconoscere come proprie. Sono parole incantate che accarezzano e instillano un sentimento di pace e di serenità e che, per qualche istante, prima che si torni inevitabilmente al vortice della quotidianità, consentono a ciascuno di volare leggero sopra i boschi, i torrenti e la terra tutta, attraversando il delicato confine che separa la consapevolezza dal sogno, la razionalità dalla fantasia.

Così torniamo a casa, e la mamma ci spiega cos’è la magia. È come leggere un libro, dice. Come il prete che a messa apre quei suoi volumoni e guardando le macchie nere sul bianco della carta vede la parola di Dio. Ecco, noi leggiamo i segni della terra e delle persone. Dove altri vedono macchie nere, noi vediamo il dolore e la cura. E dobbiamo scegliere la cura, sempre: anche quando è difficile distinguerla dal dolore”

Chiara Gilardi

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Katia Tenti, E ti chiameranno strega, pp. 304, euro 19,00, e-book euro 9,99.

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