Prima di questo libro, non avevo mai letto nulla di Laura D’ Angelo, alla quale desideravo accostarmi da tempo. La profondità di analisi dell’ autrice e del suo travaglio interiore, credo sia il maggior punto di forza di questa poesia diversa -a metà tra la prosa e la lirica tradizionale-.
Una scrittura elegante, con descrizioni mai retoricamente compiaciute, di struggente e tenera consapevolezza, rendono la lettura scorrevole, nonostante lo spessore dei contenuti e la tensione emotiva costantemente alta. Lo scavo psicologico nell’abisso interiore di Laura alla ricerca delle ragioni profonde che determinano il suo agire, -che con generosità concede a noi lettori- in alcuni punti, uguaglia, a mio avviso, l’introspezione manzoniana nel cuore dell’Innominato.
Così l’ autrice in un intervista:
“Cos’ è per me “Cuore Puro”? Volevo trovare una voce capace di andare oltre la dimensione alienante e dolorosa dell’esistenza, una voce limpida e semplice che può anche coesistere con il dolore, ma che è come quel «sopporta cuore» di omerica memoria, in quanto definisce insieme il sublime e il tragico che connota l’esistenza umana: una voce che faccia sentire meno soli, se impariamo ad ascoltarla, ad ascoltarci, in quel bisogno di autenticità e di amore che ci fa umani”.
La sua prosa-poesia è caratterizzata da grande lirismo, il linguaggio usato è pieno di metafore, similitudini, assonanze e allitterazioni che servono per esprimere al meglio il suo flusso di coscienza. Presente, passato e futuro si sovrappongono.
Non accadono eventi o situazioni particolari, ciò che succede è tutto nell’interiorità dell’ autrice, nella sua mente che vola da un pensiero all’altro, appunto. Sono sensazioni che sembrano impossibili da descrivere. Ti attanagliano e basta.
Ho scelto una lirica, (impresa ardua perché mi piacevano tutte), dove Laura ha impresso su carta il peso del vuoto lasciato dall’assenza. Lo ha fatto con una poetica che urla nella sua semplicità. È riuscita nell’impresa di raccontare con poche parole, cosa si prova quando qualcuno ci lascia: il dolore dell’assenza usando il suo opposto. Che sia a causa di una perdita, o di una relazione ormai conclusa, o di un legame dissolto dalla distanza, realizziamo che la persona assente occupa uno spazio fisico nel nostro cuore: pesa e duole, e intiepidisce pure le giornate più calde. Leggendola, ho realizzato che ha ragione; perché davvero provare nostalgia, significa sentire ancor più forte la presenza dell’altra persona.
E mi lasci la mancanza
Che poi tu, mi manchi in un modo tutto tuo.
Mi manchi come una assenza che nasconde la presenza, mi manchi come la presenza che mi lascia la mancanza. Mi manchi come mancano certe cose importanti e perdute, come un’età lontana, mai vissuta, un’età sognata e poi mai compresa, desiderata, passata. Mi manchi come chi va, e non si volta indietro. Mi manchi come il vestito bello chiuso nell’armadio, non l’ho mai indossato, l’ho conservato per non farlo sprecare, si è sprecato così, inerme, in attesa.
Mi manchi come la possibilità mancata. Ho aspettato nascosta, il cuore in attesa, il cuore senza difesa, sono andata veloce, in cerca di un bivio, un binario in stazione, mi sono distratta, il cuore in subbuglio, il cuore che resta sul finestrino di un vetro, è il segno sbiadito di un alone distratto, indifeso.
Mi manchi come mancano i giochi ai bambini. Per giocare ho dovuto inventare, per amare ho dovuto scrivere, raccontare. Quante storie inventiamo per non pensare alla verità, per non disegnare i vuoti, coloriamo di giallo i soli nei bordi. Mi manchi come mancano i colori ai pittori, come gli sguardi che accarezzano occhi, come carezze senza esitazioni. Mi manchi come manca la voglia di essere giovani, di esistere, di provare, di cambiare, come tutto quello che è stato sognato, e che resta in un ricordo invecchiato, mentre mi manca tutto quello che non è stato.
Con le sue immagini prese in prestito dal quotidiano, Laura entra nella nostra sfera più intima e ne tira fuori una poetica universale, che dà voce a ciò che era destinato a rimanere taciuto:
con i suoi versi, ci ricorda che, anche quando pensiamo di essere immobili e che in noi non stia accadendo niente, c’è un cuore che pompa sangue, che coi suoi battiti scandisce la nostra vita.
Perchè siamo fatti di corpo, mente, cuore, sogni, desideri e paure. Siamo un groviglio di fisicità e pensiero che si muove, in modo più o meno consapevole, all’interno del mondo che ci ospita e ci offre opportunità e percorsi da esplorare.
Un magma di sentimenti e situazioni in un’armonia perfetta: lampi, frammenti di mosaici più complessi, sipari scostati da mani curiose, e subito rimessi al proprio posto, finestre spalancate su universi di rapporti, fame di vita e desideri senza nome, giusto il tempo di rinfrescare una stanza… Poi la brezza – e l’ebbrezza – spira altrove, solleva altri veli, scompiglia altri pensieri.
Le parole scritte, ma soprattutto quelle ancora da scrivere…
Francesca Mezzadri