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Mircea Cărtărescu. Solenoide

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Mi sono chiesto tante volte se la fiction abbia ancora un senso oppure, come fanno in tanti – Knausgård, Emmanuel Carrère, si debba guardare alla propria sfera privata – più o meno interessante che sia – sminuzzarla, regalarla, confezionarla, social-izzarla e fissarla su carta come una larva essiccata.

Mi domando cosa sia “contemporaneo”.

E poi arriva Solenoide, di Mircea Cărtărescu, edito da il Saggiatore e tradotto da Bruno Mazzoni, un romanzo dalla finzione luminescente, dove i personaggi escono dalla pagina quando nessuno li vede come minuscoli ragni e si allontanano per la stanza.

Un libro complesso, vivo, molto lungo, che sembra appartenere a un’epoca sospesa, né remota né prossima, come capita a quei capolavori a cui non compaiono lentigo senilis.

Scritto in prima persona, se questo è un autoritratto, si riferisce ad un Mircea probabile, uno dei tanti appena percettibili che vivono nel riverbero delle vite possibili.

Ogni avventura umana, faceva notare Borges, ha la sua replica in un’altra esistenza, differenziate solo per alcune impercettibili variazioni.

Libro eccellente, Solenoide. Parlare di genere è inutile perché si tratta di un romanzo talmente complesso, stratificato…

La narrazione è sempre decentrata, come una città costruita e già decaduta.

Cercando di riassumerlo, questo romanzo racconta di un professore solitario che avrebbe voluto fare lo scrittore. Umiliato ai tempi dell’Università, rinuncia. Si difende in una solitudine di carta. Disperata. Le storie degli altri, le loro vite, lo accompagnano. Lui si lascia trascinare. Trova una casa a forma di nave e scopre quanto sia difficile conquistare l’inutile. Seguendo i capricci della sua coscienza, la casa si dilata, si restringe, abbatte muri. Costruita da un folle di genio, si erge su un enorme solenoide grazie al quale, il protagonista, fluttua.

Si innamora di Irina, la professoressa di fisica dagli occhi celesti e la passione per la teosofia. Insieme si muovono dentro una Bucarest che, come la Santa Maria di Onetti, esiste solo nella mente di Cărtărescu.

Lo scrittore crea un universo kafkiano in cui il sogno, il passato, il delirio, si mischiano e trovano coerenza dentro le pagine.

Nulla sembrerà assurdo al lettore che si abituerà a queste pagine livide come i cieli di Utrillo.

Paragonato ad alcuni classici del post-modernismo, Cărtărescu non sente il bisogno di ricorrere a nomi stupidi, né a note lunghe pagine intere e a divagazioni, di carattere alquanto tecnico quanto snervanti.

La prosa di questo romanzo è semplice, diretta. Poi si può discutere sulla necessità di alcuni capitoli relativi al passato del personaggio, che sembrano rallentare il flusso narrativo.

All’interno di una trattazione già così ampia, di alcuni episodi si potrebbe anche fare a meno, così come le tante ripetizioni.

Cărtărescu ama ribadire i concetti, chiarire il suo pensiero una figura retorica dopo l’altra, con un gusto barocco, quasi, gongoriano per la similitudine.

La divagazione diventa quasi una narrazione parallela, come capita sovente anche in Borges, le storie si incastrano come un poliedro di cristallo dove ogni faccia ne riflette un’altra, creando un labirinto cangiante dentro il suo stesso cuore.

Chi vi si approccia, deve sapere che questo è un libro non assistito da melodia, come le canzoni di Piero Ciampi, di Tenco – tante volte – dei Gustav.

Non cerca di compiacere. Non essendo concepito per scalare classifiche chiede molto: concentrazione, predisposizione, pazienza persino. Però, trascinato dall’elegante traduzione di Mazzoni, mi sono ritrovato a leggere molti passaggi ad alta voce. È stato naturale, la bellezza delle pagine eleva, solleva. Non mi capitava dai tempi de Il ritorno dell’Huligano di Manea, de L’amante di Yehoshua.

Questo libro giudica chi lo legge, lo sfida. Lo si consegna alla posterità. È un classico, forse, anche mentre lo vedi. Senza tradirsi, senza sembrare ridicoli, lo si ascolta, lo si guarda e si tace come davanti a una cascata.

Pierangelo Consoli

Recensione al libro Solenoide di Mircea Cărtărescu, trad. Bruno Mazzoni, il Saggiatore 2021, pagg. 937, € 29,00

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