Umanità. Poteva essere un titolo alternativo, oppure un sottotitolo, della raccolta di poesie di Montibeller. Perché il libro sembra ruotare proprio intorno a questo concetto.
Per gli esseri umani la questione dell’identità non è puramente biologica. Non si tratta di sapere a quale specie si appartiene e quali sono le caratteristiche di questa, ma anche di sapere se i rapporti che ogni essere umano ha con la propria specie siano simili a quelli che tutti gli altri esseri viventi hanno con la loro specie. Mentre l’identità personale riguarda un solo individuo, l’identità umana è propria di tutti gli esseri umani.1
Il riconoscimento o l’attribuzione agli esseri umani del modo d’essere come persone, a differenza della stessa soggettività, mette in discussione il loro rapporto con la specie umana. In quanto appartenente a una specie ogni uomo è una istanziazione, più o meno riuscita, di un modello biologico, ma in quanto persona non è un «caso di» una generalità, bensì l’esistere della generalità stessa tutta in un solo individuo.2
Non si può riportare un’esperienza umana a una sola chiave di lettura, va sempre osservato il tutto con lo sguardo rivolto alla dimensione globale degli esseri umani. Ed è proprio quello che sembra aver fatto l’autore nelle sue poesie.
Nebbiosi nella prefazione descrive i testi poetici di Montibeller come immagini che trascendono le parole e rimangono vive e attive nella psiche. Immagini di natura, contesti affettivi, amori diversi.
Sono immagini di vita che raccontano l’essere umano e la sua natura nella natura.
Per noi europei la condizione generica è sempre stata l’animalità: tutti sono animali, solo che alcuni (esseri, speci) sono più animali di altri. Noi umani siamo ovviamente i meno animali di tutti. Dal nostro punto di vista. Nelle mitologie indigene, al contrario, sono tutti umani, solo che alcuni di questi umani lo sono meno di altri. Tutti gli animali hanno un’anima antropomorfa: il loro corpo, in realtà, è una specie di abbigliamento che nasconde una forma fondamentalmente umana (con un’anima). Noi occidentali invece pensiamo di indossare vestiti che riescano a nascondere una forma essenzialmente animale.3
Montibeller sembra voler mettere a confronto diretto l’essere umano concreto e l’essere umano come categoria.
«La natura è data all’uomo come un problema, alla cui soluzione egli si sente altrettanto attratto, quanto ne viene respinto.[…] La natura, secondo il concetto, passa in qualcosa di superiore, l’anima e il corpo, si dice, si separano; ma ciò che si separa è, secondo il concetto, un identico nella differenza.»4
Segnata dalla fisicità, l’anima compare ai suoi inizi come uno spirito naturale, ma il compiersi della sua ragione si dischiude nella fatica di abbassare il corpo a sua rappresentazione e suo segno.5
Lo stesso dualismo si ritrova nelle poesie di Montibeller, spesso applicato ai concetti di concretezza e spiritualità dell’essere umano.
«Nell’immediato del sorriso con cui ti schiudi al mondo tu sei la vita stessa e non lo dici: non hai bisogno di racconti per esserne sicuro.»
Nel libro di Montibeller ritorna il concetto di vita come viaggio e di viaggio come vita. Tra gli esempi più eccelsi sicuramente il viaggio dantesco della Commedia e quello di Ulisse nell’Odissea, ma numerosi sono stati gli studiosi che hanno indagato il senso del viaggio e della vita.
Il viaggiatore ricerca un luogo dove si possa sentire a casa, perché difficilmente vuole lasciare del tutto la propria vita alle spalle. Il viaggio, quindi, deve prevedere un ritorno. Alla fin fine rappresenta una ricerca volta alla conoscenza di se stessi. Un viaggio che potrà essere uno spostamento fisico oppure mentale.
Il viaggio dell’autore somiglia a una narrazione biografica in forma poetica strutturata secondo un preciso ordine cronologico scandito da punti fermi che sembrano pietre miliari e invece sono traumi o grandi dolori, perdite, mancanze, privazioni, tormenti. Un cerchio che racconta la vita e si cinge intorno a essa. Un viaggio attraverso il dolore che l’autore compie alla ricerca di se stesso certo ma, soprattutto, della ragion di essere, di esistere.
«io ora ti rievoco in questi fogli che non mi abbandonano, riemersi da un’infinità di tempo, proprio nel giorno del tuo addio.»
Anche il titolo scelto dall’autore è molto evocativo: lo zaino in spalla rende proprio l’idea di una partenza che vuol essere avventura, liberazione, allontanamento ma cha lascia intravedere i segni di una ribellione veloce a scemare. Basti pensare a Tamura Kafka, protagonista del romanzo di Murakami Kafka sulla spiaggia, il quale, zaino in spalla, decide di allontanarsi di casa e intraprendere il suo viaggio nel quale tutto quello che sembra dovuto al caso si scopre poi essere il suo destino. Lo scontro generazionale con il padre e la volontà di far luce sui troppi segreti e misteri famigliari sono il motore della sua partenza ma la volontà di scoprire se stesso sarà la vera forza della narrazione e della vicenda.6
Con uno zaino sulle spalle si può girare il mondo intero, senza limiti e senza freni, ma ci si può anche rendere conto presto della necessità di avere delle ancore di salvezza. Affetti, punti fermi, ricordi e tramonti che aiutano a trovare o mantenere la speranza di ricostruire la propria vita, rigenerare un’esistenza scalfita e scolpita dal dolore.
La teoria del nuovo verso formulava la necessità di permettere a ogni poeta di concepire in se stesso il suo verso o la sua strofa originale, e di trascrivere il suo ritmo proprio e individuale, invece di indossare un’uniforme tagliata in precedenza che lo riduce a non essere che il discepolo di qualche glorioso predecessore.7
Il verso utilizzato da Montibeller è sempre libero. Le sue composizioni sono difformi sia nella lunghezza del verso che in quella della strofa. L’irregolarità della struttura ritmica viene però compensata dalla regolarità del pensiero che sottostà alle parole e che guida il lettore lungo tutta la raccolta.
Non si conosce il motivo della scelta dell’autore, se dovuta a scarsa conoscenza della metrica oppure alla volontà precisa di modellare il proprio pensiero senza costrizioni, come affermato da Kahn. Certo è che il ritmo dei suoi componimenti è dettato dalle emozioni, dalle sensazioni, dal dolore e dalla sua narrazione. Quasi uno sfogo che serve in primis all’autore per ritrovare se stesso e la sua connessione con la vita. Il lettore viene poi ed è libero anch’egli, come il verso, di interpretare e valutare in base a gusti e conoscenze. Di analizzare e riflettere su fragilità, debolezza, difetti e imperfezioni di questa comune umanità.
Irma Loredana Galgano
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Marcello Montibeller, Lo zaino in spalla, Ensemble, Roma, 2023. Prefazione di Gianni Nebbiosi.
1F. Viola, Umano e post-umano: la questione dell’identità, in F. Russo (a cura di), Natura cultura libertà, Armando Editore, Roma, 2010.
2F. Viola, op.cit.
3E. V. De Castro, Lo sguardo del giaguaro. Introduzione al prospettivismo amerindio, Meltemi Editore, Milano, 2023.
4G. W. F. Hegel, Filosofia della Natura. La lezione del 1819-20, Franco Angeli Editore, Milano, 2007.
5M. C. Benedetti, Naturalità e corporeità nella filosofia di Hegel, in Etica & Politica / Ethics & Politics, XIII, 2, 2011.
6H. Murakami, Kafka sulla spiaggia, Einaudi, Torino, 2008.
7G. Kahn, Premiers Poèmes, Wentworth Press, Londra, 2018.