Vi foste mai chiesti se esista un confine tra idea e ideologia e, in caso di risposta affermativa, dove esso si trovi, questo agile saggio di Luca Lezzi fa al caso vostro. Facendola molto breve, anche per non togliervi il piacere della lettura, l’autore tanto considera la prima un qualcosa di ampio, arioso, aperto “davanti alla possibilità di interloquire con il cambiamento” di quanto gli sta intorno, quanto la seconda un concetto finanche monolitico, con dei ben precisi “paletti” entro cui far rientrare visioni e proposte.
Il peronismo, di cui Lezzi s’è ampiamente occupato, oltre che di molti altri populismi e socialismi, latinoamericani e non, è da considerarsi un’ideologia che, in nome di quel popolo per cui e da cui era nata, e in nome dei più altri valori di Patria e Lavoro, si è fatta Idea, di fatto non scomparendo mai dalla weltanschauung argentina, dopo esservi entrata a far parte oramai quasi ottant’anni fa. E ne aveva ben donde il Generale Juan Domingo Perón, il quale, intervistato sulle visioni politiche degli argentini qualche mese prima di spirare, affermò esserci sì, nel Paese albiceleste, un 30% di socialisti, un altro 30 di radicali e un 20% di conservatori. Ma alla domanda dell’intervistatore su quanti fossero allora i peronisti, non ebbe dubbi: “Peronisti sono tutti quanti”.
Sì, perché quel militare in carriera, ben lungi dal confermare la triste vulgata che vuole gli uomini in armi sudamericani oscure e violente pedine manovrate dai potentati esteri, fu davvero il padre putativo di tutti gli argentini; ma specialmente dei più poveri tra di essi e, ancora, dei più poveri tra i poveri, quei descamisados, che il 17 ottobre 1945 marciarono sulla piazza principale della capitale argentina per chiedere la liberazione del loro Perón, incarcerato qualche mese prima. E se Juan Domingo ne era il padre, Evíta, la sua seconda moglie, di questi fu la madre: strappata troppo giovane alla vita, per un tumore all’utero a 33 anni di età, l’essere morta alla stessa età di Cristo, ancor più convinse i suoi ultimi che non si trattava di una figura semplicemente umana. A lungo la Chiesa – perlomeno quella istituzionale – dovette combattere contro questa deriva idolatrica, ma non ce ne fu per nessuno: ancor oggi María Eva Duarte de Perón è invocata in Argentina quasi quanto la Vergine Maria.
Juan Domingo Perón sopportò il carcere, la sua Patria in mano a forze politico-militari-sociali corrotte e un lungo esilio, coronato però da un trionfale ritorno in patria sul finire del 1973, qualche tempo prima che morisse. La pensava in grande, alle volte forse troppo: vedasi ad esempio il suo sogno di restaurazione imperiale panlatina e cristiana, America del Sud e vecchia Europa uniti contro gli opposti imperialismi, il capitalista affamatore, il comunista ateo e materialista. Ma il mondo non poteva accorgersene, le tensioni della Guerra Fredda avevano seppellito anche le speranze e i sogni sotto la minaccia degli attacchi atomici. Evíta, ambasciatrice del peronismo nel mondo, dal suo viaggio in Europa sul finire degli anni ’40 in nome della tercera posición, non cavò un ragno dal buco.
Ma ancorché pensante in grande, il Generale mai lo fece a detrimento del popolo, anzi: sempre in suo nome, per il più grande fine dell’argentinità.
Luca Lezzi alterna prosa letteraria e scientifica: quest’ultima poiché laureato in Scienze Politiche e fine conoscitore degli antimperialismi, sui quali ha all’attivo una pletora tra articoli e saggi; la letteratura perché, quella che leggerete, è anche una favola: la favola di Juan Domingo, Evíta, e la loro Argentina. Ma non loro perché se l’erano presa, ma bensì essa si era loro donata spontaneamente!
Un’ultima cosa: la dottrina politica figlia della vita e delle azioni di Juan ed Evíta ha naturalmente un nome ufficiale, ma esso non è quello col quale l’abbiamo fin qui menzionato, peronismo, bensì Giustizialismo. Ma fa nulla, poiché il figlio devoto che viene chiamato dal conoscente col nome del padre, non può che andarne fiero.
Alberto De Marchi