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Mika Biermann anteprima. Tre donne nella vita di Vincent van Gogh

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Un esordio ad effetto: “Van Gogh gorgheggia. Agita le braccia paffute, scoppia in risate sdentate, si sbava sul mento. Gli occhi, due biglie blu, roteano; lo sguardo vaga sul soffitto. Nghè, nghè. Gli restano trentasette anni da vivere e ottocentosettantuno quadri da dipingere. Un quadro ogni quindici giorni. Un gioco da ragazzi”.

Esperienza bucolica: “È un quadro curioso: un ragazzo vestito è sdraiato sull’erba, ha la testa fasciata da uno straccio blu che si impregna lentamente di sangue. Sopra la benda, ondeggia un ciuffo di riccioli rossi. Il mento è sfuggente; l’ombra sugli occhi gli dà un’aria cocciuta. Una ragazza è seduta sui talloni, nuda, bionda e spettinata”.

Un’idea dell’arte: «Rubens, ecco un pittore fiammingo che è andato in Italia! Ha vissuto a Roma otto anni. È tornato soltanto perché la madre era malata. Ma anche nel suo Paese ha continuato a firmarsi “Pietro Paolo Rubens”, talmente gli era piaciuto. Sono andato al Louvre per vedere i suoi quadri. Mi hanno proibito di entrare. Sembravo un barbone, a quanto pare. E allora? I barboni non hanno il diritto di vedere i quadri? Le chiese, almeno, sono aperte a tutti… i nostri musei sono peggio delle prigioni. Sono anticamere della morte. Il giorno in cui uno dei miei quadri finirà in un museo, mi impiccherò! L’arte deve essere del popolo. I miei quadri li appenderò nei dispensari, nelle mense, negli ospedali, nei bordelli. Nelle stazioni! Nei bagni pubblici! Senza chiedere nulla in cambio. Per puro piacere”.

Dal 12 luglio è in libreria Tre donne nella vita di Vincent van Gogh di Mika Biermann (L’orma editore 2024 pp. 96, € 13 con traduzione di Chiara Licata).

Mika Biermann (1959) è uno scrittore francese di origine tedesca. Dopo aver studiato l’arte, la pittura e la fotografia si è infine dedicato alla scrittura. Attualmente collabora con il Museo di Belle Arti di Marsiglia. Tre donne nella vita di Vincent van Gogh fa parte di una trilogia che comprende anche Tre notti nella vita di Berthe Morisot e Tre giorni nella vita di Paul Cézanne, di prossima pubblicazione per L’orma editore.

Vincent ha solo dieci anni quando, osservando di nascosto la giovane Saskia, una guardiana di oche che si sta bagnando nel fiume, scopre il fascino delle forme e dei colori. Cresciuto, lo ritroviamo avvolto nel fumo della sua pipa e con un bicchiere di assenzio in mano, al bancone del rinomato Café du Tambourin, gestito da Agostina Segatori, modella per i più illustri artisti parigini della fine dell’Ottocento. Infine, siamo testimoni delle sue ultime ore di vita: con una pallottola nello stomaco, muore sotto lo sguardo attento di Gabrielle, una contadina dal carattere ruvido ma piena di compassione, che lo soccorre su una collina.

Tra romanzo d’artista e biografia immaginaria, Mika Biermann racconta con immagini vivide e pennellate rapide e precise, l’infanzia, la maturità e la morte di Vincent van Gogh attraverso tre prospettive femminili straordinarie. Donne che hanno incrociato il suo cammino, diventando testimoni e protagoniste delle vicende del geniale pittore.

Un romanzo che è anche un viaggio nella storia e nella quotidianità di uno dei più grandi pittori di sempre.

Carlo Tortarolo

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Per lungo tempo non c’era stato nient’altro che campi, nient’altro che cavoli e tuberi, nient’altro che il Medioevo. Quel che gli abitanti del villaggio vedevano di Parigi era un carro di merda di tanto in tanto. La capitale esportava in campagna lo sterco raccolto a tonellate sui boulevard. I bifolchi non ci andavano mai a Parigi. I cinquanta chilometri che separavano la chiesa del villaggio da Notre-Dame avrebbero potuto essere cinquecento o cinquemila, i cavoli e i tuberi crescevano allo stesso modo e nell’indifferenza generale.

Tutto cambiò: come nel Far West, arrivarono gli operai, con mazze in mano e lunghe travi di ferro in spalla. Tracciarono, appianarono, scavarono, fabbricarono i binari della linea Parigi-Valenciennes. Alcuni muratori costruirono una stazione. Un sasso nello stagno. Nelle capanne ci si lamentava, si brontolava intorno al fuoco. Il signor sindaco si sentiva fremere i baffi. Un giorno, al suono di una fanfara, sotto bandiere tricolore, accompagnata da una folla di curiosi, in una gioiosa nuvola di fumo, una locomotiva si fermò: Auvers-sur-Oise, scendono tutti. L’anno dopo, il primo parigino costruì una casa di villeggiatura sul lungo fiume. Due mondi si incontravano. Nei campi i buoi tiravano aratri di ferro battuto; sul fiume sfilavano canoe belle come violini. Per la Gare du Nord bastava un’ora di treno. Quando a Montmartre l’atmosfera si scaldava troppo i malviventi della collina si ritiravano in campagna. Un artista ormeggiò la sua barca-atelier al pontile, i suoi amici sciamarono nei campi, con la cassetta dei colori sulle spalle e il cavalletto di campagna sottobraccio. Da dieci anni il negozio di Lefranc Bourgeois vendeva i colori in tubetti di stagno richiudibili.

Durante la guerra, i parigini fuggirono in massa verso la campagna. Il genio francese aveva fatto saltare i ponti sull’Oise. Le truppe tedesche si erano accampate in pianura, ed esigevano foraggio e farina. I contadini opponevano all’occupante una testarda ottusità. Gli elmi chiodati se ne andarono, nessuno pianse.

Il ponte di Auvers-sur-Oise, ricostruito malamente dopo la guerra, crollò. Un gregge di capre annegò, la guardiana perse una gamba, un canottiere ebbe il più grande spavento della sua vita. Il nuovo ponte era d’acciaio. Il villaggio si dotò di una fontana, sormontata da una giovinetta nuda che versava l’acqua da una brocca, davanti al municipio. Vincent van Gogh scese dal treno nel maggio 1890, nello stesso momento di James Bennett, un americano che portava con sé la fotocamera a cassetta Kodak n. 1, la prima macchina fotografica per tutti, anche per gli idioti. You press the button, we do the rest.

L’alba, in estate, arriva presto, quando il mondo ancora dorme. All’inizio, è il cielo a essere trafitto; la notte si sgonfia. Un’unghia gratta il vetro. È un suono, un mulino che si mette a cigolare, la pelle d’oca. Sotto le foglie degli acanti, gli scarabei smettono di bisbigliare e si seppelliscono nell’humus. Il cielo sceglie un colore: rosa. Poi cambia idea: azzurro. Così va meglio. Sarà azzurro. Le galline aprono gli occhi. Sotto l’orizzonte gli dei sono impegnati in una battaglia di cuscini, lasciano scappare il mostro, il sole guarda dal buco della serratura. Subito le cime degli alberi si adornano di un cappello di luce; il mondo va così… Il gallo si riaddormenta, ha fatto il suo lavoro. La rugiada si intromette e brilla, l’Oise si stiracchia da una sponda all’altra, beve un sorso di giorno, fa saltare un pesciolino per far dei cerchi nell’acqua. Le rive si aprono come ventagli. Le tegole del campanile si asciugano. Una persiana si apre, una tenda si muove, un seno risplende, una sigaretta fuma. Le ruote di un carretto svegliano il selciato ancora all’ombra. Un cavallo nitrisce: la quadriga di Fetonte? No, il ronzino del fornaio. Vincent apre gli occhi. Il lucernario della soffitta fa da cornice a un pezzo di cielo. La giornata sarà lunga.

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Tre donne nella vita di Vincent van Gogh, Mika Biermann pp.61-63 – traduzione di Chiara Licata, copyright L’orma editore 2024

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