“Lovecraft è stata la mia università”.
Così affermò Robert Bloch nel discorso tenuto come ospite d’onore alla First World Fantasy Convention del 1975 a Providence, Rhode Island. Erano passati quasi cinquant’anni da quando sua zia gli comprò la sua prima copia della rivista pulp Weird Tales. Nato nel 1917 a Chicago, aveva dieci anni quando lesse per la prima volta le storie bizzarre e fantastiche firmate, fra i tanti, da Howard Phillips Lovecraft, che divenne ben presto il suo autore preferito. Numerosi sono gli scrittori e le scrittrici ad aver beneficiato dell’eredità di Lovecraft e ad essere stati toccati dai suoi sogni. Considerato l’antesignano della science-fiction angloamericana e il maestro della narrativa gotica del XX secolo, dopo la sua morte i suoi libri sono diventati sempre più popolari e le sue opere sempre più studiate nei corsi di letteratura. Ancora oggi il “Faraone Nero” di Providence rappresenta un punto di riferimento per scrittori di storie fantasy e weird che raccontano gli incubi e le paure delle proprie generazioni.
Ma Lovecraft fu più di un maestro per Robert Bloch, lo plasmò come scrittore e gettò le fondamenta che lo fecero diventare “L’uomo che scrisse Psycho”. Tutto cominciò con una lettera. Durante il liceo, Bloch continuò a leggere Weird Tales. Era il 1933 quando appena sedicenne scrisse a Lovecraft tramite la rivista, chiedendogli dove potesse trovare i suoi racconti presenti nei numeri arretrati. All’epoca non si trovavano ristampe di quel genere di pubblicazioni se non, con un po’ di fortuna, in qualche negozio di libri usati. L’editore, Farnsworth Wright, inoltrò la lettera a Lovecraft che rispose al suo fan con queste parole: “La tua nota molto lusinghiera mi è appena stata inoltrata da Weird Tales…”, aggiungendo che sarebbe stato felice di prestargli qualsiasi copia delle sue storie. Iniziò così una corrispondenza di cinque anni che avrebbe segnato il destino di Bloch. Nelle lettere successive, Lovecraft colse il desiderio del giovane Robert di cimentarsi nella scrittura. Gli propose di provare a scrivere delle storie, rendendosi disponibile a commentarle. Bloch non poté resistere a questa proposta e gli inviò i suoi primi elaborati: “Erano terribili”, ammise tempo dopo, “Ma lui trovava sempre qualcosa da lodare, diplomaticamente, indicando gli errori, sottolineando la necessità di perfezionare la trama e levigare le frasi. Il fatto che fosse interessato era di per sé un grande incoraggiamento per me”. Negli anni della Grande Depressione, lo scrittore di Providence conduceva una vita ritirata e solitaria a causa di ristrettezze economiche. Era un insonne e trascorreva gran parte delle notti scrivendo lettere enciclopediche e voluminose. Erano queste il suo contatto con il mondo. Aveva un intero circolo di corrispondenti, giovani autori che incoraggiava, in seguito conosciuto come il “Lovecraft Circle”. Terminata la scuola superiore, Bloch comprò una macchina da scrivere usata e iniziò a lavorare.
La sua prima storia pubblicata, Lilies, apparve sulla rivista Marvel Tales nel maggio del 1934. “Avevo 17 anni e da allora non ho mai avuto abbastanza buon senso per smettere di scrivere”. All’inizio dell’anno successivo vendette la sua prima storia, The Feast in the Abbey, a Weird Tales. È fra queste pagine che Bloch crebbe come scrittore, pubblicando più di settanta racconti. “The Unique Magazine” divenne la sua casa letteraria fino alla chiusura della rivista nel 1954. Lovecraft contribuì alla formazione di Bloch offrendogli non solo supporto, ma condividendo opinioni sulla scrittura, la filosofia e la vita in generale. Lo incoraggiò a esplorare temi originali e a trovare un suo stile distintivo al di là delle mode del momento, aprendogli un nuovo mondo di possibilità letterarie. In una lettera Lovecraft suggerì a Bloch di utilizzare un titolo in latino per il suo Mysteries of the Worm, un grimorio immaginario che compariva nel racconto The Shambler from the Stars. Diventerà quel De Vermis Mysteriis citato non solo all’interno dell’universo del Cthulhu Mythos ma anche da altri autori, tra cui Stephen King nel racconto Jerusalem’s Lot del 1978. Lo stesso pseudobiblium comparve in fumetti, giochi di ruolo, videogiochi, divenendo un elemento iconico nella letteratura horror e fantastica. In The Shambler from the Stars, il personaggio ispirato a Lovecraft muore. Bloch, in una lettera, chiese al suo mentore il permesso di far morire il protagonista. Lovecraft gli concesse un’autorizzazione molto divertente, firmata da personaggi immaginari, in cui lo legittimò a “ritrarre, uccidere, annientare, disintegrare, trasfigurare, trasformare o altrimenti maltrattare il sottoscritto.” Il racconto, dedicato allo scrittore di Providence, venne pubblicato su Weird Tales nel 1935. Questo scambio creativo portò Lovecraft a scrivere un seguito, The Haunter of the Dark, in cui uccise il personaggio ispirato a Robert Bloch, ricambiando la dedica in segno della loro amicizia. Tra i maestri che influenzarono l’autore di Psycho figurano Edgar Allan Poe, Arthur Machen, Lord Dunsany, James Joyce, Raymond Chandler, John Dos Passos e Ben Hecht. Tuttavia, fu Lovecraft a far germogliare in lui il desiderio di scrivere e, dopo i suoi genitori, rappresentò l’influenza più significativa della sua vita. I due scrittori non si incontrarono mai. Lovecraft aveva in programma di recarsi in Wisconsin per fare visita a Bloch nel 1937, ma morì di cancro all’intestino lo stesso anno, prima di poter intraprendere il viaggio. Nei suoi primi lavori, Robert Bloch emulò consapevolmente lo stile e i temi di Lovecraft, ma non rimase confinato nell’universo lovecraftiano. Verso la fine degli anni Trenta, iniziò a cercare la propria voce. La sua narrativa, che fino a quel momento aveva esplorato i regni del fantastico e del soprannaturale, cambiò direzione, orientandosi verso una scrittura più realista e attenta al contesto sociale dei suoi personaggi. Questo gli permise di approfondire un horror di carattere psicologico, un terrore annidato nelle trame del reale e strettamente legato al ciclo della vita. Quelli narrati da Bloch sono orrori personali, quotidiani, segreti, in cui l’anormale si confonde con il normale. Egli esplora ciò che accade dietro la maschera, nelle pieghe nascoste dell’animo e della mente delle persone.
Dopotutto cos’è Psycho se non una storia “sui segreti degli esseri umani”? Il mostro non è più il vampiro o il ghoul, ma può essere il vicino della porta accanto, lo sconosciuto che ti offre una caramella, perché non si può mai sapere come funzioni realmente la testa di un’altra persona. Per quanto poco si conoscano gli altri non si può nemmeno conoscere se stessi fino in fondo, poiché “nessuno è sano quanto mostra di essere”. Il fulcro delle sue storie è una paura intrecciata alla realtà, che si confonde con le cose del mondo, che le persone riconoscono come parte di ciò che le circonda e più è familiare, più è potente. “Non ci sarebbe stato un primo racconto se non fosse stato per Lovecraft” afferma Bloch in un’intervista. Allo stesso modo non ci sarebbero stati i suoi 400 racconti, le dozzine di teleplay, le sceneggiature cinematografiche, fra cui quelle realizzate per la serie televisiva originale Star Trek. Non ci sarebbero stati più di 25 romanzi come Jack lo Squartatore e il già citato Psycho, di cui Alfred Hitchcock realizzò il film nel 1960 divenuto un cult. Per fortuna che quella prima lettera non andò smarrita.
Mariangela Cofone