Esiste la memoria collettiva e la memoria personale che però forse sono una soltanto.
La grande scrittrice francese Lydie Salvayre pone proprio questo quesito in un romanzo che si direbbe storico e che, invece, è anche un romanzo personale, di memorie familiari.
Non piangere è romanzo stilisticamente perfetto, pulito, che si legge con estrema semplicità, con una narrazione avvincente come può essere Cent’anni di solitudine, ma legato a fatti realmente accaduti.
La Salvayre interroga sua madre, che tutti chiamano Montse, una donna che lei assiste, molto vecchia, che ha dimenticato tutto, tranne l’anno più bello della sua vita, tra il 1936 e il 1937, anno di fermento politico, dove i proletari e i contadini imparano cosa sia il comunismo, cosa potrebbe essere, e si interrogano, discutono, imparano a leggere e a sognare, mentre l’incubo della Falange non è ancora arrivato del tutto. E mentre i preti sperano che arrivi in fretta, il popolo, invece, no.
Per rimarcare l’oscillazione tra ricordo personale e ricordo collettivo, oggettivo, Lydie Salvayre chiama in causa un altro testimone, più autorevole, uno scrittore, Bernanos, che da questo periodo di grande sbandamento, per fare la propria parte, per non sentirsi meschino e coinvolto, scrive Grandi cimiteri sotto la luna.
Bernanos è un intellettuale cattolico, oggi si direbbe che era un conservatore, che era di destra, ma era soprattutto, Bernanos, è un uomo di principio. Nel 1936 è in Spagna, lontano dal paesino dove vivono Montse, suo fratello José e Diego, che di José è sempre stato rivale e che finirà con lo sposare sua sorella in un matrimonio non proprio d’amore, Bernanos si rende conto, a un certo punto, dei crimini perpetuati dai falangisti, crimini tanto efferati quanto gratuiti e dell’atteggiamento del Clero nei confronti di questi crimini. Bernanos è inorridito dalle benedizioni ecclesiastiche elargite per coprire ideologicamente e eticamente questi crimini. Grandi cimiteri… è il suo libro più cupo, il suo libro inevitabile, quello in cui non fa sconti a nessuno. Racconta cosa avvenne, cosa vide e, per questo, decise poi di lasciare la Spagna prima e la Francia poi, perché compromesse con il fascismo. E come Bernanos, anche Montse dovrà scappare dalla Spagna. L’arrivo dei falangisti, la vittoria di Franco, porterà a tremende rappresaglie. Montse, suo marito Diego e suo fratello José erano notoriamente comunisti e anche su di lei e su sua figlia, grava una colpa politica che può portarla alla morte. Così lascia il paese e ripara in Francia, dove la Salvayre cresce, diventa straniera, medico, psichiatra e poi grande scrittrice.
Ma prima che perdere ogni cosa diventi inevitabile, c’è il racconto, il cuore di questo romanzo, la grande estate del 1936, quando Montse e José scappano di casa, vanno a Barcellona e assistono allo spettacolo di una città libera, ribelle, dove tutti sembrano amarsi alla follia, dove si discute fino al mattino di futuro e di sogni. Una città che a Montse sembra bella come una canzone partigiana, bella come la libertà.
Suo fratello José, si inebria a sua volta dello spirito internazionale, delle fanfare e dei drappi rossi alle finestre ma capisce in pochi giorni che tutti quei ragazzi, arrivati da ogni parte del mondo per formare un esercito, non hanno nessuna speranza.
La bellezza di questo romanzo sta proprio nei continui rovesci che ci vengono proposti. Non c’è nessuna retorica.
Lydie Salvayre ci racconta l’inadeguatezza della resistenza, quanto fosse armata male e addestrata peggio, di come questi ragazzi fossero mandati al macello.
José si pente di essere partito e torna al paese, torna al lavoro nei campi. Montse resta ancora per qualche giorno e conosce un soldato francese, un rivoluzionario con cui passa una notte soltanto prima che lui parta per non tornare. Incinta, anche Montse torna e sposa Diego.
Riassumere oltre la trama di questo libro, potrebbe togliere il piacere della lettura e mi fermo.
Quello che mi rimane da dire è che non a caso, con questo libro, Lydie Salvayre vince il premio Goncourt. Se avete amato Terra e libertà di Ken Loach, i racconti partigiani di Fenoglio, in Non piangere troverete una storia simile, le stesse atmosfere, ma raccontate con una pienezza che nessun film potrà mai restituirvi, solo la grande letteratura.
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Pierangelo Consoli
Non piangere, Lydie Salvayre, Prehistorica editore 2024, traduzione di Lorenza di Lella e Francesca Scala, Pp. 225, Euro 18