“The Locked Ward: The Memoir of a Psychiatric Orderly” di Dennis O’Donnell dovrebbe contribuire a bandire i nostri pregiudizi – e le nostre paure – sulla follia.
Chiunque abbia speso del tempo in un reparto psichiatrico sa che i pazzi sono di solito molto meno spaventosi nella vita reale di quello che sono nell’immaginazione popolare. Parte della ragione di questo è che, a seconda della categoria e dello stadio di trattamento, i pazienti psichiatrici sono spesso pesantemente sedati, ma ci sono anche altri fattori: la profonda depressione tende a renderli abbastanza tranquilli, mentre comunque gran parte del tempo gli schizofrenici lo passano incollati allo schermo televisivo, o a captare messaggi da parenti morti e extraterrestri fuori dell’etere.
La notte prima che Dennis O’Donnell iniziasse a lavorare come assistente di cura nel reparto di terapia intensiva psichiatrica di un moderno ospedale mentale, sognò che di essere un ordinario in un ospedale vittoriano, un luogo “cupo e freddo come una prigione. Pazzi nudi, con le teste rasate per combattere i pidocchi, erano incatenati alle pareti… In una stanza imbottita un maniaco in camicia di forza rimbalzava sulla parete”. In breve, l’autore si trovò a condividere le stesse paure della maggior parte della gente. Eppure, nonostante i suoi incubi – e alcuni eventi abbastanza spaventosi durante i primi turni – O’Donnell, laureato in inglese e ex insegnante di scuola, ha lavorato al reparto psichiatrico per altri sette anni e, durante quel tempo, ha superato le paure iniziali e acquisito rispetto e spesso anche veri e propri sentimenti di ammirazione per quelle persone che, nelle settimane o nei mesi più bui delle loro vite, erano stati affidati alle sue cure.
(John Burnside, The Guardian, 20 gennaio 2012)