«Cerco storie, mi attardo a ripensare, ipotizzo personaggi, perdendo il mio volto e ritrovandolo, ogni volta. Esco fuori di me e poi rientro nelle mie trame interiori, ne intesso di nuove e mi stupisco io stessa dell’autonomia sconcertante che assumono gli uomini e le donne che creo: vivono di vita propria, ciascuno mi somiglia un poco, ciascuno è quello che avrei voluto essere o quello che io mai sarei diventata. […] Anche la mia scrittura deve ripartire da nastri di luce per trovare il ritmo giusto, deve, in pratica, riscoprire il valore della leggerezza di cui parlava Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane. Un manifesto d’amore verso l’arte e la vita che ritorno a leggere periodicamente». (dal racconto L’acchiappasogni)
I racconti di Maria Pia Romano (Donne in apnea, Il Grillo Editore) sono racconti come lei stessa definisce di «piccole eroine normali». In ogni racconto viene descritta la vita di una donna che dopo le premesse iniziali riesce a rivendicarsi con consapevolezza. Le donne descritte infatti non sono donne aristocratiche ma dieci donne semplici impegnate non tanto nel perpetuare l’immagine della donna che dà piacere all’uomo quanto all’impegno nella conquista dei diritti, come il diritto al lavoro, alla cura e alla parità dei ruoli.
Elisa, Pamela, Benedetta, Bianca, Daniela, Flaviana sono esempi di donne che vivono l’epico tentativo della felicità nella società moderna con le contrarietà politiche ed economiche che evidentemente presenta. Nessuna tra queste riesce a entrare nell’alta società e a ricoprire un ruolo che realizzi del tutto la loro condizione. Eppure queste sono donne sono vincenti: cercano di vincere la paura per esporsi all’esterno, alla collettività, e tentano di affermarsi nonostante l’implicita sfiducia in alcuni casi dal risvolto quasi comico.
Il tentativo di Romano è raccontare con empatia e complicità, così anche le sue protagoniste sono spesso empatiche e leggere. Nessuna tra queste donne è vittima, i loro sguardi sono liberatori e le pretese sempre pratiche. Il disagio è raccontato con umorismo e leggerezza, e spesso l’integrazione della donna è vissuta da una prospettiva individualistica.
Rosalba ha trentacinque anni e scrive storie, «sono una donna d’inchiostro e non so dove finisce la mia pelle e inizia la carta. Forse neanche io sono reale, come non sono reali i personaggi che mi invento. Sono l’acchiappasogni nel cerchio delle storie: nelle notti magiche di scrittura l’inchiostro allontana le energie negative e di giorno vibro libera e leggera, come una piuma», aggiunge «alle promesse di un futuro rassicurante davanti alla tv con marito e figli, per ora preferisco le mie schizofreniche solitudini creative davanti a una tazza di thè. Mi piace non dover far conto a nessuno, gestire le mie voglie di scrittura o di lettura in totale libertà. Una volta ho avuto un uomo che mi dormiva accanto e che non voleva che io leggessi libri dopo aver fatto l’amore, perché gli dava fastidio la luce accesa: ho cacciato l’uomo di casa, per poter finire il libro che avevo sul comodino in santa pace. Meglio un compagno fedele sul comodino, che sa aspettarti senza mugugnare, che una speranza di compagnia tra le lenzuola, che pretende le tue attenzioni a tutte le ore. Poi però ho pianto, perché non cedere ha il suo prezzo e anche la casa vuota, a volte, è una cosa che pesa».
Rosalba è un esempio quindi di «redenzione, fascino intellettuale». Nell’era dell’immediatezza è difficile che ci si trovi di fronte a ragioni tradizionali (il desiderio di avere un figlio, una famiglia felice) che pure si riscontrano in molte donne incontrate nei racconti da Maria Pia Romano.
Si tratta di vite di donne pragmatiche che non offrono soluzioni originali, può capitare a tutti di incontrare una di loro nel treno, mentre passeggiano o al bar. Donne diverse tra loro ma accomunate da un processo sempre reale: cercare di avere una visione positiva della realtà.
Questo potrebbe essere controtendenza dal momento che l’esperienza di molte donne romanzate non si esplica in una lettura psicoanalitica o politica. Le donne di Maria Pia Romano sono donne che amano stare in vita rispecchiando il costume e la società di una Italia meridionale con una marcata differenza tra la cultura e la natura.
Nessuna di queste donne si pone a modello; il filo conduttore e la trama tra le vite è evidentemente la denuncia di una esperienza di sacrificio, o di vittoria, dove però anche la vittoria è impossibile da comprendere pienamente perché privata e abituale, senza alcunché di straordinario. Maria Pia Romano ci invita a riflettere sulla felicità: un argomento difficile che necessariamente apre a divagazioni teoriche, le lettrici sono capaci a comprendere la sua scrittura perché è spigliata, attuale.
Come si possa conservare quel senso di sorpresa anche dietro a vite semplici sta anche alla scoperta della narrativa: la fama letteraria è forse il caso che rappresenta di più l’ideale e la felicità che viene dalla scrittura. Le donne di Maria Pia Romano non sortiscono mai effetti stranianti, ogni riferimento è d’accordo con il piano possibile.
Ed è proprio questa precisazione, quella delle cose concrete, a fare in modo che non ci siano contrasti interiori se non quelli evidenti e non ci siano pretese a meriti se non per quelli trasparenti, chiari, assunti dalla comunità come accettati e quindi possibili.
Sabatina Napolitano
Recensione al libro Donne in apnea di Maria Pia Romano, Il Grillo Editore, 2019, pagg. 104, euro 14.