La scrittura di Laura Bosio è un insieme di case abbandonate, muri spaccati, edifici diroccati e vite massacrate. Dalle crepe dei suoi capoversi nasce un romanzo di formazione inedito nel panorama italiano, una storia di proliferazione e fioritura perché Erba Matta, uscito per Aboca Edizioni, non è mera crescita personale e individuale ma il racconto di un sottobosco rigoglioso annidato nell’animo della voce narrante.
Voce disperata, rotta, simile e contraria a qualsiasi verseggiare della Beat Generation, la prosa di Laura Bosio si fa strada ovunque, impetuosa e indomabile come primavera infestante e sbagliata così invasiva da ricordare la pianta di kudzu. Il rampicante giapponese piegò la stessa America durante gli anni del secondo conflitto mondiale e fu una delle prime piante a cui si indirizzarono teorie complottiste. Il kudzu oltre a essere davvero rigoglioso è adatto alla dieta di alcuni animali e gli americani iniziarono a coltivarlo in maniera massiccia, in poco tempo la pianta nipponica soffocò pali della luce, edifici e molto altro mettendo in crisi l’America; il passo per denunciare l’utilizzo di un’arma biologica da parte dei “musi gialli” fu davvero breve.
Siamo così distratti dai fiori, dalle decorazioni capaci di ammantare il paesaggio urbano e la nostra immagine fino a dimenticare la presenza delle erbacce, di queste erbe matte figlie di un vitalismo atavico e prezioso. Potenza linfatica anticonformista, anarchia vegetale da cui imparare a scolpire la nostra esistenza; con disordine, con il caos delle radici dell’Io.
Laura Bosio si traveste da adolescente e coltiva una narrazione nelle intercapedini ferite dell’edificio che ospita le Stanze, luogo abitato dalle solitudini. Un polline di curiosità trascinerà l’adolescente nel mondo della lettura, della musica, del cinema fino a trasformare il testo in un memoir miscellaneo dove exploit letterari e culturali si alternano a viscerali esperienze di vita. La cultura di Laura Bosio è strabordante, infesta le pagine tanto quanto un’edera inarrestabile come se fosse nata dalla volontà di Dioniso, divinità tutelare di quella verde follia.
Nello scenario linguistico odierno la parola resilienza è diventata così abusata da diventare un termine alienante, freddo e asettico. Meglio così, Laura Bosio procede per altri binari narrativi, non importa rinascere bensì resistere, come un’erbaccia, un’erba matta ostinata a confrontarsi con qualsiasi cosa pur di agguantare la libertà di essere donna. Una resistenza al tarassaco, di arnica, di foglie volanti, di steli recisi e ricresciuti. Laura Bosio crea un herbarium della nostalgia, un codex anti-tradizionale. Un romanzo contemporaneo, eppure così classico.
Cristiano Saccoccia
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La osservo con cura, l’edera, per vederla bene aguzzo la vista, occhi a teleobiettivo, disegni a macrofotografia. Nei rami che non fanno i fiori ha radici aeree e foglie a tre o cinque lobi verde chiaro e verde scuro, sovente screziate di bianco, danno l’illusione del movimento anche quando non si muovono; nei rami che fioriscono, invece, le foglie sono a forma di rombo. I fiori, piccoli, giallo-verdastri, li copio dai libri di botanica che prendo a prestito nella biblioteca comunale, perché sbocciano a fine estate quando la scuola è ancora chiusa. A novembre si trasformano in bacche nero-bluastre molto gradite ai passeri che si ritrovano a fare picnic. Anita, la comunista, chiama l’edera “abbracciabosco”. Non mi dedico soltanto all’osservazione dell’edera, sono attenta a ogni erba e erbaccia. Se girellando in città incontro un tarassaco, detto dente di leone per la forma delle foglioline o soffione per la palla lanosa che contiene i semi o pisseenlit per le proprietà diuretiche o pisciacane perché loro lo amano, se lo vedo sbucare da un 18 tombino, una crepa nel selciato, una ferita in un muro, elegante, drammatico, commovente, scendo dalla bicicletta, mi abbasso e lo guardo come merita. Poi in classe lo disegno a memoria, con i suoi spennacchiotti gialli, ingigantendolo. I giocatori di basket che stanno nel banco dietro il mio – io sono da sola, la donna adulta, per un paio di mesi mia compagna, si è ritirata – allungano il collo per curiosare, poi parlottano, ridacchiano e quando mi volto scuotono la testa. Rido anch’io. Provo a spiegare che sono le erbacce ad avere conquistato il mondo e che erbacce sono anche loro due, lo sono io, siamo tutti noi in quella scuola che ci ha relegati al margine, in questa società che non ci rappresenta più. In qualche disegno metto in bocca alle erbacce degli slogan, quelli che si gridano nelle piazze. “Apriamo le porte dei manicomi, delle prigioni, dei licei”, un garofanino maggiore, Diantus sylvestris, fiore di Zeus. “Diamo l’assalto al cielo”, e chi più dell’edera che scala i muri cercando l’alto, più delle radici che premono sotto l’asfalto per salire al chiaro? “Immagina”, uno spinoso cardo asinino. “Non comprare la tua felicità, rubala”, un ranuncolo strisciante. “Non è che l’inizio”, un’erba muraiola.
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Laura Bosio
Erba Matta
Aboca Edizioni
176 ppg.
15.00 euro