Mentre festeggiavo un compleanno mi è arrivato il messaggio che le scuole di Senigallia il giorno dopo sarebbero state chiuse per allerta mal tempo.
La prima cosa che ho fatto è cercare di capire cosa stava succedendo e ho sentito notizie di danni importanti per alluvioni nell’entroterra.
Girava voce di una piena del Misa in arrivo.
Saluto tutti e mi incammino verso casa, una serata come le altre, tranquilla. Senigallia era stranamente silenziosa, il fiume era calmo, e per raggiungere casa ho attraversato il ponte pedonale dopo Uliassi, entrando nel porticciolo dei pescherecci.
Tutto sembrava a posto ma avevo un brutto presentimento.
Superato il sottopasso verso via Andrea Costa salgo i gradini che portano alla piazzetta dove una volta c’era la concessionaria Alfa Romeo.
Lì il giorno prima avevo parcheggiato la macchina e decido immediatamente di prenderla e avvicinarla a casa.
Salgo sull’auto e la parcheggio in via Mamiani.
Ero tranquillo, e alcuni vicini mi rassicuravano che l’acqua lì, dopo gli anni quaranta, non era mai arrivata.
Non soddisfatto, fermo un poliziotto che passa e che mi dice che, se proprio voglio stare tranquillo, dovrei metterla sulla statale che si trova più in alto.
Non lo faccio, chissà cosa poteva mai succedere, neppure pioveva.
Vado a casa e mi metto a leggere dei documenti per prepararmi ad una riunione del giorno dopo.
Alle 00:30 mi arriva un messaggio di un amico:<< Come va?>>
Rispondo: <<Ho spostato la macchina. Dovrebbe essere tutto ok per ora>>.
Lui mi risponde: <<Dal video sembra si stia allagando rapidamente>>.
Mi alzo, vado sul terrazzo e guardo via Carducci dietro la porta Lambertina.
Vedo delle luminarie natalizie che pendono dagli alberi e la cosa mi sembra piuttosto strana dal momento che siamo a Settembre.
Guardo meglio e mi accorgo che quel che mi sembrava una luminaria è in realtà il riflesso dei lampioni sull’acqua.
Decido di scendere, anche se il sindaco aveva già avvisato di rimanere ai piani alti, perché vedo molta gente in strada che sta guardando quel che accade.
Scendo e vado verso la porta Lambertina.
Saremo una trentina di persone che guardano quel che sta succedendo.
Lentamente senza fretta si avvicina l’acqua.
Il movimento è lento come quello di una vecchia invadente che avanza a guardare se c’è posto per lei.
Guardo la mia macchina. Sarà al sicuro?
Lo chiedo anche agli altri che sembrano volermi rassicurare. L’acqua qui non passa. Non è mai arrivata. Il tutto mentre l’acqua sta invece passando.
Mi convinco. Cerco un posto al sicuro.
Parto e faccio la statale verso Fano e dopo duecento metri parcheggio, scendo e poi ci ripenso.
Devo andare dove posso mettere la macchina e poi andare a dormire senza pensarci più. Deve essere un posto così in alto da essere irraggiungibile dall’acqua, penso al Seminario.
Riparto, faccio solo strade alte, giro verso il quartiere Vivere Verde e alla fine punto sul Seminario ma è pieno e allora scendo di nuovo perché mi consigliano di provare ad andare al parcheggio sopra all’ospedale.
Quando sono all’incrocio dell’ospedale vedo che l’acqua sta salendo dallo stradone Misa e i camion dei pompieri sono fermi lì.
Il parcheggio dell’ospedale è chiuso, vuoto ma chiuso e il quartiere è tutto intasato di auto che avevano parcheggiato ovunque, anche sulle rotonde.
Torno indietro, ripasso davanti all’incrocio dell’ospedale e l’acqua è sempre lì che avanza.
Mi viene in mente di provare il nuovo parcheggio di via Cellini sotto il seminario che comunque è molto rialzato. Per non sbagliare la porto al parcheggio scoperto al terzo piano che è quasi vuoto.
Qui per gli allagamenti posso stare tranquillo, speriamo solo che non grandini.
Ora è il momento di tornare a casa, scendo dal parcheggio e vado verso il Parco della Pace.
Vado avanti per cercare la prima strada che mi porti più in alto, alla Statale, attraverso la quale tornare a casa.
Davanti a me ci sono uomini e donne intimoriti che guardano via Fabio Filzi e mi dicono che sta arrivando l’acqua dallo stadio.
Allora, nonostante l’ora tarda, telefono a qualche amico cercando di avvisarlo di spostare la macchina.Alcune persone che incontro nel parco mi dicono che l’acqua è già passata in via Verdi e allora cerco di superarla camminando sulla pista ciclabile.
C’è silenzio, un silenzio strano.
Mi giro per guardare e nel buio vedo un’onda sporca che mi rincorre.
È inquietante per cui accelero il passo, incontro degli amici a cui consiglio di spostare la macchina e finalmente arrivo sulla statale.
La strada è libera e chiedo delle persone se per caso si fosse allagata più avanti verso casa mia.
Mi dicono di sì.
Ma io vado avanti ottimista pensando che forse si sono sbagliati.
Al semaforo della traversa prima di casa mia inizia il lago.
L’onda sporca mi aveva preceduto.
A quel punto prendo coscienza del fatto che se voglio arrivare a casa lo posso fare soltanto facendo il bagno nella melma.
Decido di sporcarmi e pian piano procedo tenendo in mano bancomat e cellulare.
Per 300 m circa mi muovo nel fango facendo attenzione alle correnti e agli oggetti che mi vengono addosso fino ad arrivare sotto casa mia che all’improvviso sembrava a Venezia.
Entrò nell’androne e vedo che il primo gradino è completamente sommerso dall’acqua.
Stringo il corrimano e esco come quando si esce dalla piscina e pian piano salgo fino a casa mia al terzo piano.
La mia vicina del piano di sopra scende spaventata con il cellulare come torcia anche perché mancava la luce in tutto il palazzo.
La rassicuro e dopo che è ritornata a casa lascio i miei vestiti sul pianerottolo ed entro.
Cerco subito una candela, la fisso bene su un piattino e poi la metto in bagno sopra la lavatrice perché mi illumini mentre mi faccio una doccia fredda ma purificante.
Prima di andare a dormire ho guardato il garage sotto casa mia e ho visto macchine con le luci accese sott’acqua.
Il mattino dopo, sotto casa mia sembrava ancora Venezia. Dopo le nove l’acqua è pian piano defluita.
Tutti cercavano di pulire e di rimettere a posto le cose.
Da quando è successo sono passati tre giorni.
Nei bar si ritorna a parlare di tutto e anche delle responsabilità di questa Alluvione.
Un vecchietto parlava con un altro e diceva:<< Sai perché succedono queste cose? Perché non si fanno più le pulizie agli alvei dei fiumi!>>.
L’altro che lo ascoltava annuiva mentre il vecchietto continuava:<< Sai perché non si fanno? Perché per farle servono un badile un coltello una motosega una zappa, un’ape e due o tre persone che hanno voglia di lavorare e le usano>>.
L’altro gli risponde:<< Ci sono tanti disoccupati si dovrebbero trovare queste persone>>.
Il vecchietto allora conclude: << Ma su una motosega due zappe e due persone che lavorano c’è pochissimo da mangiare. Se invece fai progetti visionari e faraonici, dove magari possono mettere delle firme degli architetti amici, anche se queste cose non servono a nulla, c’è da mangiare per tutti>>.
Mi allontano pensando a quanto abbia ragione il vecchietto.
Tutti hanno perso qualcosa. Chi più chi meno.
Chi ha perso dovrà lasciare andare quel che ha perso.
Chi non ha perso nulla ha visto gli altri perdere.
Quest’onda sporca attende e prima o poi arriverà per tutti, per fare pulizia, per liberare il mondo dai nostri errori che l’hanno creata.
Ci insegue da dietro per poi tagliarci la strada davanti.
Non dobbiamo averne paura più di quanto abbiamo paura di noi stessi e quando non si può evitare bisogna sporcarsi.
Per proseguire o per tornare a casa.
Perché nessuna onda è più sporca o meno sporca della Vita.