Il 28 marzo uscirà L’ultima ombra d’estate, (Piemme Edizioni, 2023, pp. 272, € 18,90) il giallo di esordio di Mario Mattia. L’autore esordiente racconta la storia di Marco che viene mandato in vacanza estiva dai parenti dopo un anno di manifestazioni studentesche e risse coi fascisti che lo hanno portato al Tribunale dei minori.
Questa estate tranquilla viene turbata dalla morte di un piccolo proprietario terriero della quale viene accusato un contadino confinante. Il giovane Marco, lettore appassionato di Sciascia e coinvolto in una storia d’amore con Tiziana, non è convinto delle accuse e inizia un’indagine personale per scovare l’assassino di Totò Frangipane che lo porterà a scoperte dolorose. È un libro interessante dove il protagonista si fa carico della disgrazia di un pover’uomo, un colpevole perfetto, già condannato dalla società perché proveniente da generazioni di uomini abituati a subire. È un libro sul riscatto perché il protagonista non si rassegna all’ingiustizia e alla sconfitta dei deboli. Un libro che insegna quanto sono importanti la curiosità e la voglia di reagire anche se certe risposte le può dare solo il tempo.
Carlo Tortarolo
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Totò Frangipane si ferma a guardare per terra e vede una fila di escrementi di pecora che, sotto l’ombra di un carrubo, si allarga e aumenta di numero e densità.
Scuote la testa e stringe forte le mascelle. I muscoli del braccio si tendono sotto la camicia bianca e agita il pugno in aria. Poi s’incammina sul sentiero che porta alla salita verso il poggio, appena visibile tra due massi.
Sotto ai suoi scarponi il terreno argilloso si sfarina e, appena comincia il tratto più ripido, è costretto, con piccoli calci, a piantare per bene i piedi sulla roccia gessosa.
Si ferma per prendere fiato e asciugarsi il sudore con il fazzoletto che gli pende dai pantaloni. Due grosse gazze s’alzano in volo da una macchia di vegetazione a qualche decina di metri da lui.
Un riflesso argentato le ha spaventate.
Strizza gli occhi cercando di scrutare tra i rami degli olivastri, accartocciati dal caldo e dalla siccità.
Ricomincia a camminare, alzando piccole nuvole di polvere giallastra a ogni passo.
Quando raggiunge il filare di mandorli sulla cima del poggio, si mette le mani sui fianchi e si guarda intorno. Il silenzio è rotto solo dal frinire delle cicale. Steli violacei di cardi appassiti e agavi con le foglie verde pallido sono le uniche note colorate sul pendio coperto di terra bruna.
Rumore di erba secca calpestata alle sue spalle.
Sorride. Si passa una mano sulla faccia sudata, si gratta la fronte e si volta.
La smorfia di stupore dura pochi istanti. Un oggetto color argento fa calare la notte intorno a lui. Pochi attimi
prima di gridare. Una macchia rossa squarcia il buio, le braccia mulinano cercando di afferrare l’oggetto che lo sta colpendo sulla testa, sulle braccia, alle gambe. Un colpo più forte degli altri lo sbilancia di lato e lo fa cadere. Con la mano si toglie il sangue dagli occhi e l’ultima cosa che vede sono gli steli di erba bruciata che ha davanti a ciò che resta del suo naso.
Poi l’urlo, orribile, lungo, feroce.