“Senza eccezioni/in ciascuno/si annida/un deserto, /un silenzio/che prepara”. Questi versi appartengono al libro “Sul deserto” di Luigi Lo Cascio (Edizioni Volatili, 2022 – I Cervi Volanti – Collana di scritture poetiche a cura di Giorgiomaria Cornelio e Giuditta Chiaraluce). Una raffinata e colta prova d’artista intorno all’estensione del riflesso, rovente e commosso, della materia emotiva. Le partiture visive di Giuditta Chiaraluce accompagnano l’inquietudine del testo e fondono la sostanza significativa dell’intuizione, della cornice creativa.
Luigi Lo Cascio abita il deserto come luogo dell’anima, prende congedo dalle parole, scolpite nella forma di un lungo, ininterrotto monologo poetico, per ascoltare la tentazione di un tempo sgretolato dagli sguardi incrinati sull’inesorabile solitudine, immerge la sospensione temporanea delle ombre nel respiro elevato dell’essenziale. Riscrive la traccia silenziosa di ogni sorte, nella vaghezza inafferrabile della fatalità, oltrepassa il cammino nell’invisibile suggestione degli assalti del mondo, dilata il rivestimento vulnerabile dell’esistenza, nel perimetro difensivo dell’identità. Si interroga sulla forma originaria del tragitto intimo, prosciuga l’orizzonte dell’assenza “Le perdite/non sono mai/definitive, /mai i congedi, /le stragi/da finimondo/o i semplici/entusiasmi/di questi/ furiosi/pezzi/in collisione….”. La capacità di misurare artisticamente lo stare al mondo coniuga la necessità di una sublime e contemplativa riflessione. “Sul deserto” esprime la tragica fragilità umana, interpreta l’estrema comprensione della testimonianza inevitabile di tutto ciò che incombe, con tormento, sulla caducità della vita, descrive ogni delicato e coraggioso requisito sensibile, evoca la consapevolezza del dolore e dei desolati interrogativi, accerchia il saccheggio della coscienza. Luigi Lo Cascio solleva lo sconforto, elogia l’energia taumaturgica e indomabile dell’uomo, l’illimitata inclinazione dei mutamenti consacrati al sincero impulso del cuore, destinati a consegnare la superficie della rinascita, nella solidità interiore, mostra il cavo cristallizzato dalla transitoria dinamica del divenire.
Il testo racchiude la stratificazione del mistero umano e risponde al comandamento resistente della natura, trascina la deriva delle attese, estrae l’attraversamento del vuoto, rivela la lesione delle assenze, ispirate lungo il tragitto ostinato delle occasioni. Fluisce nella protezione di ogni nascondiglio del pensiero, di ogni presenza evocata nella concezione lineare dei sentimenti. La poesia incrocia il territorio del costante e incalzante suggerimento spirituale, comunica la rocciosa e impervia finalità espressiva delle emozioni, abbraccia la fenditura dell’esitazione, il pertugio dell’arrendevolezza, risveglia l’impulso indomabile della finitezza umana spogliandolo del suo distacco.“E più ancora/è la roccia/che parla/di un’anima/di pietra/e t’introduce/nel tuo indocile/ deserto”. Luigi Lo Cascio dona un’infinita esegesi nella simbologia esistenziale dell’intensità e della saggezza, sostiene l’arricchimento morale degli uomini quando accolgono la verità senza inganni e illusioni. Riversa nella trasposizione elegiaca lo smarrimento delle destinazioni, leviga la distorsione della fugacità. “Non esistono/luoghi/da raggiungere./Siamo noi/costantemente/visitati, /noi stazioni/e snodi/ di passaggio”. La suggestione del frammento depone il carattere struggente del finale, oltre la provvisorietà, in empatia con il disincanto, congiunge la vastità universale del commiato “Senza fare domande, /ci accompagna, /un giorno/in silenzio/ci lascia./Avrà in bocca/per noi, /in quell’ora, /l’ultimo fiato/che ha scucito/al mondo”.
Rita Bompadre