Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Le stelle mobili del sottosuolo. Intervista a Enrico Prevedello

Home / L'intervista / Le stelle mobili del sottosuolo. Intervista a Enrico Prevedello

Le stelle mobili del sottosuolo è il romanzo di esordio di Enrico Prevedello, edito da Neo edizioni nel 2022. Il libro è suddiviso in quattro sezioni, la prima e l’ultima funzionano l’una come una sorta di prologo e l’altra come uno strano epilogo. La seconda sezione è suddivisa in capitoli numerati secondo una progressione per cui ogni capitolo, a partire dal terzo, è la somma dei primi due. Una quasi successione di Fibonacci. Nella terza sezione ogni capitolo ha il titolo di una lettera dell’alfabeto, dalla A, dunque, alla Zeta. La trama è molto semplice quanto particolare: da un certo momento in poi della vita di Antonio, il mondo si capovolge. Per essere più precisi dal fallito suicidio di Antonio le prospettive del mondo cambiano. Antonio è uno psicologo e educatore che sta continuando il suo percorso personale di psicoterapia per liberarsi di Ctonio. L’incipit del romanzo, però, è proprio la voce narrante di questo essere allucinatorio, a forma di avvoltoio, che è pure l’altro con cui Antonio (Antonio-Ctonio) intraprende il lungo dialogo della seconda sezione. Chi è Ctonio? L’ombra, l’altro, la Cosa del soggetto psicotico? Sia come sia, che non si tratti di psicosi lo capiamo nella terza sezione. Il capovolgimento riguarda la realtà del mondo. Le cose cadono verso il cielo. La terra diventa un firmamento di alberi rovesciati e cemento e tubature gocciolanti. L’incontro con Paola sancirà lo scioglimento della ricerca. E l’epilogo chiarisce una volta per tutte che la caduta verso il cielo è ormai questo nuovo dato di fatto cui adeguarsi. Le stelle mobili del sottosuolo, si sarà intuito, è un romanzetto particolarissimo e ben scritto a mio parere. Per la diagonale che riesce a unire l’inconscio e l’altro, il paradosso e la legge del sogno, il reale e il possibile. Il tema dell’incontro col diverso e l’irregolare permea la struttura e lo stile di una storia a suo modo comica, e dunque poetica.

Gianluca Garrapa

#

Era in sogno una porta che si apriva

sul mare; e tu dicevi “vieni, è sera”.

Gabriele Galloni

Il romanzo si apre con l’esergo di un poeta italiano scomparso giovanissimo qualche tempo fa. In effetti la storia di fantasia, il romanzo, ha un certo sapore di poetico. Che rapporto ha con la poesia la scrittura di questo romanzo?

Ho scoperto Gabriele Galloni durante la fase di editing, quando il romanzo stava tra la mani come un corpo da pulire. Ho letto in

Foto di Christian Baldin

poco tempo quasi tutto quello che è stato pubblicato di suo, e mi è arrivato lucido e forte. Una raccolta in particolare mi ha colpito: In che luce cadranno. Ho avuto la percezione di aver imparato qualcosa che altrimenti mi sarebbe stato precluso, e ho usato questa nuova esperienza per curare la lingua e lo stile di alcune parti del romanzo, più vicine alla poesia rispetto ad altre. Anche il titolo è il verso di una sua poesia.

«Le mani e il petto contro il bordo della finestra, urlo di terrore: il mare cade giù nel cielo.» In questo romanzo accade un rovesciamento delle cose. E mi viene da pensare al capovolgimento carnevalesco di cui parla Bachtin riferendosi al suo Rabelais. O alle gags di Buster Keaton. D’altra parte non mancano tracce di umorismo nero, alla Breton. Mi sembra che questo romanzo si collochi in un’area nuova del comico: un carnevalesco… nero. Come nasce questo romanzo sul sovvertimento delle cose e come sei riuscito a tracciare una solida struttura narrativa a partire dalle macerie capovolte?

Anni fa mi capitava spesso, passando davanti alla chiesa dei Servi in via Roma a Padova, di immaginare che una madre e il suo passeggino si schiantassero sul soffitto dei portici. Tutti gli altri continuavano a camminare, come se nulla fosse, e io con loro. Visto che per quanto scacciassi questa idea (che trovavo banale) ogni volta nello stesso punto immaginavo la stessa madre, lo stesso passeggino e lo stesso rumore della testa contro le volte a crociera del portico, decisi infine di dare forma, e quindi uccidere, questa idea. Ma quello che pensavo sarebbe stato solo un racconto pretese spazio e tempo, rivelandosi essere un’ossessione. Come tutte le ossessioni mi ha portato a rivedere il mondo attraverso quella prospettiva fino ai bordi del credibile, del realistico e quindi anche del grottesco e del comico. Poi ho fatto un passo indietro, ma si vede che mi sono rimasti i piedi bagnati.

Ho stampato foto della strada in cui è ambientato il romanzo dal punto di vista della finestra del protagonista, le ho unite in una sorta di semisfera in cui ho infilato la testa per vedere come vedeva Antonio. Ho cercato di vedere ogni cosa come se fosse già rovesciata. Per il resto, per le cose di fantasia, ho spinto la ragione fino alla paura, così da aggrapparmi sempre al limite.

«La gravità ha fatto scendere dal water la storia immonda del nostro appartamento, e ho deciso di sigillare la porta con dello scotch.» Esiste una geometria non euclidea, un’estetica dell’anamorfico, lo humour macabro, di cui si parlava nella domanda precedente, che vede un mondo sconvolto in cui Antonio, tra cadute e riprese, si ritrova a vivere dopo il tentato suicidio. Sarà Antonio nato come un Amleto a rimettere in sesto il mondo fuori dai cardini? Ma Antonio la morte la conosce all’inizio. Soprattutto la seconda sezione mi evoca il mondo di Dissipatio H.G. di Morselli. Tanti riferimenti possono aleggiare in uno spazio letterario che però preserva una sua propria originalità. Che rapporto c’è, secondo te, tra i maestri del passato e il presente? Come si fa a rielaborare vecchi miti (‘renovatio mundi’?) in strutture originali?

Credo che i maestri del passato ci aiutino a capire il nostro presente perché ci mostrano come era strutturata una frequenza di interazione con un preciso mondo antecedente al nostro. Quindi il primo passo per instaurare il rapporto è ascoltare, anche quando sembra che non si parli di noi. Per quanto riguarda la rielaborazione dei vecchi miti in chiave originale non so come si possa fare, e forse l’unico modo è proprio non saperlo, o almeno non crederlo. A parte qualche narrazione condivisa in più, siamo gli stessi da decine di migliaia di anni. Credo che i miti rispondano a domande che non smetteremo mai di porci perché nascono col nostro nascere, e che le risposte cambino a seconda del tempo e della cultura in cui ce le poniamo. La struttura, quindi, per forza resta la stessa (di certo qualcuno l’ha già detto meglio).

«Per trovare Antonio ho seguito l’odore che fanno le persone quando vengono dimenticate.

I tetti e le antenne di Padova scorrono veloci sotto di me.» Inizia così la storia. E sembrerebbe che tutto procederà secondo una linea logica e tradizionale. Ma non è così. La voce narrante di questa prima sezione non è di Antonio, ma di un Altro, che sempre Antonio è. Forse l’ombra sua, forse il suo vuoto. Ctonio, si chiama così, non a caso, l’abisso. L’inconscio desiderio di morte. Sorgono molte evocazioni della psicoanalisi e della mancanza a essere desideranti. Restando coi piedi sulla terra della fantasia: i luoghi che descrivi esistono, siamo a Padova. E dove c’è fantasia, e poesia, c’è quasi sempre inconscio. È un caso che Antonio sia proprio uno psicologo? E gli altri personaggi: ci racconti un po’ la loro genesi?

Antonio è nato dalla fusione di almeno tre persone che ho conosciuto, di cui una psicologa. Mi è servito mantenere questa professione perché volevo che nei momenti in cui fissava il vuoto, senza essere visto da nessuno, sentisse la consapevolezza che almeno una coscienza lo stesse osservando. Volevo poi che questo sguardo fosse influenzato dalla sua professione, e gli desse la possibilità di riempire razionalmente ogni distanza tra sé e il resto. Nella mia testa questo lo fa uno psicologo, ovvero un filosofo che lavora coi vivi.

Gli altri personaggi sono nati in due modi: alcuni sono ispirati a persone che ho conosciuto, ma con desideri e paure che ho modificato a seconda di quello che mi metteva di più alle strette nella scrittura. Altri sono stati generati da vecchi esoscheletri in cui il vuoto prima si è addormentato e poi si è risvegliato col bisogno di avere un nome.

«Quello che è successo si è conficcato nella mia carne e ora cammina con me.»

Questo mi offre l’occasione per un piccolo questionario sul corpo e i luoghi dello scrittore:

dove scrivi, quando scrivi, dove cammini quando ti riposi? in quale città o paese è nato il tuo ultimo libro, in che stanza, in che bar? sei mancino o destrorso? passeggi? in bici, in auto, osservi alberi? scruti cornicioni, affondi lo sguardo nel cielo, segui le onde del suono e dell’acqua? quali sono i rumori della città e quali i silenzi delle vaste campagne? fumi? bevi? quanto pesi? scrivi dopo cena, prima di pranzo? quando? la tua è scrittura di spostamento, di stasi, di spazio, del corpo?

Se non ho preso troppe decisioni e ho ancora un po’ di possibilità di sbagliare, scrivo dov’è vuoto, nello spazio tra me e il

Foto di Carmine Prestipino

mondo. Il nuovo libro a cui sto lavorando è nato a Borgoricco, in una casa ora all’asta. Uso le due mani senza farmi domande, cammino spesso perché ho venduto l’auto, e da mesi la bici ha una ruota bucata; gli alberi così quando girano sembrano fare “ué” con le fronde, ma lenti, sussurrando, . I cornicioni non mi piacciono, sono taglienti e li lascio là, mentre nel cielo ci sono stato, ero in un aereo, in una nuvola per la precisione, che ora certamente non c’è più, è piovuta, chissà su cosa, ad abbeverare quali piante che magari sono state mangiate da chissà quale animale, che magari ha morso chissà chi o suonato il clacson anche se non serviva. A Padova, la città in cui vivo, i rumori sono di portoni, biciclette o tram; a Borgoricco, il paese in cui sono cresciuto, i silenzi sanno di terra smossa, argini, e macchine veloci. Di notte una civetta, da quarant’anni la stessa, fischia un’ora intatta, solo quella, come non esistesse altro.

#

Enrico Prevedello, Le stelle mobili del sottosuolo, Neo ed. 2021

Click to listen highlighted text!