Tra i miei rituali del sabato mattina (sveglia all’alba e andare di corsa in giro per la mia bella Milano, se ho fatto la brava. Advil, Bloody-Mary e uova, se ho fatto la cattiva) c’è andare in edicola per la mia “rassegnazione stampa”, tra cui immancabile l’appuntamento con Ddonna di Repubblica, rivista femminile ma non solo, diretta dalla brava Valeria Palermi.
In un mondo che va sempre più di fretta e ormai considera anche la mera lettura di una rivista una perdita di tempo, vi posso garantire che gli articoli dell’inserto di Repubblica sono invece sempre degni di essere letti per fermarsi a riflettere.
Ad esempio in un numero, la redazione ha dedicato ampio spazio a un articolo uscito sul New York Times lo scorso maggio, scritto dalla giornalista Susan Dominus e intitolato Is an Open Marriage a Happier Marriage?
Il tema è di grande attualità e verte sul matrimonio aperto, sul poliamore, sulla “fedeltà permissiva”, sulla “non-monogamia consensuale” o “nuova monogamia”.
Quest’ultimo, titolo del libro di Tammy Nelson, sessuologa e terapeuta che afferma: “La nuova monogamia è il riconoscimento del fatto che, per un crescente numero di coppie, l’attaccamento coniugale necessita di un’interpretazione fluida.”
Perché talvolta il terzo incomodo risulta invece comodo. Si tratta di un argomento che già trattai nella mia rubrica La Mia Vita Orizzontale su Playboy Italia e che cita uno dei libri sui quali ho fatto ricerca, pubblicato già nel 1997: La Zoccola Etica. Guida al poliamore, alle relazioni aperte e altre avventure.
L’articolo cita anche una delle fonti d’ispirazione del mio BlogJob, il giornalista/blogger Dan Savage, che teneva una spassosa e informata posta del cuore, e non solo, dal titolo Savage Love, oggi ripresa e tradotta su Internazionale, sulle pagine cartacee di The Village Voice, la leggendaria rivista della contro-cultura newyorchese, di cui lo scrittore e intellettuale Norman Mailer fu uno dei fondatori e sua colonna portante (porto una funesta notizia da New York: il mitico VV ha chiuso la pubblicazione cartacea e prosegue solo online).
Negli anni Novanta, il VV divenne la mia bibbia pagana quando trascorsi un anno a New York vivendo con il mio boyfriend Sikh nell’Upper West Side. Lui era molto preso dal lavoro mentre io invece cazzeggiavo, how bizarre of me, tra New York University, balere di infimo ordine e ritrovi bohémien del Village.
Ai tempi, non esistevano Craigslist e l’onnipresenza della rete, quindi ancora ci si affidava alle pubblicazioni e alle riviste radicali per leggere qualcosa di piccante. Nella fattispecie, ogni mercoledì ritiravo la mia copia ‘a gratis’ della leggendaria free-press, dove Dan Savage teneva la posta del cuore, o meglio dei genitali, chiamata appunto Savage Love. Orde di adulti, ragazzini, donne, uomini, gay, trans si rivolgevano a lui con le più disparate e imbarazzanti questioni sessuali. Il modo in cui Dan rispondeva e affrontava qualsiasi dilemma sessuale era rigenerante. Serio ma spiritoso, leggero ma attento, per tutti aveva una risposta. Giocando molto sugli acronimi e sui giochi di parole, leggendolo ho imparato parecchio slang. Mi sono fatta grasse risate e ho capito quanto parlare/scrivere di sesso sia necessario per una sana e serena vita sessuale. Oggi Dan è un autore famoso, scrive sul web, tiene podcast ed è diventato una celebrità. Le ultime pagine del Village Voice erano dedicate ai Personal Ads, ossia gli annunci personali. Gli annunci erano divisi in: Woman Seeking Woman), Men Seeking Men, Woman Seeking Man, Man Seeking Woman, Couple Seeking Man … Fino all’ultima pagina, ovviamente la mia preferita, chiamata ANYTHING GOES ossia LA QUALUNQUE.
Ogni settimana arraffavo la mia copia e mi fiondavo sull’ultima pagina per leggere richieste esilaranti, conturbanti e inquietanti. Da ‘cercasi underwear usato’ a ‘mi accompagneresti in Venezuela per ingelosire la mia ex? Pago tutto io’. Il bello del mondo è la sua varietà. E la sessualità umana è quanto di più vario e svalvolato ci sia al mondo.
Bene il saggio e spiritoso Dan, gay, sposato e padre, si definisce la monogamia ridicola e si autoproclama monogamish (“piuttosto monogamo”), io monogamai definizione che mi farò tatuare sulle natiche.
Io, infatti, ammetto a testa alta (quando non l’abbasso su qualcuno/a, sia chiaro) di non credere nella monogamia e di non ritenerla pertanto un valore nel rapporto di coppia. Preferisco di gran lunga la sincerità e l’onestà che però richiedono guts (ossia palle, non nel senso di bugie ma di coraggio) e consapevolezza della e nella coppia. L’eticità, infatti, della summenzionata zoccola sta nel fatto che in un rapporto a due è la coppia stessa a darsi delle regole e a rispettarle. Anticipo subito i soliti benpensanti, che poi sono quelli che vanno a zoccole non etiche sulle statali e la domenica tutti a messa con il vestito buono: chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Quindi, a meno che non si voglia finire a sassate in stile Intifada, statevene muti e leggete.
La suprema ipocrisia di un’Itaglietta provinciale e clericale, comandata a bacchetta da un Vatic-ano che dovrebbe rispettare la laicità del paese, invece d’imporre una sua morale, che i suoi stessi affiliati spesso non rispettano e anzi lordano con azioni ripugnati e, sarà un caso?, deviate a livello sessuale. Spotlight, anyone?
L’articolo cita un altro libro che ho letto e studiato, In Principio era il Sesso (Sex At Dawn) di Chris Ryan e Cacilda Jethà, pubblicato nel 2011, nel quale s’indaga la sessualità a partire appunto dagli albori della razza umana, analizzando i comportamenti degli animali.
In pratica la promiscuità sessuale era la norma e veniva praticata ferventemente, al pari delle cosiddette scimmie hippie, ossia le scimmie bonobo, alle quali ho dedicato un esilarante articolo in risposta ai soliti triti e ritriti insulti animaleschi che mi rivolgono i banali, ahimè, non anali, haterS.
Nel mio ascoltare ed essere consultata da variegate amiche, conoscenti e follower del mio blog, ho percepito spesso da parte delle donne lamentele verso il calo del desiderio dei propri partner fissi, ossia marito o fidanzato di lungo corso.
Nel libro Che cosa vogliono le donne (2014), l’autore, Daniel Bergner indaga il quasi totale calo del desiderio nei rapporti monogami e duraturi.
Le mie confidenti, se potessero (e la realtà è che potrebbero), farebbero sesso casuale, senza vincoli emotivi. Ma sono bloccate e terrorizzate dalle conseguenze e dall’impatto che queste scappatelle, che io definisco jolly sexcapades (allegre scopatelle) potrebbero avere sul loro rapporto di coppia. Scindere sesso e amore, accogliere un’estemporanea scopata al pari di una bella scorpacciata clandestina di cioccolatini, darla per poi riprendersela (“Nà lavàda, nà sùgàda, la par n’anca duperàda”, saggio detto milanese) implica una consapevolezza emotiva e sessuale del proprio sé che può essere raggiunta ma che richiede un lungo e attento lavoro su se stesse.
Io lo intrapresi anni fa e oggi posso affermare di vivere l’amore e la sessualità con profonda serenità e spensieratezza, concedendomi ogni sfizio e guizzo uterino che mi coglie. Senza alcun senso di colpa, che io storpio in sesso di colpa. La miglior definizione che mi sia mai stata data, non a caso da un amico dottore gay di New York fu: “Roby, you are a gay man in a woman’s body”. Ossia sono un uomo gay “intrappolato” in un corpo di donna. E nella mia natura doppia – bilingue, bisessuale, “bicostale” (Milano/New York), bipolare (anche tripolare) – io ci sguazzo a meraviglia. E la meraviglia la trasmetto all’esterno, supportando e incitando amiche e amici a vivere con maggior leggiadria e consapevolezza la propria sessualità, impedendo a norme codificate di imporre loro limitazioni che non sentono. L’articolo, infatti, del NYT afferma che “alcune persone sono più inclini alla monogamia o al poliamore di altre, stando a uno studio anche per una predisposizione genetica.” Perfetto, io sono bonoba nel DNA!
Tempo di mettere in pratica la teoria perché come dice il detto “la pratica rende perfetti”.
Roberta Denti