A partire da Carrie, pubblicato nel 1974, questo Cucina. Stephen King: ricetta per un disastro, volume certosinamente costruito da Luca Fassina per i tipi di Oligo, è un vertiginoso viaggio nella smisurata produzione dello scrittore di Portland scandito dal filo conduttore della cucina, degli alimenti e delle ricette. Come scrive lo stesso autore, infatti, “il cibo è presente e costante nei suoi libri, proprio perché elemento naturale della vita quotidiana”, e “Dal suo eloquio traspare come lui ami descrivere i luoghi in cui si prepara o si vende cibo”. Il viaggio in profondità intrapreso da Fassina, quindi, sposta una minuziosa lente d’ingrandimento – senza perdere nemmeno uno degli innumerevoli libri e best seller usciti fino a oggi – su tutto quanto ha a che fare con abitudini alimentari degli americani, ambienti pubblici e privati in cui si cucina, ingredienti, bevande, trionfi di colesterolo e, perfino, cucina di un altro mondo.
Così, dalle pagine de La morte di Jack Hamilton viene rievocata una colossale colazione subito successiva all’estrazione di una pallottola da un polmone, da La zona morta riemerge una cenetta a base di spaghetti offerta da Johnny a Sarah, mentre a Le notti di Salem appartiene un’intera “carrellata cinematografica dove King, spiando da una finestra all’altra nelle case dei molti personaggi di questo romanzo corale, dà pennellate che contribuiscono a inquadrare la situazione”: un trionfo di petto di pollo bollito, fagioli e fagiolini in scatola, spaghetti o hamburger riscaldati, costine di maiale, un prosciutto Armour Star con cavolini di Bruxelles, manzo arrosto con mais, patate fritte e un dessert a base di pudding al cioccolato… Il cibo suona come basso continuo nella sterminata produzione di Stephen King, e concorre attivamente non solo alla narrazione, ma anche alla descrizione di un mondo, di una società, di una cultura. Gustosissimo è anche il paragrafo dedicato alla “Cucina in casa King”, in cui Fassina raccoglie e mette insieme tutto quanto sia stato detto da King, a partire dalle interviste da lui rilasciate, in modo da ricostruire quali siano le sue maggiori inclinazioni alimentari. Sappiamo, ad esempio, che le aragoste non sono tra i suoi alimenti preferiti perché, essendo cibo per poveri, sua madre ne comprava spesso: “in inverno le faceva in spezzatino e quelle cose stavano sulla stufa per giorni”. E, a rendere ancora più appetitoso, non mancano le principali ricette che ricorrono tra un libro e l’altro, alcuni dei quali autentici monumenti nazionali dell’alimentazione americana: spaghetti con le polpette, pancake con sciroppo d’acero, tacchino ripieno, risotto alle barbabietole, cheesecake.. Un libro e un viaggio imperdibili, un attraversamento in profondità dell’opera di King e, allo stesso tempo, della civiltà americana.