C´è Ungaretti, ma non Montale. Tre volte Grazia Deledda, non una Pirandello. E Gramsci e Gobetti? Meglio il Fior da Fiore scelto da Pascoli. Muto anche Italo Svevo, mentre tengono concione Ada Negri e Guido Gozzano. Meno male che ci sono Italo Calvino e Primo Levi, ma dov´è finito Pasolini? E Gadda? No, «il pasticciaccio di una lingua italiana che non è involucro di ragione» viene cassato da “Libri d´Italia (1861-2011)” pubblicato nella storica collana Ricciardi rilevata dalla Treccani e curato da Carlo Maria Ossola. Dodici titoli che in 150 anni di storia unitaria hanno affollato le nostre case, ci sono “Cuore” e “Pinocchio”, il tradizionale manuale dell’Artusi insieme a “Le tigri di Mompracem”, ma anche l´inatteso “Ricettario industriale” di Italo Ghersi, la Costituzione e le letture del Corriere dei Piccoli (da Ada Negri a Ida Finzi, da Barzini a Gozzano, da Capuana alla Deledda). «È il racconto di una memoria collettiva reale, non del paese che sarebbe piaciuto agli intellettuali», dice Ossola.
(Simonetta Fiori, pag. 39, la Repubblica, 5-1-12)