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Maura Chiulli, Nel nostro fuoco

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«Ti sei mai salvato da solo? Hai mai provato la sensazione meravigliosa di poter contare solo su di te? Hai mai potuto ringraziarti per essere ancora vivo?».

Delimitare uno spazio nel quale nessuno possa entrare, un cerchio magico, un cerchio di fuoco, che contenga al suo interno simultaneamente tutti i diversi momenti della nostra vita. È quanto sembra accadere a Tommaso nel romanzo Nel nostro fuoco di Maura Chiulli, pubblicato nell’ottobre del 2018 da Hacca Edizioni. Perché forse la vita è un guasto e non c’è soluzione se non ripetere ogni cosa ugualmente: nessuna deviazione, nessuno scarto rispetto alla media degli atti dovuti. È quello che d’altronde pensa, e come ha sempre vissuto Tommaso, facendo ogni cosa che gli altri si aspettano da lui. Essere stato un ragazzino modello per poi però un giorno scoprire di aver tradito la sua giovinezza, di non averla mai veramente vissuta, di non essere mai stato ragazzo. Prigioniero di sé stesso. È così che si sente Tommaso quando, a quarant’anni, persi entrambi i genitori, morta l’unica donna che egli abbia mai amato, angosciato dal futuro, incontra Elena, di molto più giovane di lui e apparentemente così diversa. Elena è un’artista del fuoco che si esibisce nelle strade, e Tommaso ne è attratto, perché, come gli spiega lei, il fuoco è «compassione, perdono, lunga riconciliazione, una pausa abbagliante, una folgorazione collettiva». È la prova che «il dolore esiste ed è un bene perché riporta alla realtà». E così la fiamma, letteralmente, arriva e nella vita di Tommaso si apre, luminosissimo, un varco. Perché forse il cerchio di fuoco è un cerchio magico ed esiste un passaggio, un modo per non farsi bruciare vivi. Poi il tempo passa, ma la vita sembra non fare altro che ripetere, con piccole variazioni, ciò che è sempre stata, e dall’amore tra Tommaso ed Elena nasce Nina, una bambina autistica, che non parla, che passa il suo tempo persa in un un mondo impenetrabile, racchiusa anche lei in un cerchio invalicabile. Nina è lì, accanto a lui, ma è come fosse irraggiungibile. Per Tommaso, per Elena, che rischiano di allontanarsi sempre più l’uno dall’altra. Ed ecco che allora le parti in cui è suddiviso Nel nostro fuoco, “Quello che resta”, “Quello che c’era”, “Quello che so”, si mostrano per ciò che sono: ogni volta la ricapitolazione di ciò che già siamo, di ciò che siamo sempre stati, anche quando eravamo inconsapevoli. Come se dal momento in cui siamo venuti al mondo non facessimo altro che tracciare, calcare sulla terra delle linee, dei segmenti, dei cerchi. Dei cerchi magici. Dei cerchi di fuoco.

Ecco, Nel nostro fuoco di Maura Chiulli sta tutto in questa esitazione, nel confine labile che sta nel capire se Tommaso, se Elena, se Nina – se tutti noi – tracciamo il perimetro dei nostri passi per darci lo slancio per saltare dall’altra parte e vincere per sempre la paura, o se invece lo facciamo per delimitare lo spazio del nostro essere.

«Uscì fuori e spalancò le braccia al cielo. Voleva riabbracciare quella sensazione di libertà che aveva conosciuto e che ancora doveva resistere da qualche parte, nell’aria, nell’universo. Non era abituato a guardarsi dentro, tantomeno a scegliere. Ma quel giorno la sua volontà aveva ruggito. Per sempre, questo momento sarebbe ritornato per ricordargli di cosa fosse capace. Lo sapeva, ma non importava. La primavera lo aspettava e lui voleva soltanto riprendere con Elena dal punto esatto in cui s’erano fermati. Riscrivere, riprovare, salvare. Inspirò quell’aria tiepida e restò con gli occhi rivolti al cielo, che pareva fatto d’acqua».

Maura Chiulli, scrittrice e mangiafuoco, si interessa di body art e arte performativa. Ha esordito con Piacere Maria (Editrice Socialmente, Bologna, 2010), cui sono seguiti i saggi Maledetti Froci & Maledette Lesbiche (Ed. Aliberti Castelvecchi, Roma, 2011) e Out. La discriminazione degli omosessuali (Ed. Internazionali Riuniti, Roma, 2012), e il romanzo Dieci giorni (Hacca, 2013).

Gianluca Minotti

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