I monti Adirondack, nell’entroterra dello stato di New York, sono un luogo impervio e deindustrializzato, arrugginito dalla crisi come la Pennsylvania di Philipp Meyer e gli Appalachi di Chris Offutt e Ron Rash. Eppure la gente che popola le sue pendici un tempo occupate da fabbriche e da stabilimenti ben avviati, non si abbatte, continua a mettere su famiglia e a tirare avanti con lavori stagionali, col turismo (Lake Placid è da quelle parti), e tanta solidarietà. La storia di cui sto per parlarvi ci porta proprio in mezzo a queste montagne, tra persone semplici, uomini e donne che si rimboccano le maniche e si divertono con poco: quattro palloncini colorati, qualche birra, hamburger ben cotti, vecchie melodie country sulle quali ballare. La serata organizzata in favore di Susan serve a finanziare un viaggio di oltre duemila miglia e a chiudere il cerchio del tragico destino che l’è piombato addosso vent’anni prima. Fino ad allora Susan poteva dirsi una donna felice insieme a suo marito Danny e alla piccola Amy. Chi poteva immaginare che di lì a poco tutto sarebbe precipitato: lo stupido equivoco con Lenora (la madre di Susan che si distrae con uno due tre fidanzati), il messaggio lasciato sulla segreteria ma ascoltato troppo tardi, e la bambina che non fa più ritorno a casa dopo essere uscita di scuola. Sono trascorsi venti lunghi anni e ora Nel North Dakota stanno per giustiziarie il Mostro che ha stuprato e assassinato Amy, e abbandonato il suo cadavere in un bosco del Vermont, poco distante dal confine.
Il viaggio solitario di Susan è picaresco, funestato da una serie di imprevisti e da tanta sfiga, diciamolo. Viaggia il corpo e viaggia anche la mente, a ritroso, tra i ricordi del passato, tra i mille se e i mille forse, i come sarebbe stato, i purtroppo. Della famiglia di Susan non resta più nulla: Amy è morta, Danny come se lo fosse. Susan no, sulla sua vita è calato definitivamente il sipario, ma – fermi tutti – un dettaglio apparentemente marginale potrebbe riscrivere la storia del delitto, forse archiviata con troppa approssimazione, imprudenza, pregiudizio? Forse. E allora la lunga odissea di Susan verso il North Dakota si trasforma in una freemente lotta contro il tempo. Corre Susan, e noi insieme a lei.
Il nome di Matt Witten molti di voi non lo avranno mai sentito, ma se dico Dr. House, Pretty Little Liars e Low & Order?
La Collana è un page turner dal quale farete fatica a staccarvi. Vi basteranno poche ore per leggerlo tutto perché avrete fretta di sapere come va a finire. È fondamentalmente un romanzo di trama, scritto come una sceneggiatura (inventare storie per la tv è il primo mestiere di Witten), con frasi brevi, tanto ritmo e un finale mozzafiato che si ribalta più volte nelle ultimissime pagine. I temi affrontati dall’autore sono due: il viaggio, che della letteratura americana come sapete è una specie di tratto identitario; l’orrore e l’indifferenza di tanti americani rispetto alla crudeltà della pena di morte “Si prova sempre un’emozione particolare a togliere di mezzo un assassino di bambini… siamo tutti belli carichi” dice l’impiegata del penitenziario che riceve Susan nel giorno dell’esecuzione.