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Laura Pugno. I nomi

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Sebbene a qualcuno non gliene importi un accidente, la poesia, di là dall’essere inutile, ha nel suo genere un che di straordinario per capacità di resilienza. Con quali domande e quali pretese eccone un esempio recentissimo. Chi non l’avesse fatto prima lo faccia dopo ma lo faccia e legga il libro I nomi. La poesia di Laura Pugno (Roma 1970), tutta bella, è la dimostrazione che la poesia in generale è in buona salute. In primo luogo conferma che la letteratura, come tutta l’arte, è la confessione che la vita non basta (Fernando Pessoa). La letteratura, poesia compresa, realizza la libertà. Secondo, per dirla sempre con Pessoa, il poeta è quell’uomo che quando ha mal di testa ha mal di testa e di universo. La poesia di Laura Pugno non solo fa pensare ma genera un pensiero complesso oggettivando l’irriducibile a partire dal riducibile con un salto che sa, a dir poco, di metafisico ma anche di simbolico e sicuramente felice da un punto di vista estetico. Nella Pugno monta la visione, cardine compositivo delle sue liriche. Si fa strada qualcosa di remoto e vacante, sino ad arrivare a qualcosa di simile ad una antiparola.

I corpi si dispongono

intorno a te con le loro ombre,

sono nello spazio

sono lo spazio e tu

conosci per sempre i loro nomi

ne prenderanno altri,

anche quelli

conoscerai, sarà tempo.

Ora, da sola,

da solo,

li vedi che usano il corpo con calore,

che toccano

come se conoscessero,

senza sfiorare la materia d’ombra,

il suo peso,

il nero che la muove

la luce separa nettamente

da qui e oltre sé

visibile, invisibile, infrarosso –

Ci arriva così, dotata di un meccanismo delicato e insidioso, una poesia totalmente spaziale, aperta: l’idea che poetando si possa parlare di qualcosa di terrestre, planetario, universale e altresì imprecisato, invisibile, immateriale, come virgolettato. Una poesia priva di un asse di orientamento nella quale ci si può spostare liberamente e provare, volendo, la vertigine dello spazio aperto dove tutto, a partire dallo spazio stesso, è intuizione prima che forma. Ecco, la poesia della Bugno offre uno spazio innominato a chi accetta la sfida del pensiero complesso che svolta, che cambia, che svia, che perde aderenza con quella che da secoli riconosciamo come la realtà provata, e della lingua come mezzo innovativo di comunicazione; non è una mera ed antipatica astrazione né, all’opposto, un puro e semplice e onesto lavoro artigianale. Pertanto questo spazio – va avvertito – sarà inospitale per tutti gli altri, incapaci di avere un rapporto inedito con essa e con ciò che esprime. 

Alessandra Pennetta

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Laura Pugno 

I nomi

La nave di Teseo

16,00 euro

112 pagine


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