La singolarità terrificante del sistema semantico contemporaneo è la fredda sinteticità delle espressioni: un uso industriale della parola, teso a sterminare ogni tentativo di analisi.
Tutti uguali fino alla fine, anche e soprattutto nell’uso delle parole.
Tutti in dialogo e nessuno in dialogo, uno scambio finto fatto di parole gonfiate, sempre più simili a polistirolo espanso.
Tutti parlano, nessuno vuole ascoltare, è la fine della poesia, che ha sempre avuto il pregio di sintetizzare, analizzandola, la complessità dell’umano.
Bisognerebbe costruire un silenzio più vero, più denso, per poi abbatterlo attraverso parole sensate.
Abbiamo toccato il fondo dell’abisso, mettiamo tutto davanti a tutto tranne l’umanità. Scrittori che insegnano a scrivere e non a leggere, nessuno prova più compassione per i poeti. Questo è terribile. È impossibile parlare, bisogna solo comunicare.
Comunicare ad ogni costo, anche a costo della cattiva scrittura, fatta di soli artifici costruttivi.
Ma non si può dire tutto: dovremmo imparare che non si può dire tutto, che molto deve rimanere sepolto per poi rispuntare più vero di prima.
Parlo infine del mio rapporto con la scrittura, in quanto scrittore: non si può scrivere tutto, non si deve scrivere tutto. Uno scrittore non può fare a meno di porsi questo limite, che apre definitivamente la strada alla possibilità della poesia.
Giacomo Paris