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Kristen Roupenian. Cat Person

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Kristen Roupenian, ossia la scrittrice nota per “Cat Person,” ossia ancora il racconto che nel Dicembre 2017 partendo dal New Yorker fece il giro del web, creando un’hype dal basso e scatenando una reazione a catena di chiacchiericci poi sfociata nel meta-dibattito “perché così tanta gente legge e parla di Cat Person?” Fatto sta che la cosa ha forse contribuito a innescare un’asta per la pubblicazione della prima raccolta di racconti. In Inghilterra Jonathan Cape ha sborsato “a high five-figure sum” e negli Stati Uniti pare che la Scout Press abbia pagato 1,2 milioni di dollari in un contratto che prevede questo You Know You Want This più un romanzo. Nel frattempo si è mossa anche la HBO per produrre una serie tv basata su questi racconti. Kristen Roupenian esce ora anche in Italia con il titolo Cat Person (Einaudi, 2019, pp. 256, euro 17,50).
Le aspettative c’erano, non importa se alte, basse o medie: c’erano. E forse la curiosità non era tanto vedere se Kristen Roupenian riuscisse a replicare il sensazionalismo di “Cat Person,” ma vedere cos’altro poteva esserci a fare da contorno a “Cat Person.” E a ben vedere i dodici racconti che compongono la raccolta girano attorno a un perno, costituito proprio da “Cat Person” e da un altro racconto “The Good Guy,” per certi versi speculare e complementare al primo, non a caso posti esattamente nel terzo centrale del libro, come una stella fissa circondata dai suoi pianeti. Gli altri otto racconti, ruotano attorno a quel nucleo, ripetono alcuni temi, aggiungono qualcosa, approfondiscono qualcos’altro. Un paio di racconti forse fanno solo massa: “Sardines” e “The Boy in the Pool,” non a caso i racconti più deboli della raccolta. 
“Cat Person” ha avuto un anno prima i suoi quindici minuti di fama: e è un racconto dove Margot, una giovane donna ventenne, inizia un flirt via messaggi con Robert, un uomo più anziano, fino a quando questo flirt non cresce in una goffa relazione che poi implode fino a sfiorare il caso di una molestia sessuale. Il racconto diventò trend-topic su Twitter e suscitò le attenzioni anche di Roxane Gay se la prese con quanti erano disposti a leggere quel racconto come una strana forma ibrida di non-fiction, o di personal essay. Ma le più forti discrepanze—o interpretazioni aberranti come le chiamerebbe Eco—pare siano arrivate dal pubblico maschile, dando vita all’account Twitter “Men React to Cat Person” che raccoglie alcune delle bislacche letture maschili. 
Probabilmente “Cat Person” ha risentito della febbre  #metoo che ha spinto a una lettura politica e militante, ma anche forse fuorviante. Inserito nel contesto di una raccolta legata da alcuni temi comuni come You Know You Want This tutto appare più chiaro. Soprattutto perché gli stessi temi che tocca “Cat Person”— rapporto di coppia nell’era delle comunicazioni iper-veloci, rapporti di potere all’interno di una coppia o di una comune relazione interpersonale—vengono ristrutturati su “The Good Guy,” il racconto più lungo della raccolta, una sorta di extended remix di “Cat Person” che da solo potrebbe quasi valere tutto il libro: qui il protagonista è un uomo, Ted, e lo seguiamo nelle sue disavventure sentimentali dall’inizio dell’adolescenza a metà anni ’90 fino all’anticamera della mezz’età. Rispetto a “Cat Person” osserviamo un mondo precedente alla rivoluzione digitale che lentamente scivola nel mondo iper-connesso che conosciamo, rispetto a “Cat Person” abbiamo un protagonista maschile in relazione all’altro sesso, rispetto a “Cat Person” abbiamo una maggior enfasi sull’atelofobia, l’ansia di sentirsi in qualche modo inadeguati quando si tratta di costruire relazioni umane, di dissimulare pregi e nascondere difetti, di vendersi in cambio di un po’ di attenzione. Per tono e stile  questo racconto (insieme a alcuni altri) ricorda alcune cose di Wallace, ma senza le sue (spesso caotiche) convulsioni cerebrali, o anche i racconti di Tenth of Decemberdi Saunders, ma se Saunders faceva ruotare quei dieci pezzi attorno all’etica del dovere di Kant (lì citato surrettiziamente in più parti), Kristen Roupenian mantiene un distacco antropologico, quasi scientifico e positivista e si muove su un asse descrittivo e rigidamente non prescrittivo. Se Saunders applica Kant, Kristen Roupenian sembra quasi  applicare la lezione di Claude Lévi-Strauss. 
Lo stesso distacco è palpabile su “The Night Runner” (originariamente pubblicato sulla Colorado Review nel 2017), racconto che probabilmente fa leva sulle esperienze personali di Kristen Roupenian come educatrice nei Corpi della Pace in Kenya: qui un volontario dei Corpi della Pace viene bullizzato dalla sua scolaresca perché non riesce a imporre il suo potere e la sua autorità con atti di forza. L’efferatezza delle giovani africane non viene stigmatizzata o valutata: viene solo esposta come un semplice dato empirico, nuda realtà, un fatto brutale. La stessa cosa accade su “Biter,” dove si racconta di come la protagonista Ellie, si sia portata fino all’età adulta una strana sindrome del morso che la spingerebbe a mordere le persone: di nuovo non ci sono prescrizioni, non ci sono distinzioni tra cosa è moralmente buono e accettabile e cosa no: solo azioni come reazioni a stimoli.
Anche “Death Wish” e “Bad Boy”—simmetrici quanto “Cat Person” e “The Good Guy”—mostrano lo stesso distacco descrittivo lontano da tanta narrativa prescrittiva. Su “Bad Boy,” racconto che apre la raccolta e che era già stato pubblicato su Body Part Magazine qualche anno prima, una coppia ospita per qualche giorno a casa loro un amico uscito da una brutta relazione e lentamente, casualmente, inesorabilmente finisce per usarlo per costruire un triangolo sado-maso/cuckold o qualunque sfumatura perversa sia. Ancora una volta sono in gioco rapporti di potere tra persone, ma anche perversioni nascoste, voglie, istinti naturali che la cultura ha soppresso o nascosto ma che sotto alcune condizioni e dietro gli stimoli giusti possono ravvivarsi. Le stesse dinamiche ma inverse e da un punto di vista opposto sono raccontate su “Death Wish,” dove un uomo sulla trentina che vive in una squallida stanza di motel “drinking and watching porn and playing video games.” Cerca e trova regolarmente sesso su Tinder fino a quando non incappa in una ragazza che lo spinge verso pratiche sessuali ai limiti della perversione. Il fascino discreto del proibito è esposto chiaramente e con estrema lucidità su “Look at your Game, Girl”: qui Kristen Roupenian fa in un racconto quello che Emma Cline non è riuscita a fare in un intero libro e in poche frasi e situazioni illustra i meccanismi umani, troppo umani, che possono portare vicino al pericolo.
Forse i cali di tensione si hanno nei racconti che si distaccano dal realismo: “Scarred” (pubblicato su Writer’s Digest pochi anni fa) “The Mirror, the Bucket and the Thigh Bone” e “The Matchbook Sign” impiegano alcuni elementi paranormali, ma senza prenderli troppo sul serio, senza renderli il perno su cui far girare una storia e lasciandoli come metafore molli su cui incastonare le solite riflessioni sulle dinamiche di potere. “The Mirror, the Bucket and the Thigh Bone,” poi, ricicla il paranormale all’interno di un racconto fiabesco: il risultato è un racconto Coover-iano che riesce meglio degli altri due a illustrare i capricci delle proprie voglie e dei propri bisogni.
In definitiva, pur non avendo cercato l’hype che si è formata come una cappa minacciosa attorno alla dozzina di racconti di You Know You Want This, Kristen Roupenian ha vinto la sua partita con una manciata di storie più che convincenti, seppur non stupefacenti e nemmeno così tanto innovative come qualcuno voleva aspettarsi. Si tratta di racconti ipercontemporanei che da una prospettiva sociologica e antropologica riescono a descrivere come la cultura abbia stemperato, nascosto e modificato alcuni istinti animali, e su come la contemporaneità ci obblighi a dissimulare e modificare l’immagine che diamo di noi e ci svuoti di potere e, con esso, di responsabilità in un mondo sempre più caotico, sempre più incerto e sempre più feroce. Un mondo “spietato,” dove “nessuno ha più potere su nessun altro.” Buona la prima.
percorsi:

  • David Foster Walalce, Oblivion, Little, Brown, 2005.
  • George Saunders, Tenth of December, Random House, 2013
  • Ottessa Moshfegh, Homesick for Another World, Penguin, 2017
  • Carmen Maria Machado, Her Body and Other Parties, Graywolf, 2017
  • Maryse Meijer, Rags, FSG, 2019
[Articolo originariamente uscito su americanorum.wordpress.com Le traduzioni sono dell’autore]
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