Agli “invisibili”, fratelli e sorelle/ di generazione, che non presero la parola”. La dedica in intestazione al libro di Maria Pia Quintavalla “Estranea (Canzone)” (Puntoacapo Editrice, 2022 pp 110 € 15.00) occupa il significato sensibile e struggente del vincolo fraterno e solidale alla vocazione poetica. Un omaggio fondamentale per ricomporre la solidarietà della scrittura, per rintracciare la reciproca voce e donarla a chi non l’ha mai avuta. La nuova edizione del libro, a ventidue anni dalla sua prima uscita, riveduta e ampliata, riempie lo spazio di una acuta dialettica, incrocia una colta abitudine a destreggiare una profonda eloquenza, argomenta la prospettiva sapiente delle parole. La scrittura di Maria Pia Quintavalla incontra intonazioni esistenziali, congeda la riflessiva e ricercata pienezza dei ricordi, analizza la complessità universale dei legami emotivi, dilata l’animazione ricorrente della memoria. “E di già intenta ad occupare un/ giusto posto nel mondo continuamente oscillato/ e calpestato (perfino nelle fresche ombre) da/ mani cieche e dure che/ ordivano disegni strani e ostili/ e ordinavano in silenzio altre/ avventure avvenute delusioni del/ domani relegate da perfidissimi/ passati”. I testi aggiungono linfa vitale all’intensificazione del linguaggio, racchiuso nell’andamento mutabile del tempo, in relazione tra gli intrecci del canto elegiaco e i confini del senso di estraneità. Maria Pia Quintavalla ascolta la celebrazione della rivelazione, ne riconosce il passaggio esegetico, imprime l’unicità di ogni evocazione, ricorda l’insegnamento letterario della complicità contemporanea tra la sfuggente intenzione di ogni sensazione e l’invito cifrato della contemplazione. “Ma qui si va/ tra la perduta gente, di là fra la beata/ beata, di qui c’è il centro, là il moderno/ e qua il sicuro, ridacchiavano/ i più, rimaneggiando cartelli e indicazioni”. La poetessa attraversa il luogo delicato delle ombre, consegna la resistenza della realtà al desiderio luminoso della continuità, indugia sulla sopravvivenza necessaria della poesia come profetica origine di salvezza, identifica il segno premonitore del destino, il flusso divinatorio di elementi stilistici e di contenuti essenziali per rappresentare la nobile attitudine di un discorso condiviso. “Che cosa del dolore – intenso e/ suono – le avrebbe più nutrite, / se pur le voci piccole/ e segrete, morse/ rifacevano canzone”. Maria Pia Quintavalla avverte la simbolica presa di coscienza di una efficace capacità di decifrare il mondo, di iscrivere la commovente storia del presente con un corredo di vocaboli e di capacità espressive di confine, in bilico sull’estensione del territorio spirituale, varca il rilievo dei sogni e guarda al miracolo della rinascita, nella regione dell’identità. “E sola, (la vita sola) ricca di nuovo/ solforata e stabile/ (stagione) di campi e piane, di/ mercati e bestie, modi che/ a dirsi nuove, padanamente/ assise intorno a centro piazza/ acuta di memoria e annuvolata”. Una permanenza del vivere impressa nel segno di una funzione in accordo con la volontà di percepire la presenza della sorellanza e di oltrepassare la venatura contrastante dei sentimenti. “Estranea (Canzone)” diffonde l’esercizio erudito della conoscenza, indaga sugli avvolgimenti del distacco, dispone la sospensione del dolore, nutre l’autonomia della tecnica, nella materia viva del congedo dell’anima. “Seduti e non più visti, ma/ rimasti, a presto dire o a presto/ senza più non dire, visionare/ di silenzio dicente, di acqua statica/ impostura”
Rita Bompadre