Se una delle qualità della scrittura è quella di indurre il lettore alla riflessione, il libro di Marina Brognoli “Il destino, a volte, non c’entra” edito nell’ottobre scorso da A.Car. Edizioni, pag. 113, euro 12,50, si presta allo scopo.
Già dal titolo l’attenzione è rivolta sul ruolo del destino che, pur con la consapevolezza di come sia presente nella storia di tutti noi, spesso è sopravvalutato e diventa alibi per giustificare i nostri errori. Troppe sono le scelte dettate da interessi personali, da obiettivi finalizzati a lucrare persino sulla vita di poveri innocenti.
Per mettere in evidenza quest’ultimo aspetto ecco l’autrice riportare alla memoria, avvalendosi di documenti e articoli corredati da fotografie di quotidiani del periodo, un evento tragico avvenuto nel porto di Ravenna il 13 marzo 1987 che causò la morte di tredici operai.
Attraverso la narrazione fatta da un personaggio di pura invenzione, così da dare al libro un taglio che sta tra il reportege e il romanzo, Alessandra, giovane inviata di una nota testata giornalistica, ci rende testimoni diretti della tragedia che si sta consumando nei cantieri Mecnavi sulla nave cisterna Elisabetta Montanari, adibita al trasporto di gas GPL e ferma per lavori di manutenzione.
Fumo, fiamme e inalazioni di sostanze tossiche non lasciano scampo a coloro che, in condizioni disumane, distesi sulla schiena o sul ventre fino a dieci ore al giorno, lavorano nei doppi fondi della nave per raschiarne le pareti e rimuovere i residui di combustibile e di ruggine.
Secondo la legge umana, erano uomini, padri, mariti, figli, cugini, amici, tutti disposti a svolgere un lavoro sporco, rumoroso all’interno di cunicoli bui e stretti, con un’altezza massima di 80-90 cm.
Sembra essere tornati indietro ai tempi della rivoluzione industriale. Niente è cambiato. Lo sfruttamento di manodopera a basso costo e altissimo rischio è il medesimo.
Molta agitazione accomuna i dirigenti della Mecnavi in cerca di allontanare ogni responsabilità, ma, dopo solo pochi rilevamenti fu chiaro come il problema era dettato dal fatto che in quell’istante più squadre fossero al lavoro in contemporanea, cosa che non avrebbe dovuto essere. Purtroppo la realtà era che funzionava così; i lavori dovevano essere portati avanti:minimo costo, massima resa.
A caccia, sempre e comunque, del maledetto profitto.
Una giornata così ingiusta – la definisce Alessandra e la sua visione della vita cambierà per sempre.
L’opinione pubblica ne rimane sconvolta, ma l’orrore e la rabbia sono destinati a diluirsi con il trascorrere del tempo.
Sono passati degli anni e il problema della sicurezza su molti luoghi di lavoro esiste ancora visto che puntualmente si registrano “morti bianche” che potevano essere evitate.
Ora sicurezza, –dichiara l’autrice- per me non significa solo “strumento di tutela per la persona”, ma nella sua accezione più ampia, significa consapevolezza, conoscenza, attenzione, professionalità, cultura.
Ecco dunque il contributo che la lettura di questo libro può dare nel sensibilizzare ognuno verso la lotta per un mondo migliore. Agire in quella direzione è una nostra responsabilità e dobbiamo essere grati all’autrice che ci invita a farlo.
Carla Magnani