Caratteri stilistici magici, esperienze umane senza tempo, arricchite da interessanti contributi, e una robusta dose di pathos, questi gli elementi che, sabato 6 ottobre, hanno fatto da cornice all’inaugurazione di ”Magie Barbare”, personale pittorica di Gian Ruggero Manzoni, allestita nella sala AxA della Palladino Company di Campobasso. Numeroso il pubblico presente e varie le personalità dell’arte e della cultura molisana e abruzzese intervenute. Tema dell’esposizione è lo sciamanesimo, interpretato dall’artista romagnolo non solo sui quaranta dipinti su tela e pelli, esposti nell’open space, ma anche attraverso le pagine dello splendido catalogo stampato a corredo dell’evento. Assieme a Manzoni l’attrice Carla Costa, che ha introdotto l’artista, poeta, drammaturgo e narratore, leggendo le righe di una lettera scritta a Manzoni da Marisa Vescovo, critica e storica d’arte che curò le due Biennali di Venezia del 1984 e 1986 alle quali l’artista lughese partecipò, e una poesia dello scrittore e poeta di New York Gallagher, già vicino ai graffitisti Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, nonché amico e sostenitore dell’arte di Gian Ruggero Manzoni. L’artista romagnolo, che ha scelto il Molise come prima vetrina dei suoi ultimi lavori, ha caratterizzato la serata inaugurale con la sua innata brillantezza scenica, tutta carisma e sostanza. Tra una lettura e l’altra, l’intervento critico, a sviscerare i codici dell’arte e la pienezza dell’uomo, di Fabio Mastropietro, direttore della rivista AltroVerso: “Manzoni è un uomo che prima di mettere in scena i propri lavori teatrali – ha detto Mastropietro – o le maschere apotropaiche dei dipinti che vedete in sala, mette in scena se stesso sul palcoscenico della vita, senza remore, senza infingimenti. E questa è l’unica forma di teatro nella quale noi crediamo. La sua è una cultura altra, liberata dai lacci dei consumi dei non luoghi della postmodernità, in favore di un’arte rituale in quanto libera di andare oltre la soglia del visibile. La sua è la battaglia che l’uomo delle arti deve ogni giorno combattere contro l’aggressione della tecnocrazia del lutto, il governo della morte che tiranneggia oggi l’occidente con il diabolico, badate bene non il daimonico, disegno di ridurre tutti gli uomini schiavi di una ciotola di minestra e di una palla al piede come salario. In questo senso, tornando al tema della mostra – ha concluso – Manzoni è un teurgo consapevole, un cosciente evocatore di energie. Un artista per il quale le convenzioni di mercato non valgono nulla e un uomo che si rifà esclusivamente alle regole senza tempo della storia dell’umanità e della convivenza civile. Lettura critica di grande qualità, quella di Mastropietro, che non ha mancato di suscitare emozioni nell’artista, il quale ha ringraziato e incalzato: “Il discorso sullo sciamanesimo è un tema portante che riguarda il genius loci – ha aperto il suo intervento Manzoni – per cui ciò che era di nostra padronanza, di nostra essenza o di nostra carnalità è da ritrovarsi nel tempo e nei luoghi. E’ un qualcosa che va oltre le dimensioni identitarie. Per ciò che riguarda la nostra componente regionalistica – ha proseguito – ma anche per tutta la realtà mediterranea, il sapere è vasto e ci rende innanzitutto consapevoli della nostra storia, europei e poi occidentali. Ma lo sciamanesimo va oltre, in una direzione che riguarda il percorso psicoevolutivo dell’uomo. Va benissimo sapere che esistono delle culture diverse e avanzanti – ha spiegato Manzoni – ma molto spesso queste culture sono lontane da noi. Perché non è vero che, come si sostiene comunemente, ci riconosciamo sempre nella diversità. Io, per esempio, non mi riconosco nelle culture che disprezzano la donna. Posso ritrovarmi in un sapere alto delle stesse culture e civiltà, ma non nella dimensione quotidiana propugnata e sostenuta per esempio dagli islamici. Ecco, solo le culture alte si basano sugli assoluti dell’essere umano, elementi che vanno dalla Siberia, dove c’erano e ancora ci sono i famosi sciamani siberiani, fino al Sud America, ai Pellerossa, all’Indonesia, fino ad arrivare da noi. A me piace credere che mia nonna fosse una sciamana. Lo era, per lo meno, quando segnava i mali con degli unguenti che preparava con le erbe, faceva croci sulle parti del corpo colpite e così ti passavano l’artrosi e i reumatismi, oppure bruciava la Palma Santa pasquale nello scaldino che andava nel letto quando arrivavano i temporali che avrebbero portato grandine e distruzione dal punto di vista agricolo. Questo era sciamanesimo – ha detto ancora – inteso come elemento che prende forma dalla tradizione, dal rituale antico e dalla spiritualità tipica delle società agresti, rurali. Le opere che vedete sono intrise di questo magico primario. La mia raffigurazione di questo fenomeno – ha concluso – si rifà al visionario, a un favolistico alla base del quale si sviluppano le più variegate credenze e pratiche tradizionali, nel caso specifico attraverso l’incontro tra la cultura Nord europea e quella nostra, oppunto mediterranea”. Sullo sfondo di “Magie Barbare” si articolerà un programma che si apre ad altre forme d’arte. Questi gli appuntamenti accolti nella location della mostra di Gian Ruggero Manzoni e da lui voluti: sabato 13 ottobre, alle 21.30, il gruppo musicale di Nancy Cardo si esibirà in “Spleen pulse”; sabato 20 ottobre, ore 21, “Ornitoparto”, performance di Nicola Macolino e Azzurra De Gregorio; sabato 27 ottobre, ore 20, performance poetica di Gian Ruggero Manzoni; sabato 3 novembre, ore 20, “Et nihil”, letture poetiche di autori vari.
Giovanna Colitti