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Marco Dell’Acqua anteprima. Milano, in tutti i sensi

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In questo libro non troverete solo dati e nozioni ma anche l’amore per Milano e la sua sana frenesia, capace di inondarvi come un fiume in piena di racconti che lasciano il segno nell’anima e nel cuore. Come in una piacevole passeggiata, scoprirete angoli della città che hanno scritto pagine di storia importanti, a loro volta interpretati e quasi reinventati dalla penna dell’autore che scava nel passato, nel presente e ha un’abilità tutta sua di sondare il futuro.” Così scrive il grande fotografo Andrea Cherchi, capace come pochi di rendere classiche delle fotografie istantanee di Milano, nella prefazione a “Milano in tutti i sensi.” scritto da Marco Dell’Acqua per Laurana editore e di cui offriamo un “assaggio”. Uno scrittore capace di aver pubblicato, sempre per Laurana- una realtà editoriale che, grazie all’intuito e al coraggio di Lillo Garlisi e Giulio Mozzi, ha scoperto autori e romanzi diventati di culto-. Dell’Acqua ha scritto con l’anima nella penna e il cuore nell’inchiostro un romanzo come “Sono nato dopo mio figlio” dove il protagonista racconta la sua vita di trentottenne che si trova all’ improvviso ad affrontare un tumore senza sapere se potrà raccontare la sua lotta al figlio che sta per nascere. Il protagonista ci riuscirà ed è Marco Dell’Acqua che, anche grazie a quella esperienza, ci fa assaporare non il solito libro sulle storie presenti e passate di Milano, ma ci conduce in una Milano nascosta. Attraverso i cinque sensi, al quale ogni capitolo è dedicato, riscopriamo Milano e i suoi personaggi. Nel capitolo del Gusto, ad esempio, si parlerà di Alessandro Manzoni che aveva una passione per la cioccolata calda e un fornelletto in camera da letto per potersela cucinare appena sveglio; nell’Udito verrà citato il citofono a forma di orecchio proteso verso la città del palazzo Liberty di via Serbelloni 10; nel Tatto c’è l’Istituto dei ciechi di via Vivaio, il primo a utilizzare l’alfabeto braille; e poi ancora per la Vista i tanti monumenti storici, per l’Umorismo Jannacci, Cochi, Renato, Dario Fo e Gaber e per l’ultimo senso, la Solidarietà, le tante storie di riscatto e aiuto dei cittadini milanesi. Nel libro ne sono citate diverse: un esempio sono gli studenti della Bocconi che hanno progettato un’ app per aiutare l’associazione Pane Quotidiano a ottimizzare il ritiro degli alimenti da distribuire alle famiglie in difficoltà.

Un libro necessario perché come scrive Gian Paolo Serino “Marco Dell’Acqua è un autore necessario: uno scrittore che ci ricorda come scrivere non sia pubblicare ma donare a chi legge.” 

Nancy Citro 

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b. Il caffè

A Milano non c’è il mare, ma ci sono le tempeste olfattive provocate dalle torrefazioni. Tempeste dalle quali rischiamo di rimanere travolti e incantati; al confronto il canto delle sirene è un giochino per bambini.

Il profumo del caffè è l’assassino perfetto per le resistenze alle tentazioni, tra l’aroma della tostatura, quello della macinatura e quello che arriva dal nettare servito nelle tazzine; roba da svenimenti che nemmeno di fronte al proprio idolo.

Il caffè ha una forza simbolica enorme, il caffè è amicizia, è condivisione. Offrire un caffè, prendersi un caffè insieme a chi ci piace è, al tempo stesso, un rito e un atto di generosità.

Più o meno sono questi i principi che hanno animato anche la rivista “Il Caffè” dei Fratelli Verri alla fine del Settecento. Il nome del periodico faceva riferimento al locale inteso come caffetteria (Botteghe del caffè) in cui sedersi e, mentre si beveva il prezioso liquido, da poco importato dai mercanti arabi, si poteva conversare e leggere il giornale.

Sono passati oltre due secoli dalla nascita della rivista ma il caffè come piacere della vita non è sembrato risentirne. Anzi, sono nati nuovi modi di prepararlo e di gustarlo. Per vivere un’esperienza sociale e sensoriale il posto giusto è la Torrefazione Vercelli nel corso omonimo, sempre là, allo stesso indirizzo, uguale a se stessa. La ricordo sin da quando ero bambino, quando tostavano i chicchi direttamente in negozio.

La sua miscela bar arabica 100% è la formula magica per la felicità.

La Torrefazione Vercelli è la meta delle mie passeggiate mattutine e, mentre cammino per raggiungerla, non vedo l’ora di arrivarci. Quando entro scambio due battute: mi piace farmi raccontare la stravaganza delle ordinazioni e, intanto, mi godo il mio caffè proprio come Walter del Grande Lebowski.

Ma non ci vado solo per bere il caffè, sarebbe banale: ci vado perché è un mio posto dell’anima.

Per questo motivo quando voglio portare qualcuno nel mio mondo, o quando devo vedere una persona a cui tengo in modo particolare, mi presento con un paio d’etti, macinati per la moka, della mia miscela preferita. Il profumo che esce dal sacchetto è in grado di svegliare chiunque ed è un buon modo per farsi ricordare.

La capacità di innovare e la velocità di preparazione hanno fatto di Milano la capitale indiscussa del caffè espresso.

Qui è nata la prima macchina per prepararlo: nel 1901 Luigi Bezzera brevetta il primo geniale marchingegno, ma è nel 1906, durante l’Esposizione Universale, che ci fu la sua consacrazione.

Per avvicinarci ai modelli che vediamo oggi si è dovuto aspettare qualche anno: nel 1927 fu presentato un primo brevetto alla camera di commercio, seguito nel 1936 da quello per il metodo detto “rubinetto a stantuffo per macchina da caffè espresso”, la macchina diffusa in tutto il mondo.

Cimbali, Faema, Rancilio, Gaggia sono tra i produttori più famosi, tutti originari di Milano.

I baristi milanesi, grazie alla tecnologia delle macchine di ultima generazione, riescono a smazzare un numero impressionante di tazzine a velocità supersonica, e lo fanno riuscendo tenere a mente le infinite variabili, accresciutesi nel corso degli anni.

Le combinazioni, bisogna dirlo, vanno dal classico al ridicolo.

Non basta più ordinare un caffè, bisogna aggiungere normale per distinguerlo dal lungo, dal ristretto, dal macchiato (caldo o freddo, con latte a parte), dal decaffeinato, dal marocchino, dallo schiumato, dall’americano (con acqua calda a parte), dal Montecarlo (con un ciuffo di panna montata) dallo shakerato gelato (con o senza vanilla), dal caffè freddo. Le variazioni sul classico come si vede sono già moltissime (in alcuni bar ci viene anche chiesto il tipo di miscela, arabica, robusta, blended?

Il cappuccio (a Milano c’è qualcuno che lo chiama cappuccino?) invece si propone con cacao, con cannella, tiepido, poca/tanta/senza schiuma, freddo, per passare al latte macchiato (addirittura troppo semplice nella sua solitudine).

A questo menù si sono aggiunte le varianti al caffè stesso come l’orzo, il ginseng o le alternative del latte: mandorla, avena, soia, etc.

Infine, c’è il capitolo recipienti, in tazza grande, piccola, calda, fredda (giusta, come direbbe il Signor G.), al vetro. Per chiudere con zucchero di canna, bianco, miele, dolcificante (la stevia è l’ultima novità). Parafrasando Tom Hanks in C’è posta per te, ordinando al bar possiamo migliorare la consapevolezza di noi stessi perché per 1,20 euro abbiamo la possibilità di prendere un gran numero di decisioni.

E tutto questo anche senza passare da Starbucks (a Milano c’è quello più grande d’Europa in piazza Cordusio),

Il caffè espresso dovrebbe mantenere sempre la sua semplicità, ed essere schietto, vero, tonico.

Un’altra proprietà del caffè è quella di essere un’unità di misura: la quantità di miscela in chicchi consumata nel corso di una giornata determina se un bar è di successo o meno.

Il tè è un altro piacere per il naso. Se siete appassionati e se volete provare qualcosa di speciale, e magari accoppiare una tazza di Lapsang Souchong a un buon libro, non potete non andare da Bibliothe & Co in via Dezza. L’esperienza vale una visita.

Sempre sentendoci un po’ segugi, rischiamo di andare in tilt quando passiamo vicino alle innumerevoli pasticcerie meneghine, soprattutto nel periodo in cui fanno il panettone.

Il profumo dell’impasto che cuoce dentro i forni è irresistibile, ma ancora non è niente.

Il buono arriva appena dopo aver tagliato la prima fetta, in quel momento possiamo aspirare (sia in senso respiratorio sia in quello di raggiungimento di qualcosa di veramente speciale) al massimo. Come durante una spirometria l’aroma si schianta nel nostro impianto olfattivo, e ci fa naufragare dolcemente in un mare d’oro, profumato di uvette e canditi. Irresistibile.

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Marco Dell’Acqua, Milano, in tutti i sensi, Laurana Editore, 296 pagine, 15 euro, https://utmotribute.blogspot.com/

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