Hydrofracking: 1. “sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo” (Wikipedia); 2. lo spazio interiore dei personaggi di un libro (Lady Chevy di John Woods) che si agitano in un mondo sotterraneo, pieno di rotture imminenti; 3. una metafora geologica per intercettare con penna spietata il collasso di un’epoca, la nostra, dove la dipendenza dagli idrocarburi è una sentenza di condanna a morte (e non si può non pensare a Cyclonopedia di Reza Negarestani). Intanto Amy ha il culo grosso come il bagagliaio di una Chevrolet, i compagni la chiamano Lady Chevy, e anche lei come il resto del pianeta è condannata a un futuro zero, in una cittadina dell’Ohio che è la somma di innumerevoli zeri. Donald Trump non è ancora arrivato ma tutto è già quel dopo che il suo arrivo rumoroso ha spalancato, e che potrebbe finire al solito modo: “Il cadavere esala vapore nel freddo. Un’altra creatura se lo mangerà”. John Woods però ha un progetto, che non è scivolare nella debole distopia da cliché, non arriva al lettore dopo una decina di ore scarse passate su Dark o The Walking Dead. La sua idea è più atroce: vedere nell’adesso-qui della provincia americana, cioè nella provincia-Mondo, i resti di un mito di tenebra, una cosmologia notturna che non è chiaro se provenga da un passato ancestrale o da un futuro imminente. L’Antropocene, tra le altre cose, è appunto l’era di mezzo in cui il mito, qualunque cosa esso sia, riemerge dalle fratture del tempo come acqua sporca di petrolio. Ma negli strati profondi, è così che si racconta, ci sono demoni e mostri annidati che se ne infischiano dei nostri esorcismi di progresso e consolazione. Le finzioni a un certo punto crollano, crollano sempre, e no, Amy, non te ne andrai di qui, nessuna laurea in veterinaria, nessuna vita emancipata dal passato, dovrai provare a sopravvivere sul lato in ombra. E noi? In quale Ohio abitiamo?
Matteo Meschiari
John Woods
Lady Chevy
NNE