“Amuleti” di Lorenzo Pataro (Ensemble, 2022 pp. 100 € 13.00) è una raccolta poetica carica di simbolismo e di profonde suggestioni spirituali. Il poeta adotta lo stile enigmatico e segreto delle emozioni, decifra la musa profetica della poesia nell’intuizione densa della conoscenza interiore, esalta la funzione rivelatrice della parola, afferma l’interpretazione metafisica del linguaggio. Una voce che si tramuta in preghiera laica, impercettibile e indistinta, attraverso analogie e associazioni di memoria. Lo svolgimento dialettico e iniziatico dei versi eredita il rito di passaggio dell’esperienza esistenziale, segue l’incedere della mobile continuità nel vincolo primordiale di un’origine connaturata al terreno umano, custodisce il talismano impalpabile dell’anima. Protegge dagli enigmi del male e dalle espressioni delle insidie, allontana e scongiura la frantumazione dei sentimenti, assiste il dono demiurgo delle immagini, scolpito dal presentimento di ogni illuminazione: “La tua mano sfalda il muschio dalla quercia/e col gesto che contiene ogni stagione/ripara le ferite delle ghiande/ogni volo in picchiata ghermito dalle volpi/ il rovescio di ogni attesa è nella cura”. La forma lirica soccorre l’urgenza di comprendere e descrivere l’esistenza, recupera residui di sentenze, gli strumenti identitari della sacralità, la variazione dell’appartenenza. Lorenzo Pataro individua il ritratto fenomenologico della scrittura, la materia interpretativa del segno, l’aspetto ermeneutico delle deduzioni filosofiche: “Se dico sillaba, fonemi si sparpagliano/e poi il gelo li ricuce, li spoglia/e fa nuda la parola, esposta /e divina come un barbaro in esilio./Adesso. Se lo dico, già è passato./Siamo nati. Gettati in un nome verso un nome”. “Amuleti” difende la lacerazione delle ferite, la crudeltà infuocata dell’assenza, la consegna del verbo nella sublimazione semantica: “la visione del raggio catturato/che si spegne mentre un nome/si allontana dall’archivio/della resa”. “Capire che l’Altro è una fiamma:/se la tocchi col dito/o la spegni o ti bruci”.
La poesia di Lorenzo Pataro conosce la cifra sconfortante dell’abbandono, affronta l’indifferenza orfana di sensibilità, contempla l’inciso malinconico e visionario della consapevolezza. Edifica l’ogiva della struttura intellettiva, esprime la sapienza del mistero, il bagliore trasognato dell’inquietudine, l’arcana metafora della sfera sensoriale. I versi acquistano la raffinata percezione contemporanea delle corrispondenze, lo strumento conoscitivo della dedizione, invocano il miracolo dell’amore e confessano il contenuto inviolato della maturità: ”benedetto il tuo amore che è sparso/nel cosmo, benedetta ogni fibra leggera, /ogni spina, ogni graffio, ogni fiamma/riaccesa, splendore di quarzo, miracolo/d’acqua, benedetto ogni seme gettato, / benedetti i germogli, il miracolo, il dono/di esserci stata”. La fragile nostalgia del vissuto preannuncia una essenzialità cruda e intelligente, insegue il bruciore stridente di ogni passaggio alchemico di metamorfosi, nelle ombre rivelatrici di senso e nell’osservanza liturgica del tempo. “Invece accadeva senza rimedio/accadeva che fosse vigilia di un mondo/a venire la foglia venata, la terra spaccata/di arterie, la semina-ocra, il passaggio/dei corvi la sera, il grano che mai sarà pane”.
Rita Bompadre
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Nell’attesa di un chiarore
ci passiamo il talismano come un fuoco
da bruciare lento sulle dita, l’amuleto
.
di carta velina da mordere coi denti –
tu accendi un’altra fiamma nel calice
verde sulla tavola, leggi i tuoi tarocchi
.
e sui fiori illustrati segni al contrario i vaticini
mentre fuori un altro anno
rovescia i nostri nomi e l’alfabeto.