Prende l’abbrivio da una dichiarazione programmatica Oltrepassare, ultimo libro di Martino Ciano pubblicato da A&B edizioni del gruppo Bonanno, in libreria da pochi giorni:
Oggi inizio a scrivere una storia, forse realmente accaduta, forse inventata. Non lo so! Non rivelo neanche il mio nome. Non ho bisogno di un’identità, tantomeno dei lettori. Per quale motivo a qualcuno dovrebbe interessare un cumulo di righe, di parole, di verbi, di frasi che si sforzano di creare un senso? Non voglio dare un senso alle cose, preferisco l’abbrutimento della ragione e ridere, fino a soffocare, della gente che si dispera perché non trova più il filo della razionalità. Sarò semplicemente il narratore, colui che sa più di tutti, più di quanto si possa immaginare.
È a questo regista-grande burattinaio che affida, per chi avrà cura di comprenderlo, il racconto della breve vita di Emma, ragazza calabrese, e della sua sparizione, del suo attraversare lieve le vite altrui, del suo oltrepassare.
Attraverso la voce del suo unico narratore Ciano lo farà nel modo meno lineare possibile: deflagrando l’ordito della trama, inserendo allucinazioni lucidissime, storie altre che faranno parte del vissuto della protagonista, ma potrebbero anche non esserlo, costringendo il lettore a proseguire nella lettura che si fa incalzante, a precipizio.
La storia, in breve, è quella della fuga di un’adolescente dal paese natio verso una città che la inghiotte. Cosa sarà successo alla ragazza partita per Roma per studiare e per cominciare una vita lontana, nella dolorosa ammissione del padre finalmente salva perché distante da una terra bellissima ma maltrattata da chi la amministra e stuprata da abusi edilizi? Perpetrati, peraltro, da parenti e conoscenti di generazione in generazione, eredità malsana, in una promiscuità morale inevitabile, corrotta e corrompente, da personaggi come lo zio cretino che amava farsi chiamare imprenditore edile, che cinque anni prima di quel giorno aveva avviato la sua ditta tramite cui, per cinque anni, ha mollato mazzette a sindaci, consiglieri comunali, provinciali e regionali di mezza Calabria. Con una quinta elementare, una scrittura da sismografo scassato e un cervello che lo teneva sveglio la notte, aveva costruito il suo impero. Fumava Camel Light, accatastava progetti, sputava fumo, tracciava linee, tagliava un pezzo di salsiccia fresca, beveva un bicchiere di vino, preparava pacchettini di soldi che sigillava con elastici verdi. Quando il sole sorgeva, nella sua mente già aveva alzato muri di case e palazzi. Non temeva la galera, per mettersi al sicuro dalle sirene della Guardia di Finanza o della Dda aveva ristrutturato le ville dei Supremi Giudici della provincia. Logicamente a sue spese.
Personaggio emblematico e odioso, lo zio cretino è un predatore che finirà in una sorta di contrappasso preda lui stesso della furbizia di una sprezzante donna dell’Est pronta a prosciugargli il portafoglio.
Paiono di odio, le parole di Martino Ciano per la sua Calabria (che ben conosce e dove è noto, oltre che come scrittore, anche come apprezzato giornalista radiofonico): sono, invece, un grido di amore, e di quello più puro, si fanno forte affermazione per rivendicare tutto il bene e la dignità che questa terra meravigliosa merita. E non è un caso che siano proprio queste le pagine migliori di questo romanzo sperimentale che spiccano fra continue digressioni che digressioni non sono perché sempre riconducono centripete a Emma, fragile radice centrale di tutto.
Il colto narratore innominato di Ciano ipotizza, si apre a apparenti divertissement, raccoglie fili, propone epiloghi non definitivi, mai consolatori, soprattutto mai risolutori: perché, dichiara l’autore in quarta di copertina, attraversiamo una vita che è un sogno e ogni nostro risveglio è solo una caduta che ci stordisce, che ci fa piombare in un altro sogno. Oltrepassare è quindi accettare il destino e accettare è come fare luce sulle ombre che ci perseguitano.
Anna Vallerugo