A narrare il Diario scandaloso di una vecchia è una voce limpida e spietata. Ci racconta di una donna nata in Toscana che a diciassette anni va in sposa – per scelta – a un preside. Siamo all’inizio degli anni Sessanta, in un’Italia severa e giudicante: annoiata da una vita precocemente adulta, l’allora ragazza scrive e pubblica Giorgina, romanzo scandaloso che apparirà in edicola un giorno soltanto e verrà messo immediatamente al rogo. Bollata come scrittrice e come persona, decide per la fuga, la prima di una serie di allontanamenti e abbandoni.
Ha sole novantamila lire in tasca, un quarto se ne andranno per pagare il taxi che la porterà a Roma, dove la attende una vita di giornalismo coraggioso (c’è chi la paragonò a Oriana Fallaci), fitta di straordinari incontri: dal maestro Mario Schifano, che la vorrebbe modella per Leda e il cigno e a seguire Moravia, Elsa Morante, poi Hemingway, Nureyev, e ancora politici, capi di stato italiani e stranieri che chi narra, Lina Agostini – giornalista di ammirabile carriera, penna di Nuovi Argomenti e Radiocorriere, vicedirettore della struttura Rai per la Cultura, critico letterario, cinematografico e musicale – avrà modo di conoscere, intervistare e frequentare.
Sfrontata, bellissima – è suo lo sguardo sensuale, penetrante, in copertina- , molto amata anche per la straordinaria capacità di narrare, giunta ora al quarto quarto della vita, Agostini vuole fare sentire la propria voce pubblicando in forma di romanzo un diario schietto, impudico e sincero, in cui racconta lo spaesamento di chi si ritrova ottantenne in un mondo irriconoscibile, dove gli amici se ne sono ormai andati e le rubriche sono lunghi elenchi di assenze, la casa diventa rifugio e prigione, specola da cui osservare il mondo attraverso il terzo occhio, lo spioncino che ripara e permette uno sguardo su un fuori che pare muoversi a un ritmo inconoscibile e scomposto.
Assieme alle sue vicende personali l’autrice restituisce anche un perfetto spaccato di un Paese molto cambiato negli ultimi sessant’anni, un’Italia dove pare non esserci più posto per i vecchi – scelta precisa di parola, questa, non il più edulcorato, ipocrita anziani – visti come improduttivi, destinati all’invisibilità, sopportati con fastidio.
L’espediente narrativo scelto è il ritrovamento di una lettera scritta da un amante che non riesce a identificare fra i tanti posseduti. Ne analizza peso e consistenza di ogni parola, ma rimane irrelata, un pretesto per raccontare abbandoni di persone e situazioni e libertà prese nei decenni.
Ma pure, dolorosamente, gli inevitabili segni di declino della persona, i cambiamenti di un corpo che tradisce
…com’è essere vecchi? Vecchiaia e processo di emarginazione: primo capitolo. Poi i particolari. Quanti amici ha un vecchio. Le statistiche sono al ribasso. Arriviamo al 30 per cento. Vedi gli amici ogni giorno, ogni tanto qualcuno capita, non li vedi più perché sono morti prima di te. Conclusione: nessuno ti cerca. Capitolo secondo: disturbi e malattie in corso. Apparato cardio-circolatorio, apparato osseo-articolare, apparato respiratorio: così così, sopravvivi con un po’ di pasticche che spesso dimentichi. Malattie della pelle: grossi nei eczematosi sparsi ovunque. Tanto nessuno ti accarezza più. Finale: la vecchiaia ci appartiene. Bisogna imparare a essere vecchi, come ci sono scuole per i bambini autistici o diversamente abili […] Declino della persona, segregazione coatta, isolamento collettivo. Desocializzazione, ci prepariamo alla morte disimpegnandoci gradualmente. La perdita dei ruoli attraverso la riduzione dei ruoli familiari. Allora è per questo che mia figlia non mi ama più? Si chiede a più riprese, svelando un rapporto pieno di attriti, complesso e sofferto con una figlia che senza peli sulla lingua (e da chi avrà preso, in fondo?) la definisce una malvissuta, forse perché sfacciatamente libera anche di aver scelto i letti in cui infilarsi e dai quali sfilarsi senza complicazioni sentimentali.
Pare evitarla per quanto può, questa figlia, limitando i contatti, sparendo dal suo desiderio di attenzioni, con una motivazione sottesa – certo legittima – che non è dato sapere: a noi lettori giunge soltanto una delle voci della vicenda, e questo accettiamo.
Non ci attenda, ad ogni modo, in Diario scandaloso di una vecchia un mesto, sterile elenco di malinconie o rimpianti, tutt’altro: all’analisi lucidissima e spietata della condizione di un’intera generazione di non essere più vista, alla presa di coscienza di chi ha fatto parte a pieno diritto della narrazione della Storia (ma potrebbero essere le storie di chiunque, comunque degne di essere raccontate) e adesso fa la riconta dei presenti da cui non si sfugge, Agostini alterna pagine animate da un’originale ironia, tagliente e rarefatta, di grande intelligenza. E la progressione del narrato, spezzettata da epifanie, lampi, minimi episodi, mantiene un ritmo narrativo incalzante e la suspense colma di aspettative del grande giornalismo: esattamente quello a cui ci ha abituati nei decenni Lina Agostini.
Anna Vallerugo