Un amico mi ha citata Marina Frajese. Chi è Marina Frajese? La domanda suona un po’ come «CHI È TATIANA?». Vi ricordate il pezzo comico di Gabriele Cirilli? L’attore che recitava nelle vesti di una ragazza coatta della borgata di Roma: «Tatiana è l’amica mia grassa, tarmente grassa che quanno se sdraia diventa più alta! Tatiana è l’amica mia grassa, tarmente grassa che è l’unica che non è ancora entrata in Europa: nun ce passa, è rimasta incastrata alla dogana». Ecco, a dire il vero mi aspettavo una risposta simile davanti alla mia completa ignoranza, perché, essendo io nata negli anni settanta, mi sono trovata impreparata su una delle prime signore del porno italiano. Pertanto, per colmare la mia lacuna, sono subito corsa ai ripari cercando in rete. Vi assicuro che Marina non è grassa, non è coatta e non è mai rimasta incastrata alla dogana! Marina Frajese, o Marina Lotar o Marina Chantal (pseudonimi di Marina Hedman Bellis), oggi dovrebbe essere una signora di 76 anni, di origini svedesi, poco più vecchia dei miei genitori. Una nonna arzilla che vanta la fama di star del porno nostrano. Chissà se c’entrano le sue origini nordiche o il modello di educazione svedese a fare di lei una professionista dell’hard? Quando inizia la carriera sono i primi anni settanta, periodo non facile per l’Italia. Sono anni di lotte, rivendicazioni e di crisi. Nel 1976 si interrompe il matrimonio con il giornalista e conduttore televisivo Paolo Frajese, il primo cronista ad arrivare in via Fani il 16 marzo 1978. Suo, infatti, è il racconto del rapimento dell’onorevole Aldo Moro in un unico e drammatico piano sequenza diventato simbolo di un’Italia attonita di fronte alla violenza. Marina, di origine svedese, è una donna avvenente, libera, lontana dallo stereotipo di madre italiana. Questo è il momento, infatti, in cui il Paese inizia a fare i conti con forti cambiamenti culturali: tramontano le ideologie e l’entusiasmo innocente del Sessantotto; il femminismo si fa più radicale e ci si avvia verso gli anni di piombo. I movimenti femministi ribadiscono nettamente la differenza tra maschile e femminile e, alle rivendicazioni di uguaglianza, definiscono il ruolo della donna nel processo storico con un diritto di esistenza autonoma. Ormai non è più sufficiente lottare per l’aborto libero, ma si discute per rompere il legame tra sessualità e maternità. Si pretende, insomma, il piacere. Così, mentre tra il ’76 e il ’77 una nuova generazione di militanti credeva di sovvertire la società con la rivoluzione, Marina, dopo due figli e la separazione dal giornalista Rai, abbandona il nido per dedicarsi alla carriera di fotomodella e attrice di softcore. Nel film La pretora (1976), commedia erotica di Lucio Fulci, con protagonista la provocante Edwige Fenech, Marina si accontenta ancora di un ruolo secondario. Grazie al film Emanuelle in America (1976) di Joe D’Amato, inizia la sua brillante carriera. Il vero salto di qualità è dato, però, dall’incontro con Luca Damiano. È un sodalizio importante come si evince in un’intervista riportata su https://www.youtube.com/watch?v=WrzmUY2GpxM dove Damiano ne ricorda la professionalità e l’eccezionale carica erotica istintiva.
Con lo pseudonimo di Marina Lotar o Lothar, diventa protagonista di numerosi film a luci rosse a partire dalla fine degli anni ’70. Nel 1979, infatti, è nella pellicola Immagini di un convento, il primo hard destinato al mercato italiano. La trama si fa presto a raccontare: un guazzabuglio di suore cha cadono preda a forti pulsioni tanto da preferire la tentazione della carne al tabernacolo. Se questo film desta soprattutto curiosità presso l’opinione pubblica, Marina e la sua bestia (1984) fa clamore in quanto l’attrice, offrendo le sue attenzioni allo stallone Principe, svela l’esistenza di quel tipo di parafilia definita zooerastia. La stessa Hedman, in un’intervista rilasciata poi all’Europeo nel 1981, si difende dalle accuse di maltrattamento di animale, dichiarando che la famosa scena in realtà era stata tutta finzione.
Che sia stata anche una brava attrice è evidente soprattutto dai numerosi ingaggi per film di registi importanti come Dino Risi in Primo Amore (1978) e Federico Fellini in La città delle donne (1980) o per commedie come Fantozzi subisce ancora (1983) e Amici miei – Atto III (1985). Ma nel 1984 decide di compiere una scelta radicale dedicandosi solo al porno fino al 1991, anno del ritiro dalle scene. Perché ho voluto scrivere di lei? Perché è una figura non banale, che ha attraversato un momento della storia italiana dimostrando un grande coraggio. Dotata di temperamento radicale e determinato, ha vissuto momenti di transizione dei costumi, di trasformazioni sociali, diventando testimone e testimonianza inconsapevole dell’evoluzione della donna. Nella sua carriera ha compiuto certamente scelte ardite e trasgressive, spingendosi fino ai limiti del lecito; ha sfidato sprezzante la morale comune con quella limpida coerenza che le ha permesso di scomparire dopo il ’91 senza destare scandalo o illazioni. Non a caso, infatti, Carlo D’Amicis, nel suo romanzo Il gioco (Mondadori), la ricorda come una donna colta, informata e intelligente che ha scelto di vivere la sua avventura.
Bibliografia:
Luca Falciola, Il movimento del 1977, Carocci editore, 2015
Deborah Ardilli, Manifesti femministi. Il femminismo radicale attraverso i suoi scritti programmatici (1964-1977), Morellini editore, 2018
Monica Galfrè e Simone Neri Serneri, Il movimento del ’77. Radici, snodi, luoghi, Viella, 2018
Teresa Bertilotti e Anna Scattigno, Il femminismo degli anni Settanta, Viella, 2005
Ilaria Cerioli