Nadia Fusini in Nomi. Undici scritture al femminile, 1986, scrive:
La vita si basa su un principio di distruzione: il vivo è semplicemente il superstite, colui che abita nel mondo, e lì conduce la sua vita di stenti, e lì investe, anche se per breve tempo, le proprie attese. Così fa Charlotte, del resto: è lei a lasciare la casa paterna; lei che viaggia fino a Bruxelles (prima con Emily, ma Emily non regge), e poi vi torna; lei che va a Londra, lei che spedisce i romanzi delle tre sorelle.
In questo senso Charlotte è “politica”, come Emily è “religiosa”, Emily non si appaesa nel mondo, il mondo non la interessa. Anzi, lei riporta nel mondo presenze extraterrene, fantasmi, demoni. Charlotte invece si accasa, ha cura del modo in cui le sue eroine abitano nel mondo.
È a partire da questa cura che si pone per lei il problema dei poveri, e dei ricchi; dei padroni e degli operai. Charlotte consente alla logica della sopravvivenza: che è la gestione politica della vita, e dunque gioco di potere. Emily conosce un solo potere: quello temibile della Morte.
[Il ritratto di Charlotte, Anne e Emily realizzato dallo sfortunato fratello Branwell, dove c’è la cancellatura forse c’era il suo autoritratto, e in verità ancora più potente a dire: sono qui (fra le tre geniali sorelle, ma come una cancellatura].