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Mircea Eliade. Racconti fantastici

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Castelvecchi manda per la prima volta in libreria, con l’introduzione di Sorin Alexandrescu, i Racconti fantastici di Mircea Eliade, il grande storico delle religioni, antropologo e filosofo rumeno. In questi due romanzi brevi e dieci racconti inediti, quindi, balenano con sorprendente potenza riferimenti a miti e misteri e pratiche religiose, in un continuo slittamento tra la dimensione reale e quella irreale. Tra le vicende di personaggi che si muovo sempre su una soglia, in una dimensione liminale – quella spazio-temporale, ma anche della febbre, del sogno, dell’amnesia, della trance – si stagliano la passione per una nobildonna vampiro, gli eventi inspiegabili legati alla pratica dello yoga e del tantra, gli effetti inattesi di un rito legato ai serpenti. In ogni racconto, Eliade sembra voler perseguire un unico obiettivo finale: raccontare e, quindi, dare voce alle discontinuità del reale, a quei segnali che ci ricordano che la realtà non è altro che un velo che ci imedisce di portare lo sguardo su altre dimensioni. 

Paolo Melissi

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Le dodici narrazioni di Mircea Eliade qui raccolte – due brevi romanzi e dieci racconti –, ordinate cronologicamente in base all’anno della loro composizione, vengono per la prima volta pubblicate insieme in Italia. Sei racconti, tutti del periodo postbellico, sono inediti in italiano (Dodicimila capi di bestiame, La figlia del capitano, Il litomante, Una fotografia di quattordici anni, Il ponte e Addio!…). Le restanti opere, alcune delle quali fuori commercio da anni, sono state pubblicate da varie case editrici; eccetto il racconto Il segreto del dottor Honigberger, che viene qui ripreso con lievi modifiche, le opere incluse nel volume sono state tradotte ex novo, appositamente per la presente edizione Castelvecchi. Ai fini del lavoro di traduzione dei testi originali romeni, ci siamo avvalsi della recente e ben curata pubblicazione in più volumi della prosa fantastica eliadiana, apparsa presso la casa editrice Cartex 2000 di Bucarest. Al contempo abbiamo consultato le più importanti edizioni precedenti, da quelle degli anni ’60 fino a quelle degli ultimi vent’anni, e all’occorrenza – per fugare taluni dubbi relativi perlopiù a lezioni incerte – le traduzioni esistenti in francese e in inglese4 , nonché le vecchie edizioni italiane. Le poche note esplicative ai testi di Eliade, concernenti alcuni termini specifici, luoghi o autori, sono dei curatori e pertanto non contrassegnate. Salvo diverse indicazioni, le traduzioni di brani di testo in lingue straniere sono nostre. I termini sanscriti e i titoli di testi indiani antichi, citati in alcuni racconti, sono stati trascritti secondo l’alfabeto internazionale (Iast); i restanti nomi propri e comuni, indiani e non, sono stati traslitterati secondo le norme editoriali Castelvecchi e le convenzioni più diffuse.

(dalla nota dei Curatori)

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Si arrestò davanti a una finestra, a guardare il fuoco. Le fiamme minacciavano di estendersi anche al tetto delle vecchie case.

Gli uomini venivano incessantemente a raccolta. “Sono cominciati ad arrivare dai villaggi vicini” pensò Egor. Era ancora sconvolto. Si udivano colpi di scure provenire dalla camera di Christina. Nel corridoio, gli uomini si accalcavano; penetrava ovunque il loro respiro affannato, l’odore delle loro camicie, il palpitare sconvolto del sangue. “Speriamo solo che non cominci il saccheggio…”.

Egor rabbrividì al pensiero.

Fece fatica a raggiungere la camera di Sanda. La ragazza giaceva ancora priva di coscienza, il viso pallido e gli occhi chiusi. C’erano molte donne intorno al letto. Scorse il dottore in un angolo, concentrato, che stringeva la canna del fucile con entrambe le mani. Vicino al cuscino di Sanda una vecchia recitava degli scongiuri.

E vidi un frullo rosso,

il sangue suo volea sorbire,

e i giorni suoi ghermire.

Ma i giorni suoi non ghermirai,

né il sangue suo tu sorbirai,

ché io con l’ago scongiurerò,

con la scopa spazzerò,

nella canna lo infilerò,

e nel Danubio lo getterò

e Sanda d’ora in qua

tutta monda resterà!…

Sembrava che Sanda si fosse sentita chiamare dal profondo del sonno, perché si rigirò nel letto, dimenandosi. La vecchia le prese la mano e gliela premette sulla lama fredda di un coltello. La ragazza iniziò a gemere. Egor si prese le tempie tra le mani e chiuse gli occhi. Da dove venivano quei rumori sordi e indistinti, di crollo in lontananza? Sembrava che le fondamenta della casa gemessero, come se le grandi ali di legno stridessero, spezzate. Un rumore torbido, sonnolento, come un lamento ininterrotto, riempiva il cielo. Nella stanza l’atmosfera era sempre più opprimente. Il sonno di Sanda era così prossimo alla morte che Egor corse dal dottore e lo scosse, impaurito.

«Perché non si sveglia?!» domandò.

Il dottore lo guardò a lungo, stupito, con aria di rimprovero. Sembrava stentasse a credere come Egor non capisse una cosa così semplice e così grave.

«Il vampiro non è ancora morto» mormorò in tono solenne.

In quello stesso istante il signor Nazarie si avvicinò a Egor.

«Venga fuori, gli uomini hanno perso la testa… Vogliono distruggere tutto!».

In effetti, dal corridoio si udivano più vividi i colpi e lo schianto. Di tanto in tanto, un vetro rotto lanciava il suo grido acuto tra rumori sordi, pesanti, soffocati.

«Deve dir loro qualcosa!» disse di nuovo Nazarie «hanno già vandalizzato alcune stanze!… Domattina dovrà renderne conto!…».

Egor si prese di nuovo le tempie tra le mani e chiuse gli occhi. I pensieri gli si cominciavano a confondere, la volontà a venir meno.

«Meglio così» disse dopo un po’ «meglio che distruggano tutto!…».

Nazarie lo scosse, spaventato a sua volta dalla debolezza di Egor.

«È pazzo!» urlò «non si rende conto di quel che fa! C’è la dote di Sanda qui!…».

Egor parve ritornare in sé. Accigliato, a pugni serrati, si avventò sugli uomini.

«State indietro!» cominciò a gridare. «Indietro, ché arrivano i gendarmi…».

Si fece strada a fatica fino alla camera da letto di Christina. Tutto era ormai irriconoscibile. Dappertutto le finestre erano state infrante, la parete perforata, il mobilio sfasciato.

«Indietro! Indietro!» urlava Egor disperatamente. «Sono arrivati i gendarmi! È arrivato il reggimento!…».

La devastazione stava lentamente scemando, per stanchezza. Nessuno aveva prestato ascolto al comando di Egor. Ma si era sparsa comunque la voce che la signorina Sanda stava morendo e gli uomini cominciarono a ritirarsi, intimiditi. Nella corte gremita, scendevano a gruppi, impolverati di calce, sporchi di fuliggine, coi capelli sugli occhi. Quelli all’esterno erano rimasti in silenzio, impressionati.

«Venga con me!» disse Egor al signor Nazarie.

Sembrava di nuovo nervoso, impaziente; la sua voce era roca.

«Perché non finisce più questa notte?!» esclamò alzando la fronte verso il cielo. Non so nemmeno più da quanto tempo non vedo la luce del giorno…».

In lontananza, ancora invisibile, si avvicinava l’alba. L’aria era fredda, limpida, pietrificata. Le stelle erano sparite sotto la luce battente delle fiamme. Egor aveva preso da un contadino una lampada a gas e la portava con cautela, per evitare che si spegnesse lungo la strada. Procedeva deciso, pensieroso. Vedendolo dirigersi verso la scuderia, Nazarie si spaventò.

«Cosa intende fare?» gli chiese, con voce strozzata.

Aveva paura di allontanarsi così tanto dagli uomini, dalla luce del fuoco. Aveva paura, perché la prolungata incoscienza di Sanda gli ricordava incessantemente il potere degli incantesimi.

Egor non gli rispose. Affrettava il passo verso la vecchia scuderia. Era molto buio lì e la lampada diffondeva intorno una luce tremolante, timida. In lontananza, si vedeva l’incendio alto sulle case padronali. Quando Egor aprì la porta della scuderia e fece il primo passo all’interno, Nazarie cominciò a capire. Lo pervase, più fredda, la paura. Non osò alzare gli occhi. Egor procedeva senza esitazione verso il fondo della scuderia. La carrozza della signorina Christina era al suo posto, immobile.

da La signorina Christina

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Traduzione dal romeno di Horia Corneliu Cicortaș e Igor Tavilla

Estratto da “Racconti fantastici. Vol. I” di Mircea Eliade, a cura di Horia Corneliu Cicortaș e Igor Tavilla, Castelvecchi editore.

© 2023 Lit edizioni s.a.s. per gentile concessione

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