Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

La libertà ha la gola tagliata ma continua a cantare. Intervista a Maram al-Masri

Home / L'intervista / La libertà ha la gola tagliata ma continua a cantare. Intervista a Maram al-Masri

Ho avuto l’opportunità di incontrare, grazie a Sergio Iagulli e Raffaella Marzano, fondatori della casa editrice Multimedia, una delle grandi voci femminili del Medio Oriente, Maram al-Masri, poetessa –guerriera che ha fatto della poesia strumento di lotta contro ogni forma di violenza, oppressione politica e sociale, contro ogni violazione dei diritti umani. Nata a Latakia in Siria, anche se vive a Parigi dal 1982, non ha mai smesso di intervenire poeticamente su una questione che l’ha coinvolta in maniera profonda e che richiede anche oggi la sua voce. La sua scrittura è un caldo manto di lana che abbraccia tutte le donne in una sorellanza universale sincera. Il suo canto ha il colore di un inno alla vita, alla libertà di amare, di scegliere, di avere sogni e speranze. Sarebbe ripetitivo raccontare le tante circostanze per le quali è stata discriminata, perseguitata e minacciata di morte dal regime di Bashar al Assad (si possono leggere in rete la sua biografia ed alcune interviste); la lettura della sua raccolta Arriva nuda la libertà (Multimedia edizioni, 2014 )è trascinante , dolorosa, è una finestra aperta sull’ orrore del conflitto siriano, sul disonore della nostra civiltà del XXI secolo. Qui la parola poetica acquista una forza di evocazione senza pari; diventa la triste testimonianza del dolore di migliaia di donne e di bambini, imperativo del poeta di prendere la parola : Come restare vivi senza parlare di voi, vittime della lotta per la libertà? Come può la poesia giustificare la propria esistenza e testimoniare la propria nobiltà se non si unisce alle lotte dell’umanità? (da Sotto lo stillicidio delle immagini, trad. di Raffaella Marzano). La sua è una lotta destinata alla vittoria della speranza e alla nascita di un mondo futuro ingenuo e sincero come la sua poesia: […]Preparerò un mondo /dove non esistono le armi /né la guerra / Un mondo dove le madri non fanno distinzione tra i propri figli e i figli di un’altra donna ( In Arriva nuda la libertà, cit., pag. 91) . Questi versi mi hanno sempre ricordato, ad ogni lettura, alcune indimenticabili scene dello splendido film di Lorraine Levy, uscito nel 2012, Il figlio dell’altra, in cui i protagonisti sono due ragazzi diciottenni e due famiglie, una israeliana e l’altra palestinese, sconvolte dalla scoperta che durante l’evacuazione dell’ospedale di Haifa per un bombardamento aereo, le culle dei due neonati erano state scambiate per errore. La reazione immediata dei padri è di aperta ostilità e sarà solo l’amore incondizionato delle due madri, fatto di sguardi, complicità, delicatezza, a far incontrare e rendere consapevoli della loro vera identità i due ragazzi. Somigliano agli “enfants de la liberté” di Maram, protagonisti di un mondo più libero, anche se nato dal volto sanguinante della terra.

Rossella Nicolò

#

Hai scritto, nella prefazione al suddetto libro che da quando è sbocciata la primavera nel cuore del popolo siriano, ossia nel lontano 2011, hai provato spesso un senso di colpa per non essere lì, insieme al tuo popolo. Cosa rappresenta per te questa silloge che contiene la Lettera di una madre araba al figlio (https://potlatch.it/speciali/poesia-contro-la-guerra/maram-al-masri-lettera-di-una-madre-araba-al-figlio/) diventata oramai il simbolo della rinascita di un popolo ?

Questa mia raccolta contiene molte immagini del mio popolo, della tragedia siriana. È un omaggio alla mia gente, alle numerose vittime che dal 15 marzo del 2011 mi perseguitano giorno e notte; i loro volti mi tormentano, mi ossessionano. La vista di quelle immagini diffuse dai mass media mi è insopportabile. A volte mi chiedo: come faccio, io, a vivere sapendo di tutte queste morti ingiuste? La poetessa che è in me continua ad alzarsi ogni mattina per denunciare questi crimini e mi consola la certezza che l’amarezza di aver perduto le cose più care può e deve essere trasformato in atto di generosità, non in desiderio di vendetta. Le mie poesie sono poesie d’amore, inni alla giustizia. Da quando è scoppiata la rivoluzione siriana, guardo ogni giorno dei video su Youtube per seguire la situazione mondiale, non solo del mio paese. Facebook è divenuta la patria degli esiliati. È solo grazie ai social che posso avere notizie non mediate dei miei cari che sono rimasti lì.

La tua scrittura è stata generalmente associata alla condizione femminile non solo nel mondo arabo ma anche in quello occidentale. Non credi che la guerra a Gaza abbia completamente annullato anni di dure lotte per i diritti delle donne ?

In quanto alle rivendicazioni femminili, la guerra ci ha riportato all’idea delle donne come proprietà dell’uomo, che si assume il compito di vendicare la calpestata dignità del patriarcato. Vengono ancora commessi molti crimini sessuali contro le donne e violati continuamente i diritti umani. Facciamo ogni giorno molti passi indietro. Lo stupro di guerra continua ad essere un importante motore di vendetta. Anche le testimonianze di umiliazione e abuso delle prigioniere di Gaza raccolte nei centri di detenzione rappresentano ulteriore violazione dei diritti umani fondamentali. Le madri che partoriscono a Gaza, poi, dovrebbero avere diritto ad un’assistenza sanitaria, ad un’alimentazione adeguata; invece vedono ogni giorno morire i loro bambini durante gli attacchi oppure di fame e malattie. Da due mesi sto cercando di scrivere una poesia dedicata ad un bambino di Gaza che ho visto in un ospedale. La sua immagine mi ossessiona giorno e notte; ritorno a quei versi di continuo ma ancora non riesco a completarla. Le mie braccia conoscono il dolore di madre a cui è stato strappato un figlio e non c’è foto, non c’è volto di un bambino che non faccia parte della mia vita. Ci sono persone che si lavano le mani di continuo ma non il cuore. Pensano che il male sia fuori di sé, invece è lì la radice vera del male, la parte oscura che l’uomo non riesce a sconfiggere.

Colpisce, durante le tue letture poetiche, la forza della lingua araba che si trasforma quasi in elemento magico; è l’incanto della parola fecondatrice che sembra legare con un filo prezioso oriente ed occidente, passato e presente, saperi diversi. La lingua possiede la nobiltà e la leggerezza dei ricami che impreziosiscono i vestiti di fattura orientale che indossi durante i reading. Tuttavia scrivi nelle due lingue, arabo e francese. Ti senti una scrittrice che vive sospesa tra due culture?

L’atto della scrittura esige l’autenticità della lingua dell’infanzia. Penso che non esistano muri che non possano essere abbattuti dalla forza delle parole. Ho scelto di scrivere anche in lingua francese perché la Francia è il paese che mi ha accolta, è la mia seconda patria. Riguardo la mia identità, una giovane studentessa, durante un incontro in una scuola, mi ha domandato cosa resta della donna siriana e quanto mi senta francese, visto che vivo oramai a Parigi dagli anni ‘80. Ho risposto: La donna che avete davanti è in parte ciò che rimane di me e del mio paese ma anche quella che sono diventata oggi. A volte prevale l’una, a volte l’altra. La mia filosofia è quella di cercare sempre di convivere bene con queste due mie essenze e con il mondo che ci circonda ma soprattutto considerare l’essere che abbiamo di fronte un alleato, non un nemico. Essere poeta significa proprio questo: abbattere le frontiere e i muri che spesso si innalzano con l’altro. Io scrivo le poesie dell’altro.

La tua prima produzione poetica era attraversata da una vena sensuale, erotica, dalle felicità poi disilluse degli amori giovanili, ma anche da un forte desiderio di liberazione sessuale, espresso dall’evasione simbolica di animali dalla propria gabbia. Con Anime scalze (Multimedia Edizioni 2011, traduzione e cura di Raffaella Marzano) giungi invece ad un canzoniere dove c’è una presa in carico delle sofferenze di tante donne. Gaza stessa diventa il grido di una di loro ([…] Gaza grida : Il mio ventre, portatore di vita, fatto a pezzi come il corpo dei miei genitori, il corpo dei miei fratelli, dei miei figli […].pag. 131).

La poesia è il sentimento di partecipazione alla vita di tutti, il superamento della condizione umana attraverso la condizione femminile. Sono donne che ho visto passare per strada, che hanno vissuto distruzioni, drammi e violenze, sono le loro storie raccontate dai loro bambini nei centri antiviolenza, sono donne di tutte le età e condizione sociale . Il mio ultimo libro, Métro- poème (édition Bruno Doucey, 2020) dimostra quanto importante sia per la mia poesia l’incontro con l’altro . Ho frequentato tutte le linee della metro. Menzionato tutte le stazioni. Non si può separare la poesia dal microcosmo affollato delle strade. Nei corridoi, sulle banchine, ho incontrato un’umanità sofferente come i senzatetto rifugiati nei sotterranei della capitale. È incredibile vederne qualcuno dormire magari sotto un cartellone dell’Ikea raffigurante un bel letto morbido. Puoi incontrare la solitudine a Gare du Nord, a Bastille e a République, puoi scoprire un’artista o ancora gli emigrati a Denfert-Rochereau. E poi c’è anche la vista meravigliosa di Parigi attraversata dai vetri della sopraelevata. Non riuscirei a scrivere nell’intimità protetta di una casa, dietro una scrivania, pensando che ogni giorno milioni di donne e uomini si possono empaticamente incontrare durante questi piccoli viaggi nell’umanità più vera, più autentica. E poi, la poesia non è forse un servizio pubblico? Alla stazione Pont-Neuf, piazza Mahmoud-Darwich, resto immobile davanti ad uno schermo animato da tutta la violenza del conflitto armato in medio oriente: Non dimenticare la Siria/non dimenticare lo Yemen/ non dimenticare il mondo/ mi ha detto la poesia.

Mi incuriosisce molto l’antologia poetica in cui hai sottolineato il ruolo essenziale che le donne curde hanno svolto nella lotta contro l’ISIS La poèsie des femmes curdes : une anthologie (Le merle moqueur , 2023).

Questa antologia, che non ha la pretesa di essere esaustiva, presenta quarantacinque poete provenienti da Siria, Iraq, Turchia, Iran. Donne che hanno conosciuto le atrocità della guerra, l’esilio ma che sono anche combattenti delle parole (alcune di queste poesie sono state scritte in una delle lingue curde, kurmandji o sorani, altre in arabo o in turco) perché hanno lottato per la dignità, la libertà, la pace, per il diritto di vivere sulla loro terra e di essere riconosciute nella loro identità. Combattendo in Iraq e in Siria, le donne curde sui social network sono diventate icone della lotta contro i jihadisti, come una sfida a uomini che non riconoscono alcun diritto al sesso opposto. Durante la guerra tra lo Stato islamico e i curdi nel nord della Siria, dal 2014 al 2016, l’opinione pubblica internazionale si è commossa per la presenza numerosa, strutturata e istituzionalizzata di donne nelle file curde, e del timore che incutevano ai loro avversari jihadisti . La loro poesia non racconta solo storie di guerra ma anche d’amore e di vita quotidiana perché la vita delle donne è anche questa.

Il paesaggio poetico delle donne del mondo arabo contemporaneo è ricco. Già nella storia della cultura araba classica, molte hanno fatto sentire la loro voce attraverso la poesia ma si può constatare in questi ultimi anni una vera e propria esplosione della poesia femminile araba. Internet, i social network hanno favorito questa conoscenza al punto da non essere più elemento indispensabile aver pubblicato libri per diffondere le proprie poesie ?

La diffusione della poesia su Internet mi ha permesso di scegliere e raccogliere in “Anthologie des femmes poètes du monde arabe” una cinquantina di poetesse. I loro versi sono liberi, il loro lessico non è quello della tradizione, presenta forme contemporanee; le immagini evocate dalle poesie sono sorprendentemente moderne. Apprezzo molto questa libertà formale come espressione di liberazione. È un’occasione per diffondere la nuova condizione femminile attraverso la scrittura, attraverso le tematiche che abitano i testi: l’amore, il desiderio, i divieti sociali o religiosi, la rivendicazione della libertà e della dignità. La violenza sulle donne potrà essere combattuta o almeno ridotta solo quando cambierà la cultura maschile che la genera. La cronaca, e non solo quella di guerra. continua ad alimentare questa lunga sequela di orrori perpetrati da mariti, compagni, padri, fratelli, amici di famiglia. Io continuerò a combattere finchè avrò vita, con le armi della poesia.

[…] Il mio popolo non è impegnato in una guerra civile ma in una rivoluzione democratica che finirà per trionfare. Questa rivoluzione ha mostrato non solo l’atrocità di cui l’essere umano è capace ma anche la bellezza e la nobiltà di moltepici atti […]. (dalla prefazione di Arriva nuda la libertà, cit., pag. 6 ).

Click to listen highlighted text!