“Una volta la gente si imbarcava su una nave e non sapeva se sarebbe tornata. Magari non avrebbe nemmeno rivisto la propria famiglia. Quelli facevano una scelta per tutta la vita, cazzo, lì sì che serviva coraggio… la nostra non è una vera scelta. E’ come un passatempo. Alla fine siamo solo dei ragazzini che aspettano di tornare a casa.”
Bentornati a tutti coloro che leggeranno la seconda delle “Recensioni coraggiose”. Serve un coraggio di tutto rispetto per leggere “Il piano inclinato”, romanzo scritto da Matteo di Pascale e pubblicato dai coraggiosissimi editori di Las Vegas Edizioni, Carlotta e Andrea, coppia formidabile.
Provo a darvi io, cari lettori, un pochino del coraggio che serve per tuffarsi in questa storia ambientata ad Amsterdam, dove l’acqua non manca, io che con l’acqua non ho un gran rapporto. Ma fidatevi.
Il libro è a mio parere ben pensato e ben realizzato, un coro polifonico di voci giovani, di provenienza geografica molteplice, che vivono, lavorano e si divertono molto nella famosa città olandese, città della spensieratezza e del coraggio a piene mani, per eccellenza.
Il coro è in un certo qual modo diretto da Francesco, un pubblicitario da anni sulla cresta dell’onda, molto bravo nel suo lavoro, e che ha tutto quello che si può desiderare: lavoro ottimo, soldi in abbondanza, tempo libero, amici, donne, droghe e molto altro. In quell’altro ci sta una profonda inquietudine.
La vita è sempre un piano inclinato, quasi impossibile sia piatta. Il simpatico modo di dire, sdoganato dalla grande Sandra Mondaini (che vita piatta, che piatta vita), è molto usato, ma un minimo di inclinazione c’è sempre nella realtà, e l’autore ci ricorda, ad un certo punto del libro, che “tolto il sostegno, la biglia d’acciaio rotola, ed è impossibile fermarla.”
Francesco, da 5 anni in Olanda, possiamo dire che si è ambientato, ha intrapreso un percorso definito, ma… una delle sue tante amiche gli ricorda un giorno, come se ne avesse bisogno, che … “Hai tutto quello che hai sempre desiderato eppure, non sei contento.”
Francesco ha tutto, lo ammette lui stesso, ma non tutto tutto.
In Italia è rimasta Renata, in Italia è rimasto il suo grande desiderio di scrivere.
“Tutto il suo mondo (olandese) era nato da una menzogna.”
L’inerzia delle giornate, i numerosi amici, Christos, Julie, Nicky, Melissa, Giorgio, i colleghi, l’alcool, le droghe, lo cullano e accompagnano il suo auotidiano percorso. Tutti vivono in una perenne falsificata leggerezza. Si lavora, si beve e si fuma qualsiasi cosa, si scopa con chiunque.
“Avevi ragione, malaka: è tutta una stronzata qua. Non c’è niente di autentico. Tutte le donne che ho avuto erano così, come per gioco. E pure gli amici… e tutti gli altri, li conosco da anni e non saprei di che parlarci quando non siamo ubriachi.”
E Francesco non regge più il ritmo. Si ferma e si chiede “se quella fame in realtà non fosse altro che un’enorme voragine, un vuoto che riempivano di eccessi.”
Potete cercare la risposta leggendo “Il piano inclinato”, e vi invito a leggerlo con particolare attenzione, perché qua e là si parla di scrittura come attività terapeutica. E così come mi è stato insegnato da un caro amico, se la scrittura può essere si terapeutica, ma anche pericolosa, così è a mio parere per la lettura.
Torno all’inizio. Questo è un romanzo scritto con enorme coraggio, un romanzo che porta molti dei personaggi, non solo Francesco, ad un’analisi introspettiva profonda, esigente.
Non si scherza, le cose sono scritte così come stanno, Dopo la grande bugia iniziale di cui ci ha raccontato Francesco, tutto il resto che viene da dentro di sé è pura e a volte amara, ficcante verità. E i personaggi, questo è un lato bellissimo del romanzo, ad un certo punto non fingono più, cambiano, e non si fanno più abbagliare dalle lucine o dai riflessi dei canali di Amsterdam, ma affrontano la verità. Voi, siete pronti?
Ringrazio molto Matteo, ringrazio molto gli editori per quest’opera. Ci hanno regalato un romanzo giovane, positivo, realista, scritto così bene che spesso mentre leggi ti trovi ad interagire con i personaggi, vuoi dire la tua e azzardi anche l’ipotesi fantasiosa di far loro qualche domanda.
Complimenti e buona lettura.
“La stabilità perfetta è morte e l’instabilità è vita che scorre, ogni cambiamento verrà assorbito e il sistema sarà sempre in grado di riorganizzarsi.”