Assolutamente da leggere.
Parla d’arte, ma non solo.
Parla di tutti noi, di ciò che siamo, come lo siamo diventati ed i meccanismi che ci hanno portati fino a qui.
Parla di un mostro avido, quello economico, che si é appropriato di tutto, incluso la cultura, accaparrata secondo i metodi usati nel Land Grabbing.
Conquistata passo a passo, centimetro per centimetro dalle moine lascive di chi muove l’economia e attraverso un branding spietato che l’ha resa popolare ed omologata su scala globale, esportata come la Coca Cola o un qualsiasi film di Hollywood.
Leggendo “Manuale di Guerriglia Artistica” non ho potuto non ricordare un’analisi interessantissima letta qualche anno fa, quella di Giorgina Adams in “Dark Side of the Boom” (Johan & Levi Editore, 2019) perché in maniera chiara e lucida Marco Meneguzzo dettaglia ed analizza tutta una serie di fenomeni che appaiono come conseguenza diretta dei comportamenti bulimici figli e servi una certa cultura occidentale. Quella cultura yankee capace di trangugiare tutto, anche l’opera di chi dissente, di cui la strana storia di Diego Rivera e la famiglia Rockefeller é un esempio lampante.
E se é vero che, un uomo con buone intenzioni ma con troppo potere può diventare il peggiore dei tiranni, é altrettanto vero che un artista, cedendo alle gratificazioni economiche, facilmente si piegherà alle richieste del sistema a scapito di una ricerca che risponda alle domande, alle necessità, a tutto quel tessuto di esigenze che l’hanno portato a intraprendere quel cammino.
In definitiva, a scapito della propria libertà.
Parafrasando Gaber in un noto discorso presso il Teatro Bonici di Cesena nel non troppo lontano 1996: supponiamo che un artista sia un artista di qualità, mettiamo anche che si voglia mantenere a livelli alti, quanti lo potranno capire? Pochi, pochi ma buoni. Eh no! nell’arte ci vogliono i numeri… Bisogna aumentare il pubblico, bisogna scendere alla portata di tutti, bisogna adeguarsi! Ed una adeguatina oggi, ed una adeguatina domani…
Il resto lo conosciamo.
D’altronde “La forza del mondo” é sempre esistita e sempre esisterà, pensare che sia possibile una rivoluzione in questo senso e che questa rivoluzione non venga assimilata velocemente, digerita e strumentalizzata dal potere come avvenne per il muralista messicano, é utopia e mancanza di realismo.
E quindi, rispondendo a Marco, forse ingenuamente o semplicemente da un punto di vista limitato e particolare, il mio, forse la vera guerriglia non gioca più in opposizione al potere e nel campo da gioco da lui determinato, ma negli anfratti, in quegli spazi in cui il potere non é riuscito ancora a far breccia. Nell’educazione familiare, nei rapporti di amicizia, negli studi degli artisti, le sale prova dei musicisti e nei bar démodé degli scrittori. In una società altra, di persone che ostinatamente inseguono i propri sogni e si sostengono nonostante le differenze, anzi sostengono proprio quelle differenze che, mettendo in dubbio delle presunte verità, stimolano il pensiero ed ad una costante rivoluzione.
Una rivoluzione che non ha bisogno di bruciare spazzature o imbrattare quadri nei musei, una rivoluzione innanzitutto della propria anima e che non so se, prima o poi, cambierà il mondo, ma cambierà noi e ci renderà forti della nostra umanità.
Perché in fondo, manifestare il proprio “astioso disagio”, é una grande tentazione. Una tentazione che sembra messa lì apposta, ad assorbire le nostre energie ed il poco tempo che abbiamo. Quelle stesse energie che dovremmo destinare ai nostri sogni affinché la nostra vita abbia un senso e faccia di noi persone migliori.