Luca Vaglio è uno scrittore e poeta che vive a Milano. Scrive di letteratura per diverse testate, tra cui Il Foglio, Gli Stati Generali, Forbes Italia e La Balena Bianca. Ha pubblicato il romanzo Il vuoto (Morellini Editore, 2019) e le raccolte di poesia Milano dalle finestre dei bar e Il mondo nel cerchio di cinque metri, entrambe per Marco Saya Editore, nel 2013 e nel 2018.
Pane e Castagne – presentato in esclusiva per Satisfiction – è il racconto di un’insubordinazione tenera. Corsaro, in sella alla sua bici, il protagonista traccia un itinerario contro le leggi vigenti. Esce nella notte alla ricerca di un’evasione, di un contatto con la bellezza. È una cena di Natale che assomiglia a quella di certi pastori, semplice e all’addiaccio. Osservando i riflessi della Luna sull’acqua. È un viaggio fino alle radici, un tornare a casa con rinnovata sorpresa, per scoprire quanto il fiore, che si contorce in cattività, ci assomiglia. E perché ci sono sentimenti che sono edera e altri margherita, alcuni sono da cogliere e altri da sradicare.
Pane e castagne è stato scritto accogliendo una proposta condivisa da Filippo Tuena nel gruppo Facebook “Cena di Natale”.
Pierangelo Consoli
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Pane e castagne
Di notte fuori da Milano la temperatura scende di almeno due gradi. È come se la natura riguadagnasse lo spazio che le sottraggono il cemento, i gas e la concentrazione di vite umane della città. La variazione termica è percepibile anche adesso che la città è quasi paralizzata e che tutti sono chiusi in casa per decreto. Sono uscito dopo l’una, quando i controlli di vigili e polizia diventano più rarefatti. Dopo quell’ora restano in pochi a sorvegliare le vie principali. Per essere più sicuro di non essere fermato ho fatto un giro largo e, dopo essere passato dietro al Parco Trotter, ho iniziato a costeggiare il naviglio della Martesana. Amo molto le notti di Luna crescente. Così, ho deciso di uscire. O, forse più precisamente, di evadere da casa mia. Per fortuna il mio principio del piacere a volte sa essere più forte della paura del dolore. Non sono bastati a trattenermi il rischio di dover pagare una multa salata e di rimanere agli arresti domiciliari per almeno due settimane. Tra poco il naviglio, che qui corre lungo l’Adda, si interromperà. Fino a Lecco dovrò seguire il fiume. Mentre pedalo piano sento il salire rumore calmo dell’acqua che fluisce pochi metri sotto di me. Smetto di pedalare e chiudo gli occhi per qualche secondo. Mi sembra di percepire una vibrazione costante e sottile. Forse è la nota del cosmo, il suono continuo della Terra che attraversa e unisce me e ogni altra molecola intorno. Ci sono giorni d’estate in cui partendo da casa mia ci metto meno di quattro ore per arrivare a Lecco in bicicletta. Ma questa notte me la prenderò più comoda.
Tra non molto, quando mi sarò inoltrato ancora un po’ nella Brianza, in questa terra di mezzo aperta e insondabile, ricca e uniforme, che divide Milano dalle Prealpi, mi fermerò a mangiare. Sono felice di aver avuto il coraggio di regalarmi questa notte all’aperto. Avverto di essere al tempo stesso intimamente in relazione con tutto quello che mi circonda e immerso in una solitudine più vera di quella che avrei sperimentato tra le mura di casa. Nello zaino ho una decina di caldarroste, una barretta di cioccolato fondente, qualche fetta di pane e una bottiglia di acqua da mezzo litro. Poco lontano da qui, nel Santuario della Divina Maternità di Trezzo sull’Adda, c’è un dipinto, realizzato all’inizio del ‘600 da GianStefano Manetti, che raffigura la Madonna mentre allatta Gesù. La vicinanza di una Madonna del Latte, come un significato ancorato a qualche andito profondo della mia psiche, all’inconscio o a una memoria che riverbera dall’infanzia, mi commuove e mi consola. Per questo insieme di cose, e per altre ancora che non oso provare a sondare, la mia cena di Natale può essere e consumarsi soltanto qui. Dopo aver mangiato mi fermerò a osservare i riflessi della Luna sull’acqua. Cercherò di dimenticare questa stagione strana. Immaginerò un’altra vita per il tempo che verrà. Una vita senza paura degli altri e del futuro. Mediterò per almeno mezz’ora. O forse più a lungo, fino a quando ne avrò la forza. Poi, riprenderò a pedalare. Senza fretta, ma con un passo regolare. Aspetterò che arrivi l’alba a rischiarare il fiume, gli alberi e il mio sentiero. A far brillare la rugiada e le nuvole sospese sui monti. A quel punto mancherà poco. Sarò quasi arrivato. In anticipo sui controlli della mattina. Farò una sorpresa ai miei, come una sveglia che squilla prima del previsto. Entrerò in casa all’improvviso, come un messaggero inatteso che viene da lontano e porta buone notizie. Saranno contenti di rivedermi.
Luca Vaglio