Non tanto tempo fa ho buttato fuori dalle mie amicizie su Facebook un tizio che, senza avere letto il mio recente romanzo (“Il male dentro”, Cairo), decretava senza appello di avere la netta sensazione che ancora io scrivessi come dietro a un vetro e fossi prossima invece a scrivere come fuoco. Mi avrebbe letto solo al mio giungere alla scrittura come fuoco. Ora, se si considera che il tizio si era spontaneamente proposto per coordinare una presentazione del sopracitato romanzo (che non aveva letto) in una località a migliaia di chilometri da Milano, e se si pensa che mai ho incitato alcuno ad acquistare una mia opera se non ne aveva voglia, il gesto liberatorio dell’epurazione dal social network potrà forse essermi perdonato. Sono donna di istinto, e l’istinto in una caso come quello spinge a fare spazio. Quando poi scriverò come fuoco lo richiamerò indietro, e lui troverà un’altra scusa per non leggere il romanzo ma invitarmi lo stesso a presentarlo con il suo coordinamento dotto. Ho apprezzato, sia detto tra noi, la creatività della scusa per la mancata lettura. Chissà, lui e io un giorno declameremo insieme versi sulla spiaggia memori della mia scrittura come fuoco oppure dedicheremo il tempo alla lettura dei Tarocchi con il metodo Jodorowsky-Luini, compagnia fissa dei miei giorni. Vi stupirebbe scoprire quanto simile sia il meccanismo interiore della diagnosi medica e la lettura di una configurazione di Tarocchi: nella diagnosi medica fai appello a tutto ciò che conosci, alle risultanze degli esami ma anche e soprattutto, se sei bravo sul serio, a quello che l’intuito ti dice. Si tratta di un ricomporsi di elementi, dettagli, sensazioni, odori, impressioni fugaci ma indelebili negli occhi e nella testa, come quando – ritenetemi blasfema, non importa – l’Arcano senza nome salta fuori nel mezzo di una lettura sul futuro e indovini subito, senza la necessità della parola, che farai pulizia per poi rinascere. O quando l’Appeso ti si gira in mano se insisti troppo con domande stupide: aspetta, aspetta, aspetta. La scienza mi è compagna nel viaggio nel mondo noto e sorprendente della letteratura o meta-letteratura. Ho scoperto cose statisticamente significative, cioè tanto frequenti da ripetersi anche negli esperimenti successivi. Per esempio mi sono accorta che i letterati hanno il dono del pettegolezzo come i comuni mortali, anzi qualche volta calcano la mano di prepotenza e vogliono eccellere anche in quello. Esiste una classifica dei pettegolezzi accettabili, la cultura non può scadere quando discetta di affari altrui: le relazioni sessuali, vere o presunte (la verosimiglianza è specialità per lo scrittore), la genuinità di manoscritti o dattiloscritti, e chi ha litigato con chi, e quanti libri abbia letto sul serio e quanti ne millanti. In particolare a coinvolgere sono le relazioni, quelle sì che funzionano nella realtà della letteratura. Ho la posizione privilegiata del medico scrittore, cioè non sono medico e neanche scrittore nonostante mi dedichi corpo (abbondante) e anima a entrambe le professioni: quando nessuno dei due mondi ti riconosce come adepto puoi spaziare e mantenere una posizione privilegiata nel punto di vista, sentendoti sempre un passo più in là. Mi sono chiesta quanta differenza esistesse tra i pettegolezzi lanciati tra un bisturi e un elettrocoagulo in sala operatoria mentre si aspetta il risultato dell’esame al congelatore di un linfonodo sentinella e le certezze sputate fuori duranti gli aperitivi tra scrittori e loro editori. Nessuna differenza, se non che il consumo di sostanze alcoliche in sala operatoria non è consentito. Anche questa è scienza, anche questa è fiction: quanta fiction esiste in chi, come me, fa lo scrittore e il medico? Ritorno qui, nel blog su Satisfiction, dopo un silenzio lungo e non giustificabile: da lettrice di Satisfiction e fan appassionata non sono mai davvero andata via, ero schiacciata – credo – da ansie da prestazione scatenate dal confronto con colleghi pazzeschi, enormi nella classe stilistica. O forse no, forse si trattava solo di centrare un bersaglio che io stessa spostavo di continuo: stabilire a priori un argomento per il proprio blog diventa la catena assoluta, quella che rimpiangi mille volte perché nei giorni e settimane e mesi ti rendi conto di avere un sacco di riflessioni da condividere ma non tutte (anzi, poche) sono adatte all’argomento da te stessa prescelto per il blog. Ti sei fregata da sola, quindi. Però… Beh, la scappatoia esiste, ed è l’esercizio della libertà. Con il dettaglio del coraggio a corroborare il tutto. Scienza, medicina, divulgazione e fiction: non è forse la mia vita, quella di tutti i giorni? A prestissimo, allora. E scriverò come fuoco (dietro a un vetro).