Così l’incipit prodigioso e nel contempo familiare di La tavoletta dei destini l’ultimo di Roberto Calasso:
«Era una tempesta diversa da tutte quelle che aveva già attraversato. E ormai era abituato ai naufragi. Scandivano il tempo. Servivano a ricordare. Una certa cosa era successa prima del terzo naufragio, un’altra dopo il quinto. Sindbad sentiva, più che angoscia, una strana, ebbra incoscienza, quasi un senso di sollievo. Non solo aveva perso la rotta, ma i punti cardinali erano scomparsi. Fu la sua ultima osservazione precisa.»
Desidero avvisare dell’incognito naufragio in cui mi trovo. Ma ho gli amici a cui dirlo, il corteo che mi accompagna ovunque. Che cos’hai al tuo attivo? Fosse questa la domanda ultima direi, al solito, come disse Zenone di Cizio trecento anni prima di Cristo: Gli amici? Altri io.