Esistono generi musicali che per questioni contingenti – a sé stessi o alla famigerata “critica” – raramente hanno goduto di buona pubblicità; se però, parte di questo mondo musicale sommerso ha ad un certo punto deciso di uscire dal ghetto cui era stato da altri confinato, un’altra porzione – per certi versi più numericamente nutrita dell’altra – ha scelto invece di erigere mura ancor più alte, robuste ed invalicabili a protezione di quel famigerato ghetto, che in tal maniera ha preso a divenire una scelta esplicitamente voluta, non più un’imposizione!
E il genere musicale su tutti da far appartenere a questa categoria è il Black Metal, “la musica del demonio”, tecnicamente evoluzione (anche se non in pochi lo definiscono degenerazione) del thrash metal di fine anni Settanta, inizio Ottanta, in un profluvio di chitarre zanzarose e blast beat di batteria selvaggi, voci pulite quasi mai pervenute e tematiche trattate ben particolari, anche se non completamente nuove alla musica estrema.
Chiaramente, anche tal genere è andato incontro ad una certa qual evoluzione: dai padri nobili Hellhammer/Celtic Frost, Venom e Bathory, considerati un po’ i fondatori ma che mai si sono definiti esplicitamente black metal (eccezion fatta, forse, per gli ultimi citati e verso fine carriera) fino a giungere all’apice (in positivo e negativo assieme) della scena scandinava la prima metà degli anni Novanta (la stessa casa editrice di questo testo, Tsunami, ha dato alle stampe nel 2011 Lords of Chaos: La storia insanguinata del metal satanico, a firma Michael Moynihan e Didrik Søderlind, saggio che procede ad un’analisi del genere musicale partendo dagli atti criminosi compiuti da membri di band di metal estremo contro cose o persone, col corollario, ben analizzato senza mai cadere nello scandalistico, delle ideologie di destra radicale di cui molti di quei ragazzotti erano così evidentemente imbevuti; tematica trattata più nello specifico, sempre dalla solita casa editrice, un paio d’anni dopo, in un corposo saggio a firma Davide Maspero e Max Ribaric, Come lupi tra le pecore – Storia e ideologia del Black Metal nazionalsocialista).
Successivamente alla caduta del genere nel fiume dell’ignominia, specialmente in seguito a determinate dichiarazioni (che si possono leggere, insieme a moltissime altre, nei due testi sopra citati) e azioni, alcuni gruppi decisero di scavalcare il muro del ghetto per provare a vivere di quella musica: con tematiche e arrangiamenti un po’ “alleggeriti”, a partire dalla fine degli anni Novanta si sono visti i primi gruppi di blacksters pubblicati da etichette major della discografia (che intelligentemente avevano subodorato la possibilità di allargare così il proprio range di acquirenti) e partire per tour mondiali, con pachidermiche strumentazioni, palchi immensi e stuolo di roadie al seguito.
Anche l’Italia, terra per antonomasia sensibile alle arti in ogni loro forma, può vantare un discreto numero di neri sacerdoti della ninfa Euterpe. E la meritoria opera di Fonataine e Mastrangeli, entrambi a proprio agio in equilibrio su quel sottilissimo filo che passa tra la divulgazione e il libro per addetti ai lavori, ci accompagna nei meandri del black metal tricolore strutturando la narrazione all’interno di cerchi ispirati a quelli dell’Inferno dantesco, riuscendo senz’altro a convincere il lettore giunto alla fine delle quasi 400 pagine che la nostra Penisola non è patria soltanto del bel canto e che le rime tra sole, cuore e amore erano inflazionate già negli anni Ottanta.
I cerchi sono in totale nove, il primo tratta delle band nate in suolo italico tra 1980 e ’83, l’ultimo di quelle che videro la luce (anzi, che pervennero all’oscurità) tra 1999 e primissimi anni del terzo millennio: più di vent’anni di musica raccontata, anzi, fatta raccontare direttamente dalle produzioni artistiche, dalle dichiarazioni e dalle gesta degli 82 gruppi censiti. Gruppi che, in buona parte, tuttora stanno proseguendo la propria attività artistica, alcuni semper fideles al true black metal chitarra, basso e batteria, altri presto (o quasi subito) attirati dal surplus che possono fornire anche alla musica dura tastiere e sintetizzatori, virando quindi sul sottogenere del symphonic black metal (ritenuto un tradimento dai puristi); altri ancora estremizzarono ulteriormente la propria eresia, approdando a o contaminando il black con generi di tutt’altra origine come il noise, l’ambient, le power electronics (senza tener conto del sempre maggior interesse dimostrato nei confronti di generi musicali “di derivazione rock”, dal più classico hard al gothic, passando per death metal e grindcore).
Anche l’utilizzo delle voci ben presto si differenziò, tra band che mantennero esclusivamente quelle “sporche” in growl e scream e altre che addivennero presto alle clean vocals, e anche all’inserimento di vocalità femminili; addirittura, i gruppi più legati all’identità tricolore, iniziarono a far uscire prima qualche canzone sparsa, poi, via via, interi album in lingua madre! Si giunse anche alla suddivisione interna della scena black metal italiana, e ad emergerne furono due: la scena dolomitica e quella mediterranea.
Alcune tra le band analizzate fra queste pagine sono riuscite a spegnere le 30 candeline in anni di attività, ma non mancano neppure le meteore misteriose come il progetto sondriese Sagatrakavashen (nome dalla sanguinosa ascendenza indù), palesemente ispirato alla one man band Burzum di Varg Vikernes (noto alle cronache anche per ragioni extra-musicali).
Poi certo, lo spirito d’emulazione, per certi versi anche comprensibile all’interno di una scena che – ad ogni latitudine geografica – della non accettazione (data e subita) ha fatto una bandiera, ha comportato la nascita, anche qui in Italia, di “coordinamenti” tra band mosse dagli stessi intenti, di qualunque tipologia essi fossero; e quindi, al di là delle già menzionate scene basate sulla provenienza geografica particolare, soprattutto il quinquennio 2003-2008 ha conosciuto l’attività della Black Metal Invitta Armata, “sodalizio […] nato con l’intento […] di recuperare, preservandoli, taluni retaggi culturali italici, in primis le derivazioni dannunziane ed evoliane” (e già da questa associazione di visioni si dovrebbe avere ben donde che le scelte “ideologiche” erano innanzitutto opzionate per attirare l’attenzione e far parlare di sé, dal momento che difficilmente le due posizioni menzionate, ispirate dai due autori di cui facilmente si riconosce l’identità, possono essere fatte collimare) ma idealmente ispirato all’Inner Circle norvegese attivo all’incirca per tre anni a partire dal 1991, fortunatamente però limitandosi all’imitazione delle pose true, sostituendo il satanismo del “boss” Euronymous (chitarrista e fondatore dell’essenziale black metal band Mayhem) ed il paganesimo norreno con riferimenti per la verità un po’ meno sbracati all’esoterismo, all’occultismo e alla tradizione romano-italica e senza certe partecipazioni ad atti criminali (al di là delle dichiarazioni rilasciate, ma che possono essere fatte afferire al primo punto di contatto coi norvegesi).
Succulenti i riferimenti degli autori a quegli oscuri casi di cronaca italiani che, per forza di cose ma il più delle volte erroneamente, sono stati considerati legati a filo doppio alla musica metal, come quelli dei Bambini e delle Bestie di Satana, ma il meglio di sé ritengo essi lo abbiano dato nelle interviste, sia quelle all’interno della trattazione dei singoli gruppi che quelle “indipendenti” dalla narrazione, dando prova di attitudine giornalistica e conoscenze musicali immense. Il sottoscritto è rimasto particolarmente estasiato dalle menzioni ai gruppi che potremmo definire appartenenti all’ “ala intellettuale” del black metal tricolore, in particolare gli agrigentini Inchiuvatu, gli alessandrini The Magik Way e i bolognesi In Tormentata Quiete, ma credo che ciascuno possa trovare fra le pagine di quest’imponente tomo la propria guida oscura per i meandri della musica estrema.
L’ultima chicca, a cesellare il tutto, sono le immagini a corollario del testo: foto di pagine di fanzine, immagini di copertine di album, band in posa o catturate durante un live; ovviamente, il tutto rigorosamente in seppia: non c’è spazio per nessuna luce fra queste pagine!
Alberto De Marchi
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Mariano Fontaine, Cristiano Mastrangeli, “Infernum Metallum – Storie e Leggende del Black Metal in Italia”, Tsunami edizioni 2022, 390 pagine, 25 euro