Vista: Se osservi, sei nell’evento e / se cambiano le cose le ripeti, : cosa osserva la poesia Inattuale?
Il contemporaneo, che come per Agamben è qualcosa di anticipatorio o di dissonante, che spicca dall’immediato in cui si vive e che al contempo vi è completamente immerso. Inattuali sono delle circostanze epifaniche in cui la parola viene a staccarsi dal flusso dell’indifferenziato e diventa significante, ma si tratta di pseudosentenze, di testimonianze dell’irrilevanza e della dispersione, di impressioni e valutazioni frammentate che nel nostro presente si sono sostituite, in poesia, alla pretesa gnomica o veritativa.
Tatto: La poetica dell’oggetto / non ti persuade / più: il rubinetto / perde occasioni di continuità / nella goccia transeunte: quali oggetti elimineresti dalla poesia contemporanea?
Tutto ciò che ha a che fare con un orizzonte di assoluti e di emotività tanto effusa quanto impraticabile: è quello che trovo di più inattuale nel contemporaneo, ma qui non nel senso di Nietzsche o di Agamben, bensì della persistenza di un orizzonte di senso superato dalla prova del vero già dai tempi di Leopardi (la cui poesia non vive di assoluti ma di disillusioni e disincanto).
Udito: Ssst, e zitti, coglioni! / la poesia va ascoltata in silenzio: che suono fa la tua poesia?
È un bisbidis, come dico citando Sanguineti (ma, per suo tramite, una “frottola” trecentesca) nella stessa poesia da cui prendi il verso, la n. 3 delle Inattuali: un brusio di fondo da cui si staglia a un certo punto quella che ho definito prima la pseudosentenza. Le Inattuali sono un modo per mettersi in ascolto di quanto succede intorno a noi in presa diretta, non attraverso il filtro delle buone maniere poetiche o delle assurdamente resistenti infiorettature bellettriste. Un invito all’ascolto, e una speranza nella possibilità di rinnovamento delle forme: la poesia come l’abbiamo conosciuta fino al Novecento, è stata archiviata dallo stesso Novecento.
Odorato: fiori crisantemi, violacciocche, / gelsomino notturno, digitale – / power people have the flowers: che odore avrebbero i tuoi versi se fossero fiori?
Nelle poesie fino alle Inattuali dominava il crisantemo, in effetti, e un sentore di cappella e finitudine. Nella poesia più recente c’è odore di ipercontemporaneo, quindi nessuno o molti odori mischiati e odori non precisamente di fiore: l’odore, piuttosto, che fanno i fiori sui desktop o sui display dei telefoni, il ricordo o l’impressione di un odore, mai la sua sdilinquita percezione (o, se mai, l’appercezione).
Gusto: lo smembrano / in parti piccole e diseguali, poi nel silenzio / domandandosi se tu, per fame, / ti nutriresti / di carni umane (esistono / anche i cannibali, LM), : che sapore hanno i versi degli umani?
Un sapore composito, la poesia è una frittata di cose osservate e inventate, di versi come onomatopee o istantanee e di reverse come soluzione o adattamento percettivo. La vita degli umani è mossa e la poesia, come la fotografia, può fermarne un attimo, un frame. Un sapore indefinibile come il retrogusto piccante di una spezia, quello che mancava, nel migliore dei casi, non quello che ti aspetti o che già sai da una poesia millenaria. Tramontata è la luna e tramontate sono le stelle: era anche ora, no?
Mi fai una domanda in forma di poesia?
Perché dispero di trovarti ardito
Oso un acrostico fuori contesto
Eccoti un gusto, un plettro, un verso
“Se sa sedurti soltanto un sonetto”
Iniziò lui, e tu gli tieni dietro:
A me resta di verso l’appetito