Pubblicato per la prima volta in Italia nel 1958 e ristampato da Adelphi Edizioni nel 2020 nella collana “gli Adelphi”, Tokyo Express (Ten to sen) di Matsumoto Seichō si configura come un romanzo complesso dalla sintassi essenziale, tutto giocato sulla cronologia. Al suo interno i passaggi narrativi si ispirano a una sorta di chiarificazione zen, che procede per avanzamenti, cesure e retrocessioni della verità sino all’epilogo risolutore, quasi si trattasse di una analisi al microscopio capace, dopo molti cambi di vetrini e varie messe a fuoco, di catturare l’amalgama cellulare sino ad allora sfocato, svelando l’interazione molecolare e l’esatto moto cinetico.
Siamo in Giappone negli anni Cinquanta, il paese è sulla strada di uno sviluppo vertiginoso, il capitalismo impera, la corruzione dilaga. Seichō delinea la figura di Yasuda Tatsuo, imprenditore modello di quegli anni rampanti, inappuntabile nei modi, cinico e baro negli affari, fornitore in varie commesse pubbliche. Lo mostra avventore di un ristorante rinomato a Tokyo, servito da geishe inappuntabili e tenute alla massima discrezione, tra cui svetta per bellezza e modi la giovane Otoki, la preferita di Yasuda.
Un giorno invita inaspettatamente due delle cameriere a pranzo fuori. Durante il pranzo le due geishe notano che Yasuda è stranamente ansioso, non fa che controllare l’orologio, dice che deve prendere il treno per Kamakura a una certa ora per far visita alla moglie Ryoko, malata di tubercolosi, e non vuole fare tardi. Alla fine del pranzo pretende che le due donne lo accompagnino alla stazione dove come per caso intravedono Otoki in compagnia di un uomo, mentre i due salgono in un treno espresso diretto ad Hakata. Una settimana dopo Otoki e l’uomo, il cui nome è Sayama, verranno trovati morti sopra una scogliera nella cala di Hakata, in apparenza morti per suicidio a causa di una dose di cianuro. La polizia di Fukuoka archivia il caso come suicidio, non ci sono dubbi.
Da qui parte una inchiesta che vede protagonisti due investigatori caparbi e meticolosi, i quali metteranno in dubbio la versione ufficiale del suicidio. Per Torigai Jutaro, investigatore navigato e indolente, sempre dimesso nell’aspetto, e per il giovane azzimato collega di Tokyo Mihara Kiichi, qualcosa non quadra. Se i due, intravisti alla partenza da Yasuda e dalle due geishe, sono arrivati con il medesimo treno da Tokyo perché mai Sayama, funzionario di un ministero al centro di una inchiesta per corruzione, ha cenato da solo nel vagone ristorante? Perché è rimasto cinque giorni chiuso in albergo in attesa di una telefonata? E perché se n’è andato precipitosamente, lasciando una valigia? Ma soprattutto: dov’era intanto lei, la presunta amante, la seducente Otoki? Inoltre, perché Yasuda si fa accompagnare a pranzo e poi alla stazione dalle due ragazze, quasi a usarle come testimoni? E proprio nell’unico lasso temporale di quattro minuti per cui era possibile intravedere dal binario 13 il binario 15, dove Otoki e Sayama si avviavano verso il vagone? Perché l’alibi di Yasuda, che alla data della morte dei due giovani si sarebbe trovato ad Hokkaido per affari, viene subito confermato dal caposezione ministeriale Ishida di cui Sayama era un fido subordinato, entrambi sotto inchiesta per corruzione?
Noir dal dettato ossessivo perché l’intera indagine si incentra su orari e nomi di treni e aerei, svelando una macchinazione perfetta che ruota intorno a manciate di minuti, ad alibi costruiti col cesello, a complicità di alto livello, a testimoni a favore o inconsapevoli o capziosi, a manomissioni documentali impalpabili, soprattutto affidando la verità ai luoghi comuni, alla facilità con cui si arriva alle conclusioni, ragione per cui la verità sarà sempre indistinguibile. Il tutto manovrato e calibrato da una mano invisibile e insospettabile, da un talento diabolico e sovrumano che ha in spregio la vita.
«Le persone tendono ad agire sulla base di idee preconcette, a passare oltre dando troppe cose per scontate. E questo è pericoloso. Quando il senso comune diventa un dato di fatto spesso induce in errore» scriverà Torigai Jutaro al suo collega.
Questo superamento di una convinzione tenace perché basata sull’evidenza apparente dei fatti o sul si dice, le continue correzioni e affinamenti dell’indagine e dello stesso modo di riflettere investigativo, la caparbietà ossessiva con cui si cercherà la verità, i continui spostamenti da una città all’altra per verificare ogni minimo dettaglio, saranno il leit motiv della narrazione. Per cui Mihara Kiichi potrà concludere l’inchiesta, non senza arrendersi a zone d’ombra e di impunità sistemiche.
Marcello Chinca Hosch
Recensione del libro Tokyo Express (Ten to sen) di Matsumoto Seichō, Adelphi edizioni 2020, pagg. 175, € 12,00