“La TV è pericolosa per gli uomini”
In questa intervista del gennaio 1958 alla rivista di programmi televisivi “Télé Programme Magazine”, un Céline istrionesco sfodera alcune fulminanti – e purtroppo attualissime – considerazioni sulla TV, strumento di… distrazione di massa.
Jacques Chancel: Può essere che rimaniate stupiti della nostra scelta. Certuni diranno che il “traditore Céline” non dovrebbe avere posto nella nostra inchiesta. Al contrario, noi cerchiamo tutte le testimonianze. D’altra parte, non possiamo dimenticare come nel 1932 il mondo delle lettere si trovò diviso quando l’Académie Goncourt rifiuterà il suo premio al Voyage au bout de la nuit. Céline è una personalità che ha marcato la nostra epoca, e soprattutto la letteratura francese, con il suo talento insolito. Lasciamolo parlare…
Céline: Mi chiedete di dirvi quel che penso della televisione! Eh beh! lo sapete che avete un bel coraggio? Siete venuto da me. Vi siete già compromesso. Sono una vergogna per il mondo intero, sono il reprobo, il lebbroso della situazione. Mi accusano di aver venduto tutto al nemico… anche i piani della linea Maginot.
Sono finito anche io sul piccolo schermo. Pierre Dumayet ha presentato il mio libro D’un château l’autre. E ne sono stato molto contento, perché sapevo che il mio libro si sarebbe venduto meglio, dopo. Questo è quello che importa. Bisogna tirare avanti, e io non ho che dei debiti.
Dumayet è un tipo a posto. È anche il solo, d’altronde. Non ha avuto paura di intervistarmi davanti alle telecamere e mi spiace di avergli causato delle noie. La mia apparizione è stata parecchio commentata. Ci sono state delle interpellanze alla Camera. “È inaudito che si faccia passare in TV quel traditore”, diceva uno di questi idioti.
La TV è una rete, uguale a quella dei Templari. Non ci sono che spioni e gelosi. E io, io sono il capo dei cattivi. Non possiamo proprio capirci. Non posso più contarmi tra i Francesi.
Mi hanno rinchiuso: ero un traditore.
Niente è cambiato. Una volta si diceva: “è stato squartato, era colpevole”.
Torniamo alla televisione. È utile per la gente che non esce mai, per mia moglie ad esempio. Ho una stanza, al primo piano, ma non ci salgo mai.
È un prodigioso mezzo di propaganda. È anche, ahimè! un elemento di abbruttimento nel senso che la gente si fida di quello che gli si mostra. Non immaginano più. Vedono. Perdono la capacità di giudizio e si prestano gentilmente alla fannulloneria.
La TV è pericolosa per gli uomini.
L’alcolismo, le chiacchiere e la politica ne fanno già dei bruti. Era proprio necessario aggiungerci qualcos’altro?
Ma bisogna pur ammetterlo. Non si reagisce contro il progresso. Vi verrebbe mai in mente di cercare di risalire le cascate del Niagara a nuoto? No. Nessuno potrà impedire la marcia in avanti della TV. Cambierà presto tutti i modi di ragionare. È uno strumento ideale per la massa. Rimpiazza tutto, elimina lo sforzo, assicura una gran tranquillità ai genitori. I bambini si appassionano a questo fenomeno.
C’è un dramma oggi: si pensa senza sforzo.
Si sapeva molto meglio il latino quando non c’erano grammatiche latine. Se semplificate lo sforzo, il cervello lavora meno. È un muscolo il cervello: si inflaccidisce. […]
Jacques Chancel: Voi riconoscete la potenza della televisione. E non la amate. È vostro diritto, ma perché non ne guardate mai i suoi programmi?
Céline: Il piccolo schermo mi fa tristezza. È bianco e nero, è solo un cartoncino d’invito. Le immagini potrebbero anche interessarmi, ma il commento parlato non può che essere fastidioso.
La televisione è troppo pratica, troppo obiettiva, troppo cartesiana. Mi rifiuto di credere che sia istruttiva. Voltaire diceva: “Chi legge senza la matita in mano, dorme”. Alla TV è ben peggio.
Dopo il cinema sonoro, non ho più visto alcun film. Ah!… dove sei, Mèliés? Rimpiazzo tutto questo con i miei propri pensieri. Che volete… gli sceneggiatori non dicono che delle bestialità. In più, le lanciano nel nero. È grottesco. Bisogna essere dei pazzi per amare delle sale nere piene di rumore.
Prima del sonoro, Charlin Chaplin era ammirevole. Oggi, è miserevole. Ora si ostina a voler fare della filosofia. Ha un messaggio. È ridicolo, no?
Esattamente come la letteratura, la televisione ha bisogno di uno stile. L’eloquenza naturale non ha la sua vera ragion d’essere che nel discorso politico, ossia tra i ridicoli. Credetemi, è dura far divertire un foglio di carta. È una pietra tombale con un epitaffio: qui giace l’autore. I poeti – ce né ancora? – devono leggere spesso sotto la superficie liscia del loro pubblico: qui sta il realizzatore. Solamente allora avranno capito.
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Traduzione di Andrea Lombardi
Tratto da Louis-Ferdinand Céline, Un Profeta dell’apocalisse, Milano 2018.
http://www.bietti.it/negozio/un-profeta-dellapocalisse-scritti-interviste-lettere-e-testimonianze/