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Miguel de Unamuno. La zia Tula

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Miguel de Unamuno è stato uno dei più grandi scrittori che la Spagna abbia avuto. Un dissidente che ha saputo muovere critiche sia alla Monarchia che al regime di Primo de Rivera e che ha pagato con l’esilio le sue irremovibili posizioni.

Unamuno era un uomo orgoglioso, come lo sono spesso i baschi. Nato nel 1864 ha avuto, tra gli anni dieci e i venti del novecento, il suo periodo di massimo splendore letterario. Scrisse saggi e romanzi, riflessioni sulla letteratura e sul cristianesimo.

Ma cosa ha da offrire un autore come Unamuno al lettore di oggi?

Qualche volta mi è capitato, discutendo con amici e lettori, di sentire, associata a scrittori del passato, la parola “datato”.

Questa definizione è vera soprattutto per quegli scrittori e quelle opere, se pensiamo a Verga, ad esempio, se pensiamo a Bubu de Montparnasse, che intesero, sopra ogni cosa, fornirci un ritratto fedele della realtà che stavano vivendo. Anche Pasolini e Pavese possono apparire “datati”, e lo sono, se il parametro di giudizio è il racconto del nostro tempo.

Il punto è che certi romanzi devono essere aperti con il coltello, bisogna lacerarli, aprirli del tutto, per cercare quello che proprio non è evidente, o lo è meno, perché se in un racconto come La zia Tula, recentemente riportato in libreria da Cencellada, nella traduzione di Sara Papini, il lettore di oggi si aspettasse di trovare il proprio mondo non lo troverebbe. Il mondo in cui Tula si muove, e sua sorella Rosa e il cognato Ramiro, è un mondo in cui la donna e l’uomo vivono condizioni di enorme disparità e quando Tula parla, è difficile essere d’accordo con lei e ciò che intende come giusto a noi può sembrare del tutto deprecabile però, in questo personaggio così radicale, noi possiamo trovare qualcosa di estremamente affascinante che va al di là del tempo di appartenenza. Oggi si direbbe di lei che è un personaggio “divisivo”, perché Tula non conosce nessuna forma di deroga alla dottrina, nessuna apertura. Tula è capace di rimanere fedele a ciò che ritiene sia giusto fino a disumanizzarsi perché sono le contraddizioni, le storture, i tentennamenti a renderci umani, ma queste cose Tula non se le concede e diventa odiosa nell’esercizio di una granitica coerenza. Tula è altezzosa come Giovanna D’Arco, è cocciuta come Antigone, e sono questi, però, i tratti del suo carattere che la rendono eterna.

La storia vede due sorelle, Tula e Rosa, innamorate dello stesso uomo. Ramiro sceglierà Rosa e, con lei, avrà tre figli. Cagionevole di salute, Rosa muore di parto, lasciando i suoi figli a Tula che promette di crescerli come figli propri. Innamorata di Ramiro, Tula non oserà mai prendere il posto della sorella, nonostante l’uomo la corteggi incessantemente. Tula è di granito, è intelligente, imperturbabile e non si lascia lusingare. Ramiro avrà poi altri due figli con una serva che non ama e anche questi, Tula, li crescerà come suoi. Non diverrà mai sposa.

Unamuno è rapido nel racconto degli eventi e pretestuosi sembrano gli anni che passano, i personaggi che incrociano il loro cammino con Tula, perché allo scrittore interessa raccontare le ansie e gli affanni di questo personaggio, come affronta le prove più delle prove stesse. È un romanzo psicologico, più che realista, e questo è il carburante che alimenta riflessioni, ancora, dopo così tanto tempo.

Pierangelo Consoli

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Miguel de Unamuno, La zia Tula, Cencellada 2024, Pp.166, Euro 19.

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