Per Le Tre Domande del Libraio su Satisfiction questa settimana incontriamo Giuliana Zeppegno, autrice del romanzo “L’indignata”, edito da TerraRossa Edizioni, e seconda prova d’autore dopo l’esordio fortunato, nel 2022, con “La luce che pioveva” edito da L’orma editore. Giuliana Zeppegno è nata in provincia di Torino nel 1980. Autrice di testi scolastici, insegnante di italiano come lingua straniera e traduttrice dallo spagnolo, dal 2010 vive a Madrid, dove ha svolto un postdottorato in teoria della letteratura.
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Giuliana, vogliamo raccontare ai Lettori e alle Lettrici forti, che ci seguono su Satisfiction, cosa ti ha ispirato a scrivere *L’indignata*? C’è un evento o un momento particolare che ha acceso la scintilla per questa storia?
A ispirarmi è stato un momento storico determinato, che ho avuto la fortuna di vivere in prima persona. Un momento che cambiò la vita a me e a migliaia di altre persone. Più che una scintilla, FU UN INCENDIO. Sto parlando di quello che in Italia venne denominato “movimento degli indignados”, mentre in Spagna è noto come “movimiento 15M” (dal 15 maggio 2011, giorno della manifestazione che sfociò nell’occupazione dell’enorme Puerta del Sol a Madrid e innescò l’ondata di proteste che si protrassero negli anni successivi). Si trattò di una mobilitazione di massa, popolare, che fu allo stesso tempo una sorta di risveglio collettivo e un gigantesco laboratorio di creatività sociale dal quale nacquero associazioni, cooperative, sindacati, collettivi ecologisti, femministi, assemblee di migranti ecc. ecc. Anche partiti politici. Un fenomeno di enorme portata la cui onda lunga mi sembra ancora percepibile in Spagna. Volevo raccontare questo, ma volevo raccontarlo in un romanzo.
Una donna che scompare e tre amici dentro una storia ambientata all’interno di un preciso momento storico. La città e il contesto sociale in cui si muovono i protagonisti sono molto vivi nel romanzo. Dettagliando i caratteri dei protagonisti, vogliamo anche spiegare quanto ha contato per te il paesaggio urbano nella costruzione della storia?
Come specifico nell’avvertenza all’inizio del romanzo, i luoghi e i vari spazi attivisti nominati nella storia sono reali. In questo senso la città di Madrid ha un ruolo che va ben oltre il semplice sfondo: un pezzo della sua storia recente è ricostruito (e celebrato) nel romanzo, che vuole essere in qualche modo un romanzo storico.
La storia “più piccola” che viene narrata, però, è frutto di invenzione, e ha una trama che può essere considerata gialla. Teresa, anarchica cilena gestora di un bar che è quasi un covo, scompare all’inizio del romanzo senza lasciare tracce, e tutto ciò che segue è la narrazione delle ricerche di tre dei suoi amici: Giulia, Andrés e David, corrispondenti ad altrettante voce narranti. Giulia è un’italiana a Madrid, in bilico tra l’euforia di una nuova vita e lo strascico di un dolore mai superato. Andrés – uno degli arrestati del 15 maggio del 2011 – è un libraio-attivista di area libertaria che da anni non aspetta altro: la rivoluzione a Madrid. David è un personaggio in crisi, che ha vissuto anni in Perù, dove è entrato in contatto con le lotte di difesa del territorio nell’Amazzonia peruviana, è appena tornato in Spagna per prendere parte alle proteste, ma si smarrisce, non sa più chi è…
Intorno a loro: la città di Madrid in pieno fermento politico e sociale, e in particolare il combattivo quartiere di Lavapiés, “un pugno di strade vasto come il mondo”.
A partire da una scelta formale precisa e una scrittura curatissima, nel libro si affrontano temi importanti legati alla protesta civile e alla denuncia sociale. Quanto questi temi riflettono il mondo moderno e il nostro tempo e se c’è una critica alla società contemporanea, alla cultura del successo o all’alienazione? Se sì, come hai voluto svilupparla?
In effetti la mia aspirazione era coniugare il piacere della storia (quindi tensione narrativa, godibilità della vicenda, colpi di scena, vividezza, cura stilistica ecc.) e la riflessione politica, intendendo per riflessione un ragionare in termini non teorici ma letterari, ovviamente, cioè necessariamente aperti, dilemmatici, interrogativi.
Il dissenso che muove i personaggi, che mobilitò migliaia di persone e ancora ne mobilita, non è soltanto critica alla crisi economica, alla corruzione politica e alle misure di austerità, ma è il rifiuto di un intero modello sentito come insostenibile e nemico della vita: quello capitalista, nella sua versione neoliberale, causa del collasso sociale, psichico ed ecologico oggi sotto gli occhi di chiunque. È un dissenso che abbraccia anche la sfera dell’immaginario, dei rapporti tra le persone e dell’affettività, e soprattutto è una protesta che non si esaurisce su sé stessa, nell’indignazione inerte, ma diventa desiderio, slancio, voglia di “decolonizzare l’immaginazione”, di disalienarsi, di provare a costruire, insieme, qualcosa di diverso.
Il nodo problematico che ho voluto inserire al cuore del romanzo e che attraversa le vite dei vari personaggi è il rapporto tra personale e politico, per qualcuno forse una questione superata, in un’epoca di individualismo alienato come quella in cui viviamo, ma per me ancora molto attuale: la collisione, la frizione o l’abbraccio, possibile, tra ciò che chiamiamo “io” e ciò che potrebbe costituire – magari, forse, chissà – un “noi”.
Buona Lettura de “L’indignata” di Giuliana Zeppegno.
Con questa intervista chiudiamo la nostra rubrica per il 2024. Ci vediamo nel nuovo anno con altre domande ad Autori e Autrici. Buon Natale dal vostro libraio
Antonello Saiz